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«Black block», le violenze della polizia al G8 di Genova

ROMA - Si chiama Black Block e il titolo è volutamente provocatorio. «Testimonianze, filmati e ricostruzioni di quello che è accaduto 10 anni fa al G8 di Genova con la scelta precisa di dare voce solo ai manifestanti, al racconto delle parti offese. Racconti che sono stati fatti anche durante i processi, ma i media non l'hanno ripresi», spiega Carlo A. Bachshmidt, regista del documentario presentato oggi in Controcampo italiano e rappresentante del Genova Legal Forum.

Il documentario «non ha volutamente contraddittorio - aggiunge il produttore Domenico Procacci -: ogni tanto questi spazi vanno lasciati, specie se è un film». L'intenso, anche scioccante, documentario sulle violenze durante il G8 di Genova 2001 con il blitz notturno alla scuola Diaz e le torture alla caserma di Bolzaneto, «è nato da un progetto collettivo di chi ha vissuto quei giorni e non ha mai perso il contatto», ha proseguito Bachshmidt. Da lì l'osmosi con il progetto cinematografico della Fandango, il film sulla Diaz che Daniele Vicari ultimerà proprio domani.

«Gli sceneggiatori del film hanno visto il materiale documentario che avrebbero poi dovuto trasformare narrativamente», prosegue il produttore. Procacci, però, ammette: «Sto vedendo i giornalieri del film, niente ha la stessa drammaticità delle immagini reali». Il film uscirà in un'unica sala, il Politecnico a Roma, venerdì, ma il 15 settembre da Fandango Libri uscirà in libreria un cofanetto con libro e dvd. «Ci chiedono il documentario da Parigi e Berlino - dice l'autore -: questa storia c'è chi in Europa non l'ha voluta dimenticare». Certamente non i testimoni principali, sette, tutti stranieri, che Bachshmidt ha fatto protagonisti di Black Block, due dei quali presenti a Venezia, Mina Zapatero e Lena Zuhlke.

«Per 10 anni il termine "Black block" è stato sempre associato alla violenza dei manifestanti ed è per questo che spesso viene ricordato il G8 del 2001. Ho chiamato così il documentario provocatoriamente, perché volevo raccontare un'altra violenza, molto più grave, non contro le cose ma contro le persone. Una violenza, quella della notte alla Diaz, fortissima, improvvisa. Questo film raccoglie il ricordo di chi ha vissuto quell'orrore, anche quello di Bolzaneto, che in seguito ha fatto i conti con la difficoltà di affrontarlo, che ancora oggi non è stato superato del tutto», dice ancora Bachschmidt.

Architetto che nel 2001 partecipò all'organizzazione del Genoa Social Forum, occupandosi poi dell'archiviazione e analisi del materiale video-fotografico relativo a quei giorni per il Genoa Legal Forum, Bachschmidt spiega che il documentario nasce come «progetto collettivo, voluto dopo la sentenza del 2008 per rendere pubblico tutto ciò che era emerso durante il processo, dando voce alle persone che erano state protagonisti di questi eventi. Abbiamo scelto quelle più affini al mio punto di vista, casualmente tutti stranieri».


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