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Strage di Piazza della Loggia: addio a Delfino e ai suoi segreti. Ascesa e caduta del «generale»
Mario Pari
3 settembre 2014

È un pezzo di storia bresciana che se va. L'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino è scomparso ieri a 77 anni. Era malato da tempo e la sua esistenza si è intrecciata spesso con la storia di Brescia e della nazione, tra accuse, condanne e assoluzioni. Solo nel febbraio scorso la Corte di Cassazione aveva confermato l'assoluzione dall'accusa di concorso nella strage di piazza della Loggia. Nei suoi confronti, peraltro, il ricorso aveva solo fini civilistici. La Suprema Corte in quell'occasione ha confermato anche l'assoluzione di Delfo Zorzi e disposto un nuovo processo nei confronti di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte.
MA PARLARE di piazza Loggia e Delfino significa anche ricordare che la prima inchiesta sull'eccidio che il 28 maggio 1974 provocò 8 morti e più di 100 feriti, lo vide protagonista nella veste opposta rispetto a quella d'imputato, cioè d'investigatore. E limitare il ricordo di Francesco Delfino alle vicende bresciane è certamente riduttivo. Anche se proprio Brescia e la vicenda collegata al sequestro dell'imprenditore Giuseppe Soffiantini segnarono per lui la fine di una carriera che era protesa verso il vertice nazionale dell'Arma.
DELFINO era nato a Platì, in provincia di Reggio Calabria, il 27 settembre 1936. In provincia di Brescia arrivò, negli anni Sessanta, con il grado di tenente al comando della tenenza di Verolanuova. Ritornerà a Brescia, con il grado di capitano, nei primi anni Settanta, dopo esperienze importanti, tra l'altro, in Sardegna. E a Brescia ricopre l'incarico di comandante del Nucleo Investigativo proprio quando esplode la bomba in piazza dela Loggia.
In periodi precedenti la figura di Delfino era già venuta alla ribalta delle cronache nella nostra provincia per l'attività investigativa finalizzata alla lotta all'eversione. E' il caso dell'operazione «Basilico» che portò in carcere Giorgio Spedini e Kim Borromeo, dopo essere stati trovati con chili d'esplosivo in Valcamonica nel marzo del '74. E sempre del '74 è l'inchiesta sul Mar che portò in carcere Carlo Fumagalli e altri 28 collaboratori. E fu proprio questa inchiesta che, nel corso della vicenda giudiziaria che vide Delfino imputato per la strage di piazza della Loggia, venne portata dalla difesa come elemento fondamentale per scagionare il proprio assistito.
L'EX GENERALE verrà assolto per Piazza Loggia con formula dubitativa sia in primo che in secondo grado, assoluzione confermata in Cassazione. Ma prima che imputato l'ex alto ufficiale ricoprì un ruolo cardine nelle indagini sulla «pista bresciana» che sfociarono nel primo processo. Allora venne condannato all'ergastolo Ermanno Buzzi che sarà poi ucciso nel carcere di Novara prima dell'appello. E per i giudici di secondo grado sarà comunque un «cadavere da assolvere».
La sorte di Delfino s'intreccerà poi nuovamente con Brescia nei giorni del sequestro di Giuseppe Soffiantini, rapito a Manerbio nel giugno 1997 e liberato nel febbraio successivo. Delfino riuscì a far credere, secondo quanto emerso dal processo, che serviva del denaro per ottenere informazioni sulle condizioni del rapito. E ottenne dalla famiglia circa 800 milioni di lire. Per questo è stato condannato per truffa aggravata e la condanna è stata confermata in Cassazione nel 2001. Ieri sera Giuseppe Soffiantini, apprendendo della scomparsa di Delfino si è limitato a commentare: «Di fronte alla morte bisogna portare rispetto, si sotterra tutto». Quella condanna influì comunque in modo irreversibile sulla carriera dell'allora generale.
MA NEGLI ANNI successivi Delfino si sarebbe trovato a fare i conti con una vicenda giudiziaria ancora più rilevante: la strage di piazza della Loggia. Venne rinviato a giudizio nel maggio del 2008 insieme a Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti e Giovanni Maifredi. Quest'ultimo morì durante il processo di primo grado. Gli altri imputati vennero tutti assolti.
ORA, QUINDI la scomparsa di chi è sempre stato considerato, anche alla luce degli altissimi incarichi ricoperti, depositario di importanti segreti. Rivelazioni ottenute grazie anche ai contatti sviluppati in una carriera fatta di promozioni inanellate una dopo l'altra. E che proprio in provincia di Brescia aveva avuto snodi importanti positivi e negativi. Fino all'irreversibile caduta.