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l'Associazione Per Non Dimenticare Claudio Varalli e Giannino Zibecchi risponde a Livio Miccoli, in merito all'iniziativa "Urla nel silenzio"
Associazione Per Non Dimenticare Claudio Varalli e Giannino Zibecchi
2 gennaio 2009

Caro Livio ho molto apprezzato la tua lettera e, grazie a te, ho anche conosciuto un altro dei tanti odiosi crimini politici avvenuti negli anni settanta. Non che dopo siano scomparsi, ma almeno sono diventati più rari. Quello che racconti è davvero sconvolgente:
"Mio fratello Claudio Miccoli, ventenne ambientalista e non-violento, fu selvaggiamente bastonato la sera del 30 settembre 1978 in piazza Sannazzaro a Napoli, per aver cercato di dialogare con alcuni fascisti che avevano aggredito un altro giovane qualche minuto prima, ... Claudio compì allora un gesto certo dettato dall'incoscienza dei suoi vent'anni, ma anche dal coraggio dei suoi ideali. Solo, armato soltanto delle sue parole, andò incontro ai suoi assassini per parlare con loro, per domandare ai violenti le ragioni della loro violenza, per chiedere: "Perché?" Gli si avventarono contro, seppellendolo sotto una gragnola di pugni, calci, bastonate che gli sfondarono il cranio. Morì, dopo sei giorni di agonia, il 6 ottobre 1978. In ospedale, prima di perdere conoscenza, parlando di chi lo ha ucciso, disse: "Non mi hanno lasciato il tempo, io volevo parlare, volevo spiegare, volevo..."
E' un racconto agghiacciante e dolcissimo. Tuo fratello apparteneva alla stirpe degli eroi, che sono quelle persone che si offrono in sacrificio al destino e costringono chi gli sta vicino a spingersi oltre i loro stessi limiti. Si tratta di un caso particolare, forte e intenso.
La nostra storia, mia e di altre migliaia di ragazzi non è particolare, invece, è stata lo stillicidio quotidiano di gruppi fascisti che si erano impadroniti del centro di Milano e da lì partivano per intimidire e aggredire gli studenti della vicina Università, delle scuole, dei quartieri. Fascisti che non si sarebbero mai convinti di nulla con un atteggiamento eroicamente evangelico.
Noi non siamo stati degli eroi della non-violenza, ma della pazienza e della legge di autoconservazione, e abbiamo fatto appello alla mobilitazione generale contro il fascismo.
Ma non è di questo che desidero parlare, ma della cosa che più mi ha colpito nella tua lettera. E cioè che tu hai fatto la scelta che secondo te tuo fratello avrebbe desiderato, che hai voluto seguire il suo desiderio, la sua idea di ambientalista e di non-violento, che hai aderito a ciò che probabilmente avrebbe voluto.
Quello che non capisco è perché tu abbia interpretato questa cosa, come la necessità di questo "pubblico riconoscimento" di una equiparazione fra i morti dell'una (tanti) e dell'altra parte (pochi). Cosa c'entra questo con la non-violenza? Equiparare i morti vuol dire che si mettono sullo stesso piano gli aggressori e gli aggrediti, il carnefice e la vittima.
Perché mai la morte di tuo fratello, il suo corpo e il suo spirito andrebbero ricordati insieme a quelli delle canaglie che lo hanno massacrato? Sei sicuro che lui avrebbe voluto questo?
Questo modo di ragionare non è privo di conseguenze. Se si accetta questo punto di vista perché non ricordare insieme gli aguzzini di Auschwitz e le loro vittime sterminate ? perché non estenderlo a tutte le situazioni? Attento, non si tratta di una questione di quantità. Se si vogliono parificare i morti il discorso deve avere una valenza generale.
E in ogni caso, cosa c'entra con la non-violenza? Magari occorrerebbe anche trovare un gesto di pentimento da parte degli aguzzini. Non mi risulta ci sia. Ci sono solo quelli che tu definisci ragazzi sinceri che ti chiedono di aderire a una pubblica manifestazione di cordoglio paritario per "tutte le vittime" di "quel" periodo storico.
Una manifestazione benedetta da molti esponenti della destra e, pare, anche da qualcuno del centro.
Ma questa cosa non ti insospettisce?
Viviamo nella fase del tentativo di mettere sullo stesso piano i partigiani e i torturatori complici degli invasori, cioè, i traditori repubblichini. Tutto questo non ti crea il dubbio che qualcuno ti voglia usare per una operazione politica che con gli ideali della non-violenza non c'entra niente?
E ancora, cosa c'è mai di "violento" nel non voler condividere una cosa intima come il dolore con i parenti di coloro che questo dolore te l'hanno inflitto? Il rogo di Primavalle è stato una cosa orribile, e anche altri episodi non sono tollerabili. Ma non mi viene nemmeno in mente di presentarmi alle manifestazioni di cordoglio. Ho troppo rispetto per il dolore altrui. Mi sembrerebbe, magari animato delle migliori intenzioni, di turbare qualcosa di intimo e di sacro.
E come dimenticare che a partire dal 1947 l'Italia è stata vittima dell'assalto a mano armata di quei "poteri forti" che contro la nuova repubblica hanno usato la mano pesante: stragi, attentati, tentativi reiterati di colpi di Stato omicidi politici, ragazzi massacrati con le camionette, uccisi a fucilate dalle forze dell'ordine, uccisi a rivoltellate dai giovani fascisti che appoggiavano questo progetto eversivo, che organizzavano le stragi con l'aiuto di operatori dei cosiddetti servizi segreti deviati..
Non occorre che io enumeri, lo sappiamo tutti. Contro questo spaventoso dispiegamento di mostri le masse studentesche, operaie, degli impiegati, dei professori si sono opposte con vigore e spirito di sacrificio. E sul campo ne sono rimasti tanti, troppi, e nessuno mai che abbia avuto un reale riconoscimento, un processo giusto, una vera individuazione dei colpevoli. Certo, anche a destra qualcuno è caduto. Il mestiere del boia comporta qualche rischio e a volte capita che ci vadano di mezzo gli innocenti.
Quello che irrita di più è l'apparato propagandistico e istituzionale che si vuole dare a questa cosa, a una specie di occasione di pacificazione generale che accomuna "tutte le vittime di quegli anni".
Eh, no. Eh no, io non ci sto. Questo è il momento di assumersi le responsabilità, da una parte e dall'altra, massimo rispetto per chi è caduto ma anche massima distinzione. I miei lottavano per ideali di solidarietà, gli altri animati da ideologie aberranti.
Io non c'entro, io ho resistito, come ho potuto, noi non c'entriamo, noi abbiamo sacrificato la nostra vita per il bene comune, per la democrazia, per la Costituzione. Così è andata. E stando così le cose non si vede proprio per quale motivo arrivare a una condivisione del dolore.
E poi, perché una cerimonia privata non sarebbe sufficiente? Perché questa forzatura? Questa imposizione di una generalizzazione? Come mai questa ansia di pubblicità? I due "ragazzi onesti" che sono venuti a parlarti e ti hanno guardato in faccia, sono venuti per conto di una parte politica (AN) e desiderano una cerimonia ufficiale che sancisca "la pacificazione".
Questo mentre ormai i fascisti sono sdoganati, le immagini del duce prolificano. E anche gli episodi di intolleranza politica e le aggressioni contro immigrati, ragazzi di sinistra ecc. Mentre sempre più aspro è il processo di erosione della Costituzione, si chiede di andare insieme a condividere il dolore.
Ognuno è figlio della propria storia, delle proprie idee e delle proprie opere e queste caratteristiche vanno rispettate, soprattutto in una occasione intima e personale che non dovrebbe proprio essere "pubblica" e istituzionale.
Caro Livio, vuoi andare a dolerti con l'assassino di tuo fratello? Vacci. Nessuno te lo può impedire. Pensi che questo voglia dire aderire al credo di tuo fratello? Ho un'altra opinione, ma se lo pensi, è senz'altro giusto che tu ci vada. Ma perché farsi trascinare in un momento istituzionale, gestito da fascisti o ex fascisti? Posso anche credere alla buonafede dei due ma come mai hanno questa ansia di convegni? Non bastava parlare con te a venire alla commemorazione di tuo fratello?
Caro Livio, ho finito e ti prego di accettare il mio cordoglio per quanto è successo a tuo fratello.
Ti saluto
la redazione di www.pernondimenticare.com