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La sentenza sulla Diaz, perché parliamo di impunità di Stato
Dario Rossi (Avvocato difensore della Parte Civile Genoa Social Forum e di altre parti civili)
Fonte: Liberazione, 29 novembre 2008
29 novembre 2008

Con la sentenza sui fatti della scuola Diaz, si è persa l'occasione di rendere giustizia della più grave rottura di un ordinamento democratico dal dopoguerra ad oggi (Amnesty).
Se la sentenza di Bolzaneto aveva deluso molti per il riconoscimento della responsabilità solo di alcuni dei funzionari e graduati presenti nella struttura carceraria, un merito quantomeno lo ha avuto, perché la condanna per abuso di ufficio (reato sotto il quale in assenza di uno specifico reato di tortura erano stati ricondotti i trattamenti inumani e degradanti) del dirigente della polizia Penitenziaria Biagio Gullotta, ha quantomeno contribuito a rendere la verità storica di quanto accaduto a Bolzaneto: solo uno ne risponde, ma vi fu tortura.
Molto diverso è il quadro che ci restituisce la sentenza della Scuola Diaz.
Il Tribunale ha accertato la sussistenza del reato di lesioni condannando i capireparto del VII Nucleo guidato da Vincenzo Canterini.
Ha anche accertato che le bottiglie molotov erano delle prove false introdotte nella scuola da un agente di polizia, al solo scopo di calunniarne gli occupanti.
Canterini è stato anche riconosciuto colpevole di falso e calunnia, per aver dato atto nella sua relazione di servizio di avere incontrato una forte resistenza da parte degli occupanti all'interno della scuola.
Questa sentenza, se da un lato restituisce dignità a 93 persone ingiustamente incolpate per associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio (accusa definitivamente archiviata oltre tre anni dopo nel dicembre 2004), è evidente che dall'altro non è stata in grado di accertare fino in fondo le responsabilità che coinvolgevano i vertici della Polizia italiana rappresentate ai massimi livelli (Gratteri, Luperi, Caldarozzi), che si trovavano sul posto accanto a Canterini, nel cortile della scuola ed al suo interno, e che sarebbero rimasti ignare vittime delle menzogne loro raccontate dal loro collega.
I funzionari che hanno redatto e sottoscritto i verbali di arresto contenenti dichiarazioni non veritiere sarebbero dunque stati indotti in errore dalla relazione di Canterini e non erano coscienti al momento della sottoscrizione del verbale che quelle circostanze non erano vere.
Trattasi di una forzatura evidente, perché quei funzionari erano presenti sul posto, non si trovavano a casa, in caserma, in un'altra città.
Hanno seguito l'operazione dall'inizio alla fine, la hanno programmata, diretta, giustificata
Segno evidente della forzatura interpretativa del Tribunale è l'aver dichiarato la relazione di servizio di Canterini falsa solo nella parte in cui riferisce della resistenza all'interno della scuola, e non in quella che riferisce del lancio di oggetti sulle Forze dell'ordine che si trovavano fuori dalla scuola.
Questo perché il «fittissimo lancio di oggetti di ogni genere» dalle finestre della scuola, di cui si parla nel verbale di arresto, non poteva non essere oggetto di percezione diretta anche da parte degli altri funzionari che si trovavano fuori dalla scuola; non sarebbe stato possibile scaricare la responsabilità anche di questa falsità su informazioni riferite da terzi e sarebbe stata inevitabile la condanna anche di costoro.
Peraltro nel corso del processo nessuno degli imputati si è difeso indicando "da chi" avrebbe ottenuto le notizie false riportate sul verbale di arresto.
Sono inoltre risultate false molte delle ulteriori circostanze riportate nel verbale di arresto, che non possono in alcun modo essere attribuite a Canterini, quali il fatto che la scuola fosse piena di armi di ogni genere (rivelatesi attrezzi del cantiere edile ivi presente o le stecche di metallo degli zaini degli occupanti estratte dagli stessi agenti), o piuttosto l'attestazione che la scuola fosse l'indispensabile supporto logistico per rendere attuabile il comune programma associativo realizzato attraverso la consumazione dei delitti di devastazione e saccheggio... anche attraverso l'uso di armi da guerra, luogo destinato ad accogliere i vertici delle "tute nere".
E' evidente che questi ufficiali, tutt'altro che inesperti, non possono essere stati ingannati dai loro sottoposti, è evidente che chi ha compilato e sottoscritto i verbali di perquisizione ed arresto era perfettamente cosciente di tale falsità.
Sono inoltre emersi nel corso del giudizio elementi sufficienti per poter considerare quell'operazione di Polizia del tutto premeditata, nelle sue modalità, nelle sue conseguenze, originata da un pretesto inesistente quale l'aggressione ad una pattuglia della polizia poche ore prima dell'intervento.
Altrettanto insoddisfacente è l'assoluzione del dr. Gava, comandante del reparto che ha guidato senza alcuna giustificazione la perquisizione nella scuola di fronte, la Pascoli dove si trovava la sede operativa del Gsf (l'ingresso sarebbe avvenuto per errore); il dr. Gava era accusato di aver perquisito arbitrariamente le persone ivi presenti, di aver sottratto con la violenza materiale video, distrutto e danneggiato computer, aver costretto gli occupanti a stare seduti faccia al muro per non vedere quello che succedeva alla scuola Pertini. Tutto questo per il Tribunale non costituisce reato o non è imputabile al responsabile del reparto che conduceva le operazioni.
Ancora una volta lo Stato ha dimostrato di non saper giudicare se stesso, ancora una volta è emersa la debolezza dei principi cardine dello Stato di Diritto, per i quali il potere giudiziario dovrebbe costituire argine e limite agli abusi del potere esecutivo. Una sentenza che dimostra il clima di intimidazione nei confronti dei poteri di garanzia, che sta comprimendo significativamente la tutela dei diritti fondamentali.