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Accusato da un verbale falso, a giudizio per scontri mai fatti
Sara Menafra
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)
20 luglio 2007

Chi accusa la procura di Genova di essersi accanita solo contro i poliziotti probabilmente non sa nulla di storie come quella di «Michele» (il nome, fasullo, serve a tutelarlo). E di come da vittima di un arresto ingiusto e delle vessazioni di Bolzaneto sia diventato imputato in un processo per una resistenza che non ha mai compiuto. Il 20 luglio 2001, mentre gli scontri si diffondevano per la città come la marea sulla spiaggia, Michele è a lavoro nella sua ditta informatica a due passi da via Tolemaide. Preoccupato da quel che sta accadendo scende in strada per spostare il motorino in un luogo più sicuro. Troppo tardi: è travolto dalla carica della polizia e pochi minuti dopo si trova contro un muro insieme ad altri, circondato dai poliziotti. Un agente svuota lo zaino di uno degli arrestati, «Alfredo», e nel verbale scritto subito dopo attribuisce anche a Michele il possesso di un bastone ed un coltello. Lui, con la camicia fresca di ferro da stiro e l'aria da impiegato, finisce prima a Bolzaneto e poi nel carcere di Alessandria. La dinamica di quel che è accaduto in piazza col tempo si chiarisce, anche perché «Alfredo» scagiona Michele ammettendo che bastone e coltellino sono suoi, e il suo datore di lavoro di conferma la storia del motorino. Michele, poi, si costituisce parte civile al processo sui fatti di Bolzaneto. Eppure non basta. All'inizio di quest'anno è stato rinviato a giudizio per scontri che non ha mai fatto e sulla base di un verbale falso. La storia di Michele è solo la punta dell'iceberg. Chi conosce l'insieme dei fascicoli della procura genovese nati dopo il g8 sa che la maggior parte delle indagini sul comportamento degli agenti in piazza si sono risolte in altrettanti tuffi nell'acqua. Il dato numerico fa paura. Nelle giornate del 20 e 21 luglio sono state arrestate circa trecento persone. Bene: nel corso delle successive indagini, un po' dalle querele un po' dai fascicoli aperti d'ufficio, è saltato fuori che due terzi di quei verbali erano falsi, calunniosi o entrambe le cose. Duecento verbali su trecento. Questa mole di materiale, insieme alle denunce per i pestaggi del 21 luglio in corso Italia e del 20 in piazza Manin avrebbero potuto essere materiale per un grande processo che discutesse di ordine pubblico. E invece la procura di Genova ha scelto la regola di quello che gli stessi pm chiamano «bilanciamento»: due indagini contro le forze dell'ordine (Diaz e Bolzaneto) e una su venticinque manifestanti accusati tutti, e forse non tutti a ragione, di devastazione e saccheggio. «La procura avrebbe potuto portare a giudizio il dirigente di piazza Manin - spiega l'avvocato Emanuele Tambuscio - invece anche in quel caso l'indagine si è arenata». Il 20 luglio 2007 per quel processo mai fatto è anche un giro di boa: oggi si prescrivono i reati di calunnia compiuti il 20 luglio 2001. L'anno scorso si erano prescritte le lesioni. E nel 2011 il buco nero risucchierà anche i falsi.