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Comunicato stampa degli Avvocati di parte civile nel processo sui fatti delle scuole Diaz.
Avvocati di parte civile nel processo sui fatti delle scuole Diaz.
25 giugno 2007

Da circa sei anni siamo impegnati nella difesa delle parti civili del processo relativo ai fatti avvenuti nella scuola Diaz durante il g8 di Genova.

Questo nostro impegno, come quello di altri colleghi prima di noi nelle varie vicende legate alle pagine più nere della storia d'Italia, ha due finalità principali.

La prima, e la più ovvia, è quella di restituire, attraverso la difesa processuale e la ricerca del risarcimento dei danni subiti, dignità e valore a tutte le persone che difendiamo e che hanno subito non solo lesioni, spesso gravi, ma anche e sopratutto la negazioni dei più elementari diritti e della propria dignità di esseri umani.

La seconda, forse meno ovvia, è tentare di giungere ad una verità giudiziaria che sia in grado di dimostrare a tutti che viviamo ancora in un Paese democratico e libero, in cui il sopruso, la violenza ingiustificata e l'abuso vengono puniti anche qualora vengano commessi dalle forze dell'ordine o da chi esercita un potere politico, economico o, appunto, di polizia.

Ed è proprio quest'ultimo aspetto che ci impone oggi di non rimanere in silenzio di fronte ad una vicenda sconcertante quanto grave e pericolosa.

Infatti, se ancora non fossero bastate a minare la credibilità delle forze dell'ordine le reticenze, i silenzi, le sfrontate menzogne udite in questi anni nelle aule dei tribunali, assistiamo oggi ad un evento straordinario: l'apertura di un'indagine sul Capo della Polizia, sospettato di aver inquinato ed indirizzato la deposizione di almeno uno dei testimoni nel processo Diaz: l'ex questore di Genova, Francesco Colucci. Non stiamo parlando, quindi, di un paio di semplici agenti, magari giovani, magari stanchi o isolati, ma della più alta carica del Viminale e di un Questore.

E se questo non fosse abbastanza per restare stupefatti e temere seriamente per le sorti dei diritti dei cittadini nel nostro Paese, nonché della saldezza democratica delle nostre istituzioni, a lasciare sconcertati è la reazione delle forze politiche e delle maggiori testate di stampa.

Non abbiamo udito, infatti, in questi giorni, la voce di coloro che quotidianamente si interrogano sulla certezza del diritto e sul rispetto della legge e delle istituzioni stracciarsi le vesti di fronte alla situazione paventata dalle indagini svolte dalla Procura genovese.

Stiamo parlando non solo e non più del fatto già grave dell'aver picchiato selvaggiamente decine di persone inermi, di averle arrestate ed accusate sulla base di falsi verbali, di aver fabbricato prove a loro carico da parte di alcuni dei più alti vertici della Polizia di Stato.
Quello che vediamo dispiegarsi oggi, con l'accusa a Gianni De Gennaro di aver indotto un testimone a dire il falso di fronte ad un Tribunale della Repubblica, è l'arroganza di un potere che si pensa illimitato e al di fuori di qualsiasi controllo democratico e giudiziario. E ciò, con le conseguenze sui normali cittadini che possiamo intravvedere nella cronaca più spesso di quanto sia tollerabile e che sono fatte di piccole illegalità quotidiane, di abusi che solo raramente giungono alla luce per essere sottoposti al vaglio del pubblico dibattimento.

La Polizia italiana è palesemente malata, nonostante le migliaia di operatori che coscienziosamente svolgono il loro lavoro quotidianamente nel e per il rispetto della legalità e dei diritti di tutti. Nessuno può più seriamente affermare oggi, come accadde dopo il g8 di Genova, che si tratta solo di alcune mele marce in una cesta sana. E' la cesta, con ogni evidenza, a dover essere profondamente riformata. Perciò ci stupisce e ci spinge fuori dal silenzio che normalmente manteniamo, anche a garanzia del sereno svolgimento dei processi in corso, l'assenza di riflessione da parte del Governo italiano su una vicenda di tale gravità e, al contrario, la decisione da parte del medesimo di operare un avvicendamento al vertice della Polizia nel segno della continuità specifica con la gestione precedente.

Né le istituzioni politiche né le Forze dell'Ordine del nostro Paese hanno ritenuto in questi sei anni di dover esprimere scuse formali né riconoscimenti morali o economici alle vittime della scuola Diaz o della caserma di Bolzaneto.

Chiediamo almeno, oggi, che venga garantito e protetto il lavoro di coloro che tentano faticosamente di restituire alle vittime di quei giorni e ai cittadini del nostro Paese la dignità e la realtà di parole come democrazia, giustizia, verità.

Avvocati di parte civile nel processo sui fatti delle scuole Diaz.