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Meno morti in carcere, ma tante passano ancora sotto silenzio
Fonte: Redattore Sociale, 2 gennaio 2007
2 gennaio 2007

Diminuiscono i morti nelle carceri italiane, secondo il rapporto annuale di Ristretti Orizzonti: nel 2006 sono 67 i decessi registrati, erano 111 nel 2005. Ma spiega la redazione "i casi raccolti non rappresentano la totalità delle morti che avvengono all'interno dei penitenziari: sono quelle che abbiamo ricostruito in base alle notizie dei giornali, delle agenzie di stampa, dei siti internet, dei bollettini prodotti dalle associazioni che svolgono attività di volontariato nelle carceri". Sono molte le morti che "passano ancora sotto silenzio, nell'indifferenza dei media e della società".

È ancora il suicidio la prima causa di morte nei penitenziari del paese: 58 i detenuti che si sono uccisi nel 2005 e 42 quelli che si sono tolti la vita in questo anno; il monitoraggio segnala poi 12 persone morte per malattia, 4 per overdose, 2 per incidente e 7 per cause ancora da accertare. "Le ultime statistiche del Ministero della Giustizia risalgono al 2003 e, in mancanza di dati ufficiali, non siamo in grado di fare comparazioni, di dire se il numero dei "morti di carcere" è in aumento o in diminuzione: - spiega - il nostro obiettivo è un altro, quello di raccontare delle storie, di ridare dimensione umana a questi numeri".

Particolare attenzione alla situazione degli Opg. Negli ultimi tre mesi due internati dell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta) si sono impiccati: M.M. di trentasette anni, e D.G., di quarantuno. L'informazione è stata diffusa dalle associazioni Antigone Napoli e Città Invisibile. Nell'Opg di Aversa vi sono 308 internati, il 30% dei circa mille internati in tutta Italia.

"Gli internati in Opg - ricordano Samuele Ciambriello, presidente dell'Associazione Città Invisibile, e Dario Stefano Dell'Aquila, componente dell'Osservatorio nazionale sulla detenzione dell'Associazione Antigone - sono persone che hanno commesso un reato ma che non sono pienamente in grado di intendere. Per questo vengono condannate ad una misura di sicurezza, la detenzione in Opg appunto, che viene annualmente prorogata. Accade così, nella pratica, che persone che entrano in carcere per reati di poco conto, scontano decine di anni, se non la loro intera esistenza in un ospedale psichiatrico giudiziario". "È bene anche ricordare - proseguono - che la presenza in Opg per molti internati non è dovuta ad elementi di pericolosità sociale ma dall'assenza di strutture residenziali che li possano accogliere, perché in molti casi le Asl non intendono farsi carico di questi costi. E quindi il magistrato proroga la durata della misura di sicurezza".