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G8, le "scomode" verità del poliziotto
Il vicequestore che indagò sui colleghi: troppe bugie sulla Diaz
Il dirigente fu chiamato a fare chiarezza sui troppi misteri del luglio
2001. Agenti fotografati e poi nascosti, e c´è chi non riconosce neppure la
propria firma
Massimo Calandri
Fonte: Lavoro Repubblica
12 gennaio 2007

Poliziotti fotografati in primo piano, ma che hanno preferito restare nascosti. E che nessun collega ha voluto riconoscere. Verbali sottoscritti da funzionari di polizia, gente che dovrebbe garantire l´applicazione della legge e dell´ordine, ma che non trova neppure il coraggio di ammettere: «Sì, quella è la mia firma». Elenchi raffazzonati, farciti di bugie e di fotografie della prima comunione, per evitare di essere individuati: dove risulta che quell´agente era presente e invece non è così, e quell´altro era andato via ma al contrario lo hanno visto tutti.
Le mille bugie dello sciagurato blitz poliziesco alla scuola Diaz, durante il G8, sono venute al pettine ieri nel corso della chilometrica e per molti versi inquietante deposizione di Luca Salvemini, vicequestore aggiunto. Aggiungendo un nuova pagina a quello, che è forse il capitolo più vergognoso nella storia della nostra Polizia di Stato del dopoguerra. Il dirigente fu aggregato alla squadra mobile nel giugno del 2002, un anno
dopo il vertice internazionale: insieme al collega Claudio Sanfilippo ricevette dalla procura di Genova l´ordine di indagare sui falsi commessi dai suoi stessi colleghi nel corso dell´irruzione in via Cesare Battisti.
Vale la pena di ricordare che l´ultima sera del G8, sabato 21 luglio 2001, la polizia entrò nell´istituto massacrando di botte ed arrestando ingiustamente 92 no-global: l´intervento, coordinato da uomini ai vertici del ministero dell´Interno, si risolse in una sanguinaria rappresaglia farcita di violenza, abusi e bugie, a partire dalle molotov cinicamente attribuite ai fermati e in realtà introdotte nella scuola dagli agenti stessi. E proprio su questo punto, l´intervento di Salvemini ha toccato ieri pomeriggio momenti di grande importanza ai fini dell´indagine: il funzionario ha in pratica spiegato che le due molotov furono introdotte alla Diaz mezz´ora dopo il blitz, con i super-poliziotti del ministero che facevano crocchio nel quartiere dell´istituto. In altre parole, come minimo: nessuno, tra quelli che unanimemente vengono considerati tra i migliori investigatori del paese, si accorse che le bottiglie incendiarie non erano all´ingresso della scuola ma furono introdotte successivamente, sotto i loro occhi.
Quello di Salvemini non è stato un j´accuse, tutt´altro: ha solo confermato circostanze imbarazzanti che erano emerse in questi anni. Il funzionario ha inevitabilmente posto l´accento sulla vergognosa mancanza di collaborazione dei propri colleghi nel corso delle indagini: niente a che vedere con i carabinieri che - tanto per fare un esempio - hanno fornito elenchi e fotografie recentissime al fine di identificare i loro uomini presenti quella notte in via Battisti. E invece nessuno ha mai saputo chi è quel poliziotto con la coda di cavallo, ripreso dalle telecamere a distanza ravvicinata. La quindicesima firma posta sul verbale di arresto dei no-global, pieno di falsi, resta un mistero. E quanti erano davvero i poliziotti del blitz? Molti più di quelli indicati nella lista redatta a suo tempo dal capo della Digos genovese, Giuseppe Gonan, ieri interrogato per quattro ore, e poi integrata da Salvemini.