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«Le molotov non lasciatele qui» Il G8 nei cavi del 113
Gli avvocati difensori depositano gli audio dei colloqui fra i poliziotti in servizio: «Speriamo che muoiano tutti...Tanto siamo 1-0 per noi»
Davide Varì
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)
7 luglio 2007

L'ennesima dimostrazione che la «macelleria messicana» di Genova ha funzionato a pieno ritmo e con il coinvolgimento diretto e la consapevolezza di funzionari e dirigenti delle forze dell'ordine. Le intercettazioni delle conversazioni telefoniche avvenute sulla linea del 113 nelle ore dell'assalto alla scuola Diaz nei giorni drammatici del G8 di Genova, sono state depositate ieri l'altro alla procura e ridisegnano, stavolta in modo difficilmente contestabile, un quadro "cileno".
Si tratta di ventisei telefonate di aiuto da parte di cittadini che assistevano impotenti a scene di violenza inaudita e telefonate degli stessi poliziotti che si lasciano andare a commenti a dir poco grotteschi. Come, per esempio, quello che precede l'irruzione alla Diaz: nna funzionaria della centrale operativa (Co) parla con una pattuglia della Digos: «In piazza Merani ci hanno segnalato questi dieci zecconi maledetti che mettevano i bidoni della spazzatura in mezzo alla strada».
Alle 21.57 la stessa poliziotta parla via radio con un collega, R: «Ma guarda che io dalle 7 di ieri e di oggi sono stato in servizio fino alle 11, quindi... ho visto tutti sti balordi queste zecche del cazzo... comunque...».
«... Speriamo che muoiano tutti...». risponde lei. R: «Eh sei simpatica". Co: «Tanto uno già va beh e gli altri... 1-0 per noi... tanto siamo solo sul 113 e registrano tutto».
Intorno a mezzanotte arrivano al 113 le telefonate angosciate dei cittadini. Ore 23.58: «... via Cesare Battisti... guardi che è un macello... »; ore 23.59: «Lo sapete che hanno attaccato i ragazzi qui della scuola Diaz».
Poi i primi feriti arrivano all'ospedale, il poliziotto di guardia al pronto soccorso del "San Martino" spiega al 113, che chiede se ci sono ferite da taglio: «No, no teste aperte a manganellate».
Dalla questura chiamano allora il dirigente Alfredo Fabbrocini, presente sul posto: «Ma quanti eravate, quanti erano, così per sapere, perché noi non lo sappiamo...». Risposta, confusa: «Ti direi una bugia, non lo so, c'era un tale caos...». Il 113: «Ti faccio questa domanda, perché ce lo chiede il questore». Fabbrocini: «C'erano tutti, comunque c'era il funzionario della Digos, il funzionario della Mobile, insomma, ero (...) non lo so se non c'era altro. C'era anche Ciccimarra, che lo conosco, ah, c'era Gratteri, c'era anche il dottor Gratteri. Capito? Loro hanno disposto il servizio, noi abbiamo fatto manovalanza».
Poi il coinvolgimento dei funzionari. Mario Viola per esempio - funzionario collaboratore di Roberto Sgalla capo ufficio stampa del capo della polizia - che chiama il 113 per avere una volante che li riporti indietro perché tutti i mezzi sono partiti "scordando" i due dirigenti. Alle 2.44 richiama e dice che è stato accompagnato dal capo della mobile «perché se aspettavamo una volante stavamo ancora lì». Mentre attendono di essere collegati dal centralino Viola parla con dei colleghi: «Che ha detto?... ha detto che non è stata proprio una bella cosa quella che abbiamo fatto» e un altro ribatte «che se ne andasse a fan... ». Poi Vincenzo Canterini, comandante del primo reparto celere di Roma, che alle 3.05 parla con Spartaco Mortola, ex dirigente Digos di Genova che ai suoi agenti dice: «Oh ragazzi le molotov non lasciatemele qui...». Sono le due bottiglie che, scoprirà la procura, furono introdotte nella Diaz dagli stessi poliziotti.
Una delle ultime telefonate al 113, ore 3.55, è di un agente: «Ma senti un po', ne è morto un secondo?». Operatore: «Ma figurati». Agente: «C'è un collega che stava piantonando uno dei fermati, uno di quelli raccolti dalle parti della scuola e praticamente era in una pozza di sangue. Il collega che lo piantonava all'ospedale se ne voleva andare via perché diceva che tanto questo è morto».