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I poliziotti al G8 a Genova: «Ferite da taglio? No, teste aperte a manganellate»
Luca Domenichini
Fonte: L'Unità (http://www.unita.it)
7 luglio 2007

Parole e botte. «Oh Madonna mia... Volevo sapere la situazione dei malati... nessuna ferita da taglio, niente?». «No, no, teste aperte a manganellate». Questa è la conversazione, ore 3 e 42, tra due poliziotti, uno che si trova all'ospedale San Martino di Genova, per piantonare i primi manifestanti arrestati, e l'altro al centralino del 113.

È la registrazione in presa diretta di una delle trascrizioni depositate dalla parte civile al processo per la sanguinosa irruzione della polizia nella scuola Diaz, poi continuata alla caserma di Bolzaneto, nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001. Sono, in tutto, 34 trascrizioni di conversazioni tra la centrale operativa e i mezzi di polizia - oltre che segnalazioni di semplici cittadini - durante le giornate della contestazione al G8. Nelle trascrizioni è evidenziato il drammatico clima nel corso dell'operazione di polizia.

Prima ci sono alcune telefonate di persone che hanno paura dei black bloc, poi cominciano ad arrivare telefonate di poliziotti, alcune interessanti e altre meno. «Collega, sentime a me, qua c'è una situazione grave». «Dove?». «Ci stanno un sacco di giornalisti, dei deputati, abbiamo dei grossi... bisogno dei funzionari subito». «Ma dove?». "Non lo so dove, siamo in una scuola».

A un certo punto c'è un cambio turno. «Ok ciao ciao», fa uno. E l'altro alla cornetta: «Il mio bottino ce l'hai sempre tu?». Poi prosegue: «Ma secondo te siamo deficienti?». Silenzio. «Sì, no, eravate deficienti se venivate dentro», dice quello sul posto. «Eravamo quelli che sparavamo... Quante persone c'erano?». La risposta è vaga: «Eccoli». Insiste quello del centralino: «Mi meraviglia che non ce ne fossero (evidentemente parla dei black bloc, ndr). Ce ne sono già una decina di ambulanze lì sotto. Tra cinque minuti vengono a prendere questo materiale, arriva una pattuglia della Digos anche perché tira una brutta aria». Arriva l'ambulanza e quello sul posto dice: «No, no, non so se c'erano black bloc». A quel punto è all'incirca l'una di notte, ma la mattanza durerà fino alle 4 del mattino.

C'è anche disorganizzazione. Dalla lettura di queste trascrizioni emerge che i poliziotti sul posto cercano un'autorità "legittima", sentono che è in corso qualcosa di fuori dall'ordinario, e che ne sono parte. Ma hanno un mandato: devono cercare black bloc, «recuperare materiali», hanno delle direttive anche se sembra mancare un coordinamento. È come se la storia avesse già un copione: «Avevano delle mazze», «erano mascherati». Il copione già scritto si deve avverare comunque: «Le molotov non lasciatemele qui», dice ai ragazzi del Social Forum il comandante del reparto mobile di Roma, Canterini, al telefono con il capo della Digos di Genova, Mortola.

Altre conversazioni. «Polizia. Mi passi Andrea?». E aggiunge: «Senti un po', ne è morto un secondo». «Chi?». «All'ospedale». E gli racconta di un suo collega che stava di piantone a uno dei fermati, «uno di quelli raccolti per primi da quelle parti della scuola». Così lo descrive: «Era in una pozza di sangue». Il suo collega «dice che è andato» e se ne vuole venire via, «perché questo è morto...».

Nelle 176 pagine depositate dal pool di avvocati di parte civile - a sei anni di distanza - c'è tutto il film di quella notte. L'impreparazione: c'è chi dà la caccia ai "black buster" scambiandoli per fantasmi. E chi dà per scontato che ci saranno altre vittime, anche tra le forze dell'ordine. Ma ci sono anche le ambulanze e gli elicotteri, dalla Diaz voci di sottofondo «assassini, assassini». «Più voci dicono che un collega nostro è morto, ci sono tanti feriti, che cosa sta succendo?». Risposta: «Stando dicendo che un collega nostro è morto». «Questo non lo so, so che ci sono tanti feriti, questi di qua, dei manifestanti". «'Sti pezzi di merda».

Vittorio Agnoletto, europarlamentare che in quei giorni era il portavoce del Social Forum ed era lì fuori dalla Diaz, parla di «strategia della tensione». Per lui «venerdì 20 luglio il comando reale delle operazioni di piazza era nelle mani dei carabinieri e del ministro Fini, che in quel momento si trovava nella sala operativa dei carabinieri. Il 20 c'è stata un'asse tra An, Fini e i carabinieri», ma la sera del 21 «le responsabilità dell'irruzione alla Diaz portano ai vertici della polizia. In primo luogo, a Gianni De Gennaro». Forse. I titoli di coda di questo film non sono stati ancora scritti. Agnoletto è sicuro che ci fossero infiltrati. Una trascrizione sembra confermarlo. In un filmato, trasmesso su La 7 - dice un agente a Nando Dominici, all'epoca capo della Squadra mobile di Genova, «hanno sostenuto in trasmissione che due persone con un fazzoletto al viso fossero degli infiltrati della polizia all' interno dei cortei... Nel filmato c'è un piccolo particolare: si vede che tutti e due, è vero, sono travisati, ma hanno la placca della polizia in vista...». Dominici a quel punto chiede: «Ma sul serio?». «Sì», risponde l'agente, «Si, vede nel filmato». Non era tanto sicuro.