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Napoli: detenuto suicida un anno fa, indagati due agenti
Fonte: Il Manifesto, 16 gennaio 2007
16 gennaio 2007

Prima di tornare in carcere Raffaele aveva detto che se l'avessero riportato dietro le sbarre si sarebbe ammazzato. Così è stato, si è impiccato nella notte tra il 29 e il 30 gennaio. Dopo due archiviazioni decise dal Pm Luigi Santulli della Procura di Napoli, ora il gip ha disposto l'imputazione coatta dei due agenti di polizia penitenziaria, M.V., ispettore di sorveglianza generale, e C. C., capoposto del reparto isolamento del carcere di Poggioreale. I due secondini sono accusati di omicidio colposo e condotte omissive perché avrebbero dovuto "sorvegliare attentamente" Raffaele.

L'uomo soffriva di disturbi psichici e da anni era in cura, già nei dieci mesi precedenti di detenzione aveva due volte tentato il suicidio sempre con lo stesso metodo con cui alla fine è riuscito a uccidersi. Le indagini hanno appurato infatti che Raffaele Montella è morto impiccato alle sbarre soffocato da alcuni indumenti. Il detenuto quarantenne era stato accusato di spaccio di droga, ma scontava la pena agli arresti domiciliari perché era in cura presso il servizio di psichiatria dell'Asl Napoli 5. Fu riportato comunque nel padiglione Avellino del carcere di Poggioreale perché aveva tentato di scappare. Il suo però era un caso particolare, si era salvato dai due precedenti tentativi di suicidio solo grazie all'aiuto dei suoi compagni di cella. L'ultima volta però Raffaele era sottoposto al regime di isolamento e l'accusa adesso accerterà le eventuali responsabilità dei due agenti di polizia penitenziaria che avrebbero dovuto tenerlo sotto osservazione.

Il processo rappresenta uno dei pochi casi del panorama giudiziario italiano di agenti penitenziari che vengono accusati di omicidio colposo e condotta omissiva, anche se i casi di suicidio soprattutto all'interno del carcere di Poggioreale sono frequenti.

Negli ultimi tre anni si registrano sempre più casi di autolesionismo e sono otto i detenuti morti per suicidio. Le condizioni dell'istituto penitenziario sono sempre peggiori e non soltanto per il sovraffollamento che continua a persistere anche dopo l'indulto, ma anche per la disciplina richiesta che supera spesso i regolamenti. Riverenza per gli agenti quando entrano in cella, sguardo basso e mani sempre dietro la schiena. Una situazione difficile anche per i familiari, spesso costretti ad attese estenuanti prima di riuscire ad avere un colloquio. Spesso le perquisizioni sono più che invasive, come hanno denunciato organi internazionali dopo aver ispezionato la struttura. Carente, inoltre, anche l'assistenza sanitaria, e nonostante l'alto numero di detenuti tossicodipendenti, pari al 30% del totale, il carcere garantisce il trattamento con i metadone soltanto a 30 persone. Molte sono state in passato le interrogazioni parlamentari in cui si chiedeva di far luce sulle presunte violenze subite dai detenuti da parte del personale della polizia penitenziaria.