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G8 Genova, la Cassazione conferma quattro condanne: "I media non hanno condizionato i giudici"

I mass media, durante il G8 di Genova, non hanno condizionato i giudici che sono stati liberi di prendere le loro decisioni. Lo ha sottolineato la quinta sezione penale della Cassazione nel convalidare quattro condanne ad altrettanti poliziotti per il reato di falsità ideologica in atti pubblici durante il G8 di Genova nel luglio 2001.

In particolare, la suprema Corte, nel bocciare i ricorsi presentati da Antonio Cecere, Luciano Beretti, Marco Neri e Simone Volpini, ha messo nero su bianco che "operare arresti consapevolmente indiscriminati pure in occasione di tumulti costituisce condotta penalmente rilevante quando del primo evento emerga traccia probatoriamente inequivoca". I fatti analizzati da piazza Cavour, come ricostruisce la sentenza 1906, si sono verificati in occasione di scontri verificatesi tra manifestanti e polizia nel primo pomeriggio del 20 luglio 2001 a Genova mentre era in corso il G8.

Nel corso delle manifestazioni che si erano realizzate nel centro del capoluogo ligure, in parte con l'autorizzazione delle autorità, in altra parte invece "non autorizzate e violente" i quattro agenti che hanno fatto ricorso in Cassazione avevano redatto i verbali di arresto di due spagnoli, Adolfo Gonzales e Luis Alberto Lorente, e gli atti successivi "incolpandoli falsamente di reati che non avevano mai commesso e avevano conseguentemente anche operati arresti abusivi in loro danno".

Un giudizio non condiviso in primo grado dal Tribunale di Genova che, in primo grado, aveva assolto i quattro agenti
di polizia ritenendo che i poliziotti fossero stati tratti in errore dalla 'concitazione del momento' che vedeva da una parte l'azione violenta dei black bloc e dall'altra la dimostrazione autorizzata dei manifestanti pacifisti della rete Lilliput della quale pare facessero parte i due cittadini spagnoli. Giudizio ribaltato dalla Corte d'Appello di Genova il 13 luglio del 2002 che condannava i poliziotti per reato continuato di falsità ideologica in atti pubblici sulla base del fatto che l'arresto dei due spagnoli non era stato niente altro che "un atto abusivo e doloso privo di qualsiasi giustificazione".

Inutile il ricorso dei difensori dei quattro agenti di polizia in Cassazione volto a dimostrare che i quattro erano stati consapevolmente tratti in errore dalla concitazione dei fatti in piazza Manin. La suprema Corte ha bocciato le tesi difensive e ha evidenziato che "la Corte di merito ha potuto argomentare in maniera del tutto completa e razionale le ragioni della ritenuta falsità, voluta e consapevole, delle attestazioni degli agenti, nel verbale di arresto dei due per flagrante resistenza a pubblico ufficiale e possesso di armi".

In particolare, la Cassazione non accetta la tesi difensiva secondo la quale i giudici sarebbero stati condizionati dal clamore mediatico nel corso del G8. In proposito, la Cassazione rileva che "è errato parlare di severità preconcetta dei giudici di secondo grado o di suggestione operata dagli organi di informazione sui giudici medesimi, atteso che gli argomenti da questi addotti per ribaltare la pronuncia assolutoria dei primi giudici si basa su materiale probatorio descritto come di rara inequivocità e in quanto tale agevolmente valorizzato e ripercorso dai giudici dell'Appello".