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Dopo il suicidio notte di tumulti in carcere, cibo gettato e fuochi accesi nelle celle
Enrico Ferro
Fonte: Il Mattino di Padova, 18 agosto 2013
18 agosto 2013

Ieri l'autopsia sulla salma del giovane suicida: "Assenti segni di violenza". La procura di Padova ha aperto un'inchiesta dopo quanto accaduto venerdì: guardie carcerarie sotto interrogatorio. Nessun segno di violenza da parte di terzi, né durante l'esame esterno, né dopo l'autopsia. Daoudi Abdelaziz, 21 anni, il detenuto che si è tolto la vita nella Casa Circondariale, non è stato picchiato. O almeno così dicono gli accertamenti medico-legali eseguiti fino ad ora.

Saputa la notizia ieri sera i detenuti hanno protestato sbattendo i cucchiai sulle sbarre delle finestre delle celle e rifiutando il cibo: sembra siano stati accesi anche dei fuochi. Prosegue comunque l'indagine della squadra mobile di Padova, come deciso dal pubblico ministero Federica Baccaglini che ha aperto un'inchiesta. Venerdì sera nel carcere padovano è scoppiato il finimondo, con i detenuti in rivolta dopo aver appreso la notizia dalla morte del marocchino: il più giovane detenuto suicida di questo 2013.


La rivolta


I circa 300 carcerati della Casa Circondariale, tutti in attesa di giudizio e per la maggior parte stranieri, sostenevano che il ventunenne avesse deciso di togliersi la vita perché picchiato dalle guardie carcerarie. La notizia, vera o falsa che sia, si è diffusa alla velocità della luce tra le celle. E così, alle 18, al momento di rientrare dall'ora d'aria, tutti si sono rifiutati in massa.

Una situazione esplosiva, con oltre 200 detenuti riuniti in protesta nel cortile. Polizia penitenziaria e polizia di Stato hanno circondato l'area in forze mentre i vigili del fuoco con le fotoelettriche hanno illuminato a giorno il piazzale. Verso le 22 un detenuto scelto in rappresentanza di tutti ha potuto parlare con il pm Federica Baccaglini spiegando i motivi della rivolta. Si è giunti quindi ad una mediazione. E la protesta è rientrata.


L'indagine


Venerdì sera hanno preso il via immediatamente gli accertamenti degli uomini della squadra mobile di Padova che stanno interrogando sia gli agenti della Penitenziaria che i detenuti, per scoprire cosa è successo veramente a Daoudi Abdelaziz. Bisogna chiarire se le violenze esistono o meno. La polizia vuole verificare la veridicità dell'accusa condivisa in massa dai carcerati.


Il suicidio


Secondo quanto ricostruito il ventunenne marocchino è riuscito a togliersi la vita impiccandosi con i lacci delle scarpe. A causa di una patologia già esistente doveva presentarsi almeno una volta al giorno nell'infermeria del carcere. Ed è lì che è riuscito a procurarsi i legacci, cosa che non è concepita in una struttura carceraria.

Il giovane è stato soccorso immediatamente ma le sue condizioni sono parse subito disperate. È rimasto ricoverato una notte intera nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Sant'Antonio ma nel primo pomeriggio di venerdì è morto. La procura di Padova ha aperto un'inchiesta per analizzare la vicenda da tutti i punti di vista: dalla mancata vigilanza nell'area dell'infermeria per finire con le presunte violenze delle guardie.


L'autopsia


Ieri in tarda mattinata il professor Claudio Terranova ha eseguito l'autopsia sul corpo del nordafricano ma pare che non sia stato trovato nulla che faccia pensare ad un'aggressione da parte di terze persone. Gli unici segni sul corpo del marocchino sono quelli lasciati dai lacci intorno al collo. Nessuna costola rotta, nessun ematoma su braccia e gambe e nessun segno nemmeno all'addome o alla schiena. Gli interrogatori continueranno anche nei prossimi giorni nel tentativo di raccogliere più testimonianze possibile.


Situazione esplosiva


Ciò che è successo venerdì chiama in causa la situazione disumana all'interno del carcere di Padova, con casi limite anche di 9 detenuti stipati in 24 metri quadrati. I rappresentanti sindacali della Polizia penitenziaria, tra cui Giampiero Pegoraro della Cgil, si stanno muovendo per ottenere risposte concrete dal ministero dell'Interno per mettere fine allo scempio.


Comunicato del Garante dei detenuti della Sicilia, Salvo Fleres


La tragedia verificatasi ieri al carcere di Padova, dove un detenuto marocchino, di appena 20 anni, si è tolto la vita, suscitando la reazione degli altri reclusi, che hanno inscenato una fragorosa protesta, potrebbe verificarsi, da un momento all'altro, in qualsiasi altro carcere italiano e siciliano in particolare.

Le difficoltà strutturali, il sovraffollamento, la carenza di personale e di agenti, l'insufficiente assistenza sanitaria e psicologica costituiscono una pericolosissima miscela esplosiva a cui può fare da detonatore qualsiasi episodio. Le carceri del nostro Paese rappresentano una criticità di cui lo Stato tarda a vergognarsi ed alla quale tenta di far fronte con provvedimenti inadeguati, affidati ad una altrettanto inadeguata amministrazione penitenziaria.

Le carceri sovraffollate siciliane sono tante, da Piazza Lanza a Catania, a Siracusa, a Palermo Pagliarelli etc. Alla luce di una tale situazione, piuttosto che provvedimenti atti a risolvere i problemi più volte segnalati, si preferisce pensare a come ostacolare l'attività del Garante e del suo ufficio, costringendolo a sporgere continue denunce.