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Il caso Stefano Cucchi in un documentario
Arianna Finos
Fonte: La Repubblica, 6 ottobre 2011
6 ottobre 2011

Sorride impacciato alla videocamera, bacia amici e parenti, solleva in braccio il nipotino, spegne la candela su una torta nel piccolo soggiorno di casa, a Tor Pignattara, periferia romana. Stefano Cucchi avrebbe compiuto 33 anni sabato scorso. Invece è morto due anni fa, morto di carcere. "Siamo stati sempre una famiglia unita, piena di zii e parenti. Mai avremmo pensato che mio fratello sarebbe morto abbandonato a se stesso, nell'inerzia di quei rappresentanti delle istituzioni che dovevano custodirlo", dice la sorella Ilaria. Quelle immagini di festa, era il 2008, ora fanno parte del documentario "148 Stefano, i mostri dell'inerzia", che sarà presentato come evento speciale al Festival di Roma.
"Ha una qualità cinematografica superiore alla media dei documentari italiani per luci, grafica e animazione", spiega Mario Sesti, uno dei curatori della rassegna. "E l'aver capito che Ilaria era una delle protagoniste fondamentali di questa storia, gli dà un carattere di racconto toccante e non solo di inchiesta".
"Giancarlo Castelli, l'autore del soggetto, ed io, non puntavamo a un'opera di denuncia - dice il regista Maurizio Cartolano - volevamo ricordare, raccontare la storia di Stefano e della sua famiglia. Una storia simbolo: il titolo si riferisce al numero degli uomini e delle donne morti in carcere nel 2009. Cucchi è la 148ma vittima".
Ilaria ha affidato la sua denuncia e il suo dolore al libro "Vorrei dirti che non eri solo", in cui scandisce e precisa gli eventi. Quando viene arrestato, la notte del 15 ottobre 2009, Stefano ha addosso una piccola quantità di droga. Il 22 ottobre la madre scopre che il figlio è morto attraverso l'atto che autorizza l'autopsia. Una foto restituirà l'immagine scioccante del suo corpo scarnito, cosparso di lividi e lesioni, di cui nessuno spiegherà le cause. Nei sei giorni precedenti lei, il padre e la sorella Ilaria tentano di vedere o avere notizie di Stefano. Invano. Sarà l'inizio di una battaglia contro un muro di gomma, in piedi ancora oggi, a processo in corso.
Nel documentario di 65 minuti, Stefano emerge come un giovane fragile, circondato dall'affetto della famiglia. Non è lo "zombie" che si è "spento in carcere perché drogato, anoressico e sieropositivo", come lo definiva pochi giorni dopo la morte il sottosegretario Carlo Giovanardi. Nel film si sente la voce di Cucchi, che durante il processo tiene a dire "io lavoro con mio padre". Una sequenza animata in grigio e rosso ricostruisce i suoi ultimi giorni attraverso caserme, carceri, ospedale. Nel film parlano Ilaria Cucchi, Lucia Uva (sorella di Giuseppe) e Patrizia Moretti (madre di Federico Aldrovandi). All'anteprima di Roma saranno insieme sul tappeto rosso.