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Ecco perchè sono stati assolti tutti gli imputati

Troppe sarebbero secondo la Corte le «forzature» da operare per poter ritenere responsabile della Strage Carlo Maria Maggi. «Occorrerebbe forzare - è scritto tra l'altro - il dato indiziario costituito dalle dichiarazioni di Battiston e ritenere che se questi ha detto che Digilio gli aveva riferito che l'esplosivo proveniva dallo Scalinetto, allora voleva intendere che era stato Maggi a ordinare di prelevare da lì tale esplosivo (ma ciò non è stato riferito da Battiston)». E inoltre: «Occorrerebbe forzare il dato indiziario costituito dalla riunione che Maggi avrebbe organizzato a Rovigo e ritenere che essa, avendo avuto ad oggetto sia la programmazione di un grave attentato nel Nord Italia (che Digilio avrebbe sempre ritenuto fosse quello di Brescia e che poi, nel corso dell'incidente probatorio lo avrebbe confermato), sia la nomina per votazione del manipolo incaricato d'eseguirlo, in realtà non era stata tenuta nel corso di una cena conviviale in un pubblico locale, alla presenza di circa 50 persone ( 30 civili e 20 militari), ma verosimilmente in un luogo appartato, con la partecipazione di poche e fidate persone (ma ciò non è stato affatto riferito da Digilio)». Infine occorrerebbe forzare il dato indiziario «costituito dal monologo che ebbe a tener Maggi ad Abano terme il 25 maggio 1974 e ritenere che esso, essendo avvenuto tre giorni prima della strage e a casa di Romani».
PER LA CORTE d'Assise d'Appello: «Queste forzate interpretazioni costituirebbero veri e propri stravolgimenti di dati probatori a contenuto dichiarativo, che come tali, non possono essere consentiti. Da qui la conclusione: «La circostanza che, in definitiva, Digilio risulta, da un lato aver trasportato l'esplosivo destinato alla strage di Brescia e dall'altro aver mostrato di essere stato a conoscenza di fantasiose e inverosimili modalità con le quali Maggi avrebbe progettato e annunciato l'attentato (nonostante - si badi- di tali modalità il dichiarante, avrebbe dovuto possedere attendibili notizie), conducono evidentemente a ritenere contraddittoria ed equivoca la prova che Maggi, solo perchè a capo degli ordinovisti veneti e propugnatore delle stragi (nonchè in possesso, unitamente a Digilio, della gelignite depositata presso lo Scalinetto), possa essere stato sicuramente il mandante della strage di piazza della Loggia».
Sempre su Maggi la Corte si è soffermata sull'affermazione «quell'attentato non deve rimanere un fatto isolato». Secondo l'accusa Maggi con quella frase avrebbe «riconsciuto la paternità della strage». Per la Corte d'Assise d'Appello, invece, tra l'altro «la frase "quell'attentato non deve rimanere un fatto isolato" non esprimeva affatto una rivendicazione, nel mentre proprio il fatto d'aver abbandonato l'idea di rivendicarla confermerebbe l'estraneità di Maggi all'ideazione di essa»
PER QUANTO riguarda Maurizio Tramonte, le dichiarazioni apparentemente compromettenti per lui, in realtà compromettenti non lo sono affatto, volta che si consideri come esse raccontino «una presenza del medesimo a fatti e incontri con gli ordinovisti, in qualità d'infiltrato dei servizi e da questi sostanzialmente protetto».
A «definitivamente minare il costrutto accusatorio a carico dell'imputato è proprio la rilevanza delle originarie informazioni rese dal medesimo, in qualità di fonte Tritone al maresciallo Felli. Una rilevanza che, all'evidenza stona con l'ipotesi che Tramonte avesse davvero appoggiato la struttura clandestina, proponendosi a Maggi per l'esecuzione della strage».
Nel caso di Delfo Zorzi viene invece evidenziato, tra l'altro, che la condotta tenuta secondo il narrato di Digilio, coincide cronologicamente con il periodo del servizio di leva, dal novembre 1973 al novembre 1974. La Corte sottolinea che «l'imputato avrebbe potuto approfittare delle frequenti licenze militari che ebbe ad usufruire, per consegnare armi ed ordigni». Ma prosegue: «questa condotta rientra, per l'appunto, negli accadimenti possibili non già in fatti positivamente emersi dal processo» E in merito:«l'esigenza di riscontri è rimasta oltre che sostanzialmente insoddisfatta, pure seriamente ostacolata dall'accennata circostanza che Zorzi svolgeva il servizio militare».
SULLA POSIZIONE di Pino Rauti si riflettono le conclusioni che la Corte ha raggiunto in merito a Maggi. I giudici d'appello sono pervenuti a «ritenere insufficiente e contraddittoria la prova della responsabilità di Maggi» e «quindi appare sin troppo agevole (anche qui) far discendere da tale esito analoga conclusione in ordine alla posizione di Rauti». D'altronde, è scritto «dagli atti del processo, neppure sono emersi a carico di Rauti, specifici e autonomi indizi, idonei a prospettare che il medesimo, avvalendosi di un altro gruppo eversivo, abbia ideato e programmato la strage o, quanto meno, abbia dato il proprio contributo morale alla sua esecuzione, istigando o rafforzando il proposito criminoso, anche soltanto approvandone il progetto».