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Bolzaneto, la tortura rivive in Cassazione
Checchino Antonini
8 maggio 2013

Quelli accaduti nel luglio 2001 nella caserma di Bolzaneto a Genova sono "soprusi" e "vessazioni" assolutamente "inqualificabili", ha detto il pg di Cassazione, Giuseppe Volpe, nella sua requisitoria davanti ai giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte.

Nella caserma di Bolzaneto vi era la "percezione inevitabile di ciò che si stava verificando - ha detto Volpe - soprusi, violenze, vessazioni" e "correttamente la Corte d'appello di Genova ha tenuto conto di questo a differenza del primo giudice che si limitò a valutare una percezione de visu". In primo grado, infatti, nel luglio 2008, vennero pronunciate 30 assoluzioni e 15 condanne.

Tale verdetto venne ribaltato in appello, il 5 marzo 2010, quando tutti gli imputati vennero ritenuti responsabili di quanto accaduto: per 7 ci fu la condanna penale, per 37 fu dichiarata la prescrizione del reato, ma per tutti venne stabilita la condanna a risarcire le vittime. Il pg Volpe, quindi, ha rilevato come chi a Bolzaneto rivestiva in quei giorni "posizioni di garanzia" sia responsabile di "omissioni, che hanno consentito il verificarsi degli eventi delittuosi. La percezione di ciò che avveniva era resa possibile anche dal contesto, dagli odori e dalle urla".

La suprema corte chiede di confermare le condanne ma di ridurre i risarcimenti stabiliti dai giudici d'appello per i no-global vittime delle violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto nei giorni del G8 di Genova del 2001. In primo grado, infatti, furono 30 gli imputati assolti (15 i condannati): per questi numerose parti civili non presentarono appello, come invece fece la Procura, ottenendo in secondo grado il ribaltamento del primo verdetto, con 7 condanne e 37 prescrizioni del reato. In appello tutti i 44 imputati (poliziotti, carabinieri, agenti e medici della penitenziaria) assieme ai ministeri di Interno, Giustizia e Difesa (responsabili civili nel processo), vennero condannati a risarcire i no-global che subirono violenze a Bolzaneto, caserma che nei giorni del G8 di Genova (20-22 luglio) venne trasformata in un penitenziario provvisorio per le maxi retate di quei giorni. Le parti civili che non presentarono appello, secondo Volpe, che nella sua requisitoria ha citato ampia giurisprudenza su questo tema, "non hanno interesse ad avere risarcimenti".

Devono invece essere confermate, ha sostenuto il pg, le statuizioni disposte in sede d'appello per le parti civili che avevano proposto ricorso contro le assoluzioni pronunciate in primo grado. Nel processo per le violenze di Bolzaneto sono circa 150 le parti civili costituite nel processo, per cui la Corte d'appello di Genova stabilì risarcimenti per quasi 10 milioni di euro, ancora mai arrivati però agli aventi diritto. E' infondata, secondo il procuratore generale, la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Procura generale di Genova sul mancato adeguamento dell'Italia ai principi della Convenzione europea che sanciscono l'imprescrittibilità di ogni reato commesso in violazione della norma che pone il divieto di trattamenti inumani e degradanti. La stessa questione era già stata affrontata nel processo sui fatti della Diaz, prendendo atto che nel nostro Paese il reato di tortura non è stato inserito nel codice penale.

"E' pacifico - ha detto Volpe - che le pronunce della Corte Costituzionale non possono avere effetto ampliativo, quindi il ricorso della Procura di Genova va dichiarato inammissibile". Vanno confermate le condanne e le prescrizioni dei reati disposte in appello per i 44 imputati nel processo per le violenze di Bolzaneto, per cui devono diventare definitive le 7 condanne pronunciate dai giudici di secondo grado, così come sono prescritti i reati contestati a 37 imputati. Per il pg Volpe, dunque, va confermata la condanna pronunciata dalla Corte d'appello di Genova il 5 marzo 2010 per l'assistente capo di Polizia Massimo Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi per lesioni aggravate), accusato di aver strappato una mano al manifestante Giuseppe Azzolina, così come quelle inflitte agli ispettori di Polizia Matilde Arecco, Paolo Ubaldi e Mario Turco, condannati a un anno di reclusione perché rinunciarono ai termini di prescrizione. Deve essere confermata anche la condanna a 2 anni e 2 mesi comminata al medico Sonia Sciandra, accusata di falso ideologico nella compilazione delle cartelle cliniche, e quella a un anno inflitta agli agenti penitenziari Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia.

La sentenza è attesa per venerdì.