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Cpt, l'illusione di frenare le migrazioni con la repressione
Alba Sasso e Katia Zanotti (Deputate Ds)
Fonte: Aprile on-line, 30 luglio 2005
30 luglio 2005

Il Forum nazionale contro i Cpt (Centri di permanenza temporanea), voluto e organizzato da Nichi Vendola lo scorso 11 luglio, ha segnato finalmente un nuovo orizzonte. C'è grande soddisfazione in chi, per tutti questi anni, si è battuto per la loro chiusura. Sostenerne il superamento significa allora "cambiare rotta", adottare una logica diversa per impostare le politiche dell'immigrazione. E significa soprattutto porre il tema dei diritti dei migranti all'attenzione dell'agenda politica del paese.

I Cpt sono luoghi di "non diritto", di negazione delle libertà personali, sono stati , in questi anni, moltiplicatori di clandestinità e uno dei principali strumenti di attuazione delle politiche repressive nei confronti dei migranti. Altro che filtro necessario per combattere la clandestinità! Bene che vada, si fa per dire, i Cpt sono diventati agghiaccianti sale d'aspetto in attesa del "vettore" per rimpatriare i clandestini. I migranti identificati e rimpatriati sono comunque al di sotto del 50%; una parte delle persone, terminati i 60 giorni di trattenimento, rientra nel circuito della clandestinità, e un'altra parte ancora è rinchiusa nel Cpt senza averne i titoli. Inoltre, il 60% dei trattenuti proviene dal carcere dopo aver scontato la pena: la detenzione nel Cpt diventa dunque un'incomprensibile estensione del periodo di carcerazione.

Contrariamente alle finalità della legge che li ha istituiti, dentro i Cpt incontriamo richiedenti asilo, badanti che, da tanti anni in Italia, in ragione del rigido meccanismo delle quote d'ingresso, non sono mai riuscite a regolarizzarsi, lavoratori in nero presi e portati al Cpt direttamente dai cantieri: insomma, persone identificate che sognerebbero di entrare nel circuito della legalità, ma che non ce la fanno.

Evidentemente, non si tiene sufficientemente presente la tipologia dei trattenuti dentro queste strutture, quando si afferma che per cambiare i Cpt basterebbe umanizzarli. Noi pensiamo che sia invece una realtà che, assieme alla grande questione della negazione della dignità e dei diritti umani dei migranti, preme per il loro superamento.

È importante, per questo motivo, che a Bari si sia ragionato di alcune premesse e che alle parole d'ordine siano seguite proposte come quella di un tavolo permanente regioni-governo sul tema dell'immigrazione, dopo una lunga assenza di dialogo impedito da questo governo.

Pensare, come si è fatto in questi anni, di controllare il fenomeno dell'immigrazione con leggi repressive e crudeli - come la Bossi-Fini - stretta tra una logica di mercato e una logica "d'ordine e sicurezza", secondo cui si trattano le persone come merci quando servono e si respingono quando non servono più, non solo è disumano ma è stupido e inammissibile.

Questa è la sfida: aprire le frontiere, superando la rigidità delle quote di ingresso, per favorire l'incontro tra domanda di migrazione e richiesta di manodopera; modificare radicalmente il meccanismo delle espulsioni; adoperarsi per superare la paura che nasce dall'idea che ogni clandestino sia un criminale, ma al tempo stesso combattere mafie e criminalità organizzata che attraggono nelle loro maglie la disperazione di tanti; agire per una legge sul diritto d'asilo che semplifichi le procedure per riconoscere lo status di rifugiati a chi fugge da guerra e terrore. Dice Monsignor Nozza direttore della Caritas: "Non c'è sicurezza per nessuno, senza solidarietà, coesione, giustizia sociale. Non c'è quando un paese si chiude a riccio". Per questo è lungo e complesso l'elenco delle cose da fare. Alcune da subito (perché non pensare ad un Osservatorio regionale che nei prossimi mesi svolga un'azione di monitoraggio del rispetto dei diritti all'interno dei Cpt?), altre quando l'Unione sarà auspicabilmente al governo: a partire dalla doverosa abrogazione della legge Bossi Fini.

Nel forum "Mare aperto" ha vinto la voglia concreta del fare, dell'andare avanti immettendo nell'agenda politica la questione dei migranti per farne questione di democrazia e di difesa dello stato di diritto. È stato importante il patto tra Regioni, la consapevolezza che occorre cooperazione già da subito per mettere in campo risposte alternative che "tutelino diritti e promuovano sicurezza sociale". È stato importante l'avvio di una discussione tra istituzioni, partiti, associazionismo, sindacati, arcipelago del volontariato, perché riguarda le politiche future dell'immigrazione su cui anche l'Unione dovrà aprire il confronto.

Si è detto a Bari che dovranno essere politiche di grande respiro e di grande ambizione. Perché la migrazione dei popoli nasce da nuovi equilibri o squilibri geopolitici, dal violento divario tra il centro dell'economia mondiale e la sterminata periferia del mondo "esclusa dal banchetto". Perciò occorre "rovesciare il tavolo". I migranti sono risorsa per il nostro futuro e per il nostro presente: i loro diritti, le loro libertà sono condizioni di democrazia.