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Immigrazione: Vendola; "Cpt sono lager", mezza Italia con lui
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno, 28 giugno 2005
29 giugno 2005

ROMA - È scontro in Italia sui centri di permanenza temporanea. Sono ormai 11 le Regioni che hanno aderito al "Forum contro i cpt" convocato dal neogovernatore della Puglia Nichi Vendola per l'11 luglio prossimo a Bari: più della metà del Paese. "Strutture indispensabili per il controllo dell'immigrazione clandestina" secondo il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, luoghi di "negazione del diritto" per Vendola, addirittura "lager" o "covi di detenzione" a detta dei più accesi detrattori, i cpt, istituiti nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano e successivamente confermati dalla Bossi-Fini, sono strutture nate per identificare gli stranieri intercettati sul territorio italiano, privi di regolare permesso di soggiorno, in vista del rimpatrio.
I centri sono stati creati durante la precedente legislatura di centrosinistra, come ha più volte ricordato il governo, ma ora è proprio la sinistra, insieme alle associazioni umanitarie, a schierarsi tra i critici più duri di queste strutture. Medici senza frontiere non risparmiò denunce anche pesanti verso i cpt nel gennaio del 2004, mentre Amnesty International ha presentato pochi giorni fa un suo rapporto, ribadendo sostanzialmente le stesse tesi.
A complicare ulteriormente la situazione, infine, è giunta dal settembre scorso la competenza in materia da parte del Giudice di pace, che, come spiega all'Adnkronos il Segretario generale Gabriele Longo, ha inizialmente accolto questa nuova situazione come un'emergenza, ma ora, constatatane la stabilità, chiede mezzi più adeguati per gestirla.

Attualmente i Ctp sono 15, con una capienza complessiva di 1.822 posti

Attualmente i centri di permanenza temporanea e assistenza (è questo in realtà il nome completo, e così l'acronimo, come riportato nelle norme, è Cpta) in Italia sono 15, con una capacità complessiva di 1.822 posti: il più grande è a Roma, a Ponte Galeria, e può ospitare un massimo di 300 persone. Il più piccolo invece è a Napoli, con 54 posti. Gli altri sono ad Agrigento (110 posti), Bologna (95), Brindisi (180), Caltanissetta (96), Catanzaro (75), Crotone (129), Lecce (180), Milano (140), Modena (60), Ragusa (60) e Torino (78). A questi si aggiungono due centri che svolgono funzioni di "primario soccorso e sostentamento": si tratta di quello di Lampedusa che ha una capacità di 190 posti e quello di Lecce-Otranto, che può ospitare 75 persone.
Altri 4 Cpt, infine, sarebbero in fase di realizzazione. Sono a Bari (300 posti); Foggia (300); Perugia (300) e Trapani (220). Uno, a Gradisca d'Isonzo, è pronto per essere aperto, nonostante le proteste dei cittadini e di molte associazioni non governative. Il ministro dell'Interno Pisanu è tornato sull'argomento il 9 giugno scorso, assicurando che non verranno creati nuovi Cpt, ma ribadendo che questi sono "indispensabili" nella lotta all'immigrazione clandestina.

Per sfuggire alla identificazione c'è chi arriva a limarsi le impronte digitali

Nei cpt vengono trattenuti gli stranieri sottoposti a provvedimento di espulsione quando c'è bisogno di accertamenti supplementari sulla loro identità o nazionalità, o di acquisire i documenti per il rimpatrio (non possono quindi essere accompagnati direttamente alla frontiera).
È prassi infatti tra gli immigrati destinati all'espulsione la perdita dei documenti d' identità, per cercare di posticipare il più possibile il momento del rimpatrio. Ultimamente, tra i tentativi più eclatanti di nascondere la propria identità, si sono segnalati persino casi di limatura delle impronte digitali. Quando non è possibile accertare l'identità di uno straniero questi viene trattenuto nei cpt fino ad un massimo di 60 giorni (prima della legge Bossi-Fini erano 30), anche se Amnesty denuncia tempi spesso più lunghi. Si parla di "trattenimento" e non di detenzione perché la mancanza del permesso di soggiorno è un illecito amministrativo e non un reato.

A ordinare l'espulsione è il prefetto, ma in casi gravi anche il ministro dell'interno

L'iter previsto dal legislatore per l'espulsione di un clandestino è piuttosto tortuoso, e si è ulteriormente complicato con l'introduzione della competenza del giudice di pace per alcuni aspetti. A grandi linee la procedura può essere così sintetizzata: il questore comunica al prefetto il fermo dello straniero senza permesso di soggiorno. Il prefetto emette il provvedimento di espulsione, che viene notificato dal questore all'interessato, che può opporvi ricorso rivolgendosi al giudice di pace, chiamato a decidere entro 20 giorni. In casi di estrema gravità o allarme sociale l'espulsione può essere ordinata anche dal ministro dell'Interno.
Se però è impossibile identificare lo straniero, questi viene trattenuto nel cpt fin quando la Questura non risale alla sua identità, e ciò in un massimo di 60 giorni. Il trattenimento è però una limitazione alla libertà personale e quindi c'è bisogno di una convalida dell'autorità giudiziaria. Il prefetto chiede la convalida del trattenimento al giudice territorialmente competente. Il giudice, che è tenuto comunque ad ascoltare lo straniero interessato, deve confermare il provvedimento nelle 48 ore successive.