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Black Block, a Venezia l'orrore del G8 di Genova

In concorso per la sezione Controcampo italiano - documentari, il film Black block, "nato come parte di un lavoro di ripresa del film Diaz di Vicari" secondo le parole del produttore Domenico Procacci, ha strappato ben dieci minuti di applausi e una standing ovation dell'intera Sala Grande ieri alla Mostra di Venezia. Documentario di denuncia della strage perpetuata alla scuola Diaz a Genova durante i drammatici scontri del G8, il film ha fatto luce su quella inaudita e gratuita violenza di cui i manifestanti, intervenuti da tutte le parti d'Europa, sono stati vittima.

La scelta di un titolo di così forte e di immediato impatto è già di per sé un preludio a ciò che il documentario vuole trasmettere: "E' un termine che ha rappresentato la violenza dei manifestanti. L'ho scelto perché volevo raccontare la violenza contro le persone", ha spiegato in conferenza stampa il regista Carlo Augusto Bachschmidt.
"Siamo stati molto sugli atti del processo e abbiamo chiesto al regista di lavorarci e trasformare parte del lavoro in un documentario, quasi a completamento del film. Niente ha la stessa drammaticità delle immagini reali", ha raccontato Procacci. Immagini che le televisioni non hanno trasmesso e che solo ora vengono rese pubbliche, ma non del tutto: "il film esce solo al Politecnico a Roma, non pensavamo a un'uscita per le sale. Per ora dal 15 settembre si troverà solo in libreria, poi vedremo se sarà possibile portarlo in altre città. Sicuramente è ancora presto per parlare di un passaggio televisivo", ha però precisato il produttore della Fandango, mentre il regista si sbilanciava: "A Berlino e a Parigi lo attendono".

Sulle colpe e le responsabilità dell'episodio: "E' stata una scelta precisa quella di raccontare i fatti dal punto di vista dei manifestanti, perché hanno riportato una storia che i media non hanno veicolato", ha confessa Bachschmidt. "I processi del G8 sono stati blindati e non è stato possibile riprenderli. Era quindi doveroso riportare la verità", dopotutto "Non c'è l'obbligo di dar voce a tutte le parti", ha aggiunto Procacci.

Intervenuta alla conferenza Mina Zapatero, una delle vittime: "Si dimenticano certe cose, anche in Germania e Spagna non se n'è più parlato. D'altronde è così che funzionano i media". A sostenere le sue parole quelle del regista: "Conoscendo queste persone, abbiamo condiviso la loro volontà di continuare a raggiungere i propri obiettivi. Muli, uno dei ragazzi del film, ha usato il trauma per rielaborare l'esperienza e guardare avanti". "Quando si ha la possibilità di farlo e si lavora su del materiale forte, il documentario è un arricchimento", ha concluso Procacci, menzionando ancora una volta la pellicola di Vicari le cui riprese si concluderanno nei prossimi giorni.


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