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"Gli impedirono di respirare", così un tunisino è morto in caserma a Riva Ligure
Fonte: L'Unità, 7 agosto 2013
7 agosto 2013

Sarebbe morto per asfissia, in seguito a una procedura di arresto troppo violenta da parte dei carabinieri: Bohli Kayes, l'immigrato tunisino di 35 anni che ha perso la vita il 6 giugno scorso, a Riva Ligure, poco dopo la sua cattura, avvenuta al culmine di un'operazione antidroga, in circostanze ancora tutte da chiarire e dai contorni anzi piuttosto sospetti.

Il referto dell'autopsia, eseguita dalla dottoressa Simona Del Vecchio, responsabile del servizio di Medicina legale di Imperia, riferisce di "arresto cardiocircolatorio neurogenico, secondario ad un asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica".

"Sostanzialmente l'ipotesi che fa il medico legale è che nel momento dell'arresto o del trasporto in auto, dal luogo dell' arresto alla caserma, sia stato in qualche modo impedito a Bohli Kaies di respirare e di espandere la cassa toracica - ha affermato, stamani, il procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, titolare delle indagini - e questo ha determinato, in un individuo che già era in carenza di ossigeno perché proveniva da una violenta colluttazione, un debito di ossigeno notevole".

Una ricostruzione dei fatti che, se trovasse riscontro nelle indagini e negli accertamenti, ricorderebbe molto la morte di Federico Aldrovandi, del quale i periti hanno accertato l'asfissia durante la colluttazione con i quattro agenti della Questura poi condannati per omicidio colposo. I tre carabinieri che procedettero all'arresto di Kayes rimangono indagati per omicidio colposo: "C'è una grossa responsabilità delle istituzioni dello Stato - ancora Cavallone - per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di quello che poteva aver commesso, la vita è sacra e quando un cittadino, italiano o straniero, è nella disponibilità delle istituzioni, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata".

È probabile che, per impedire un'ulteriore fuga di Kayes, i militari gli abbiano compresso la schiena o la cassa toracica, impedendogli di respirare e provocandogli quella sofferenza cerebrale, notata durante l'autopsia. Il consolato tunisino in Italia ha già chiesto copia del referto medico.