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Lettere: i detenuti scrivono a "RadioCarcere"
di Riccardo Arena
Fonte: www.radiocarcere.it
4 maggio 2006

Le chiamano "traduzioni"...

"Ho impiegato 27 giorni per andare dal carcere di Trento al carcere di Porto azzurro. Perché per arrivare al carcere di Porto Azzurro mi sono dovuto fermare nel carcere di Verona, sezione transiti, poi a Bologna sezione transiti, poi Firenze e così via. Una notte mi hanno fatto salire su un pullman, che da fuori è blu con i vetri oscurati e dentro è fatto da tante cellette grandi un metro per un metro. Mi hanno messo dentro una di queste cellette, e lì sono rimasto chiuso per 10 ore con le manette ai polsi. Un'altra tappa di questo viaggio l'ho fatta su furgoni blindati più piccoli.

Sono quei furgoni Ducato, sempre di colore blu e che si vedono in autostrada. Lì il viaggio è fatto in condizioni ancora peggiori. Lo spazio è più piccolo, il caldo soffocante. Anche nei furgoni sei costretto a restare chiuso in una gabbietta, che non ha nessuna visuale verso l'esterno. Quando stai lì dentro è inutile chiedere da bere, o chiedere di potersi fermare per una breve sosta. Questo sistema così severo si adotta per tutti i detenuti pericolosi o no. Nessuna distinzione. Io che non ho commesso reati con violenza sono stato trattato come uno detenuto pericolosissimo a cui non si poteva concedere neanche 5 minuti per fare pipì o per fumare una sigaretta. Per me sono stati 27 giorni terribili, avevo solo un vestito e solo un paio di mutande di ricambio. Inoltre in questi 27 giorni ero come escluso dalla realtà: nessuno contatto con la mia famiglia e nessuno contatto con i miei avvocati. La mia vita per quasi un mese è rimasta sospesa."

Giuseppe dal carcere di Secondigliano:

"Cara radio carcere questi il mio calvario. Sono stato arrestato nell'ottobre del 2004 e portato nel carcere di Ancona, dove ne ho viste di tutti i colori. Il 7 marzo del 2005 sono stato trasferito nel carcere di Ascoli Piceno e, dopo poco sono stato mandato all'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Dimesso a settembre del 2005 ora mi trovo qui nel carcere di Secondigliano. Radio Carcere ti dico solo questo: ho paura che mi mettano nella cella di isolamento e di fare la fine di quello che si è impiccato, cosa che non farei mai perché amo la vita. Spero di uscire vivo di qui il 24 maggio 2006, giorno della fine della mia pena"

Mario dal centro clinico del carcere Regina Coeli di Roma:

"Ciao Riccardo, ti scrivo per informati sulla mia situazione. Sai che non sto molto bene. Ho una grave forma di epilessia, ho un ulcera al Palato che mi impedisce di nutrirmi, tanto che sono passato che pesavo 85 chili e sono arrivato a pesarne 42. Il 21 marzo hanno fissato un udienza dinanzi al tribunale di sorveglianza, proprio per decidere se posso o meno restare in carcere, per via del mio stato di salute. Il Pm ha chiesto la mia immediata scarcerazione per motivi di salute, il Tribunale mi ha anche chiesto l'indirizzo dove poter stare agli arresti domiciliari ed infine il medico del centro clinico di Regina Coeli ha certificato la mia incompatibilità con il carcere. Morale sembrava tutto pronto ed invece il tribunale di sorveglianza non contento ha disposto una perizia sul mio stato di salute. Giuro non ci capisco più nulla. Ora ti saluto caro Riccardo, non ho le forze per continuare a scrivere... con stima Mario"

Maxim dal carcere Montorio di Verona:

"Cari amici di Radio Carcere sono stato condannato a seguito di giudizio abbreviato alla pena di 30 anni di carcere, per un omicidio che non ho commesso. Mal difeso, straniero e senza capire neanche cosa stava succedendo, mi hanno condannato. Prove contro di me poche o nessuna. Ora non so come fare e non so come riuscire a dimostrare la mia innocenza. Per il resto qui nel carcere di Verona siamo in piena emergenza. Si tratta di un carcere che potrebbe ospitare 250 detenuti ed invece siamo più di 700. Il che significa che in celle di appena 9 metri quadri siamo in quattro detenuti, chiusi per 22 ore al giorno. Questa non è detenzione! Vi ringrazio per la vostra attenzione e vi saluto Maxim"

Goran dal carcere Poggioreale di Napoli:

"Caro Riccardo sono un cittadino Sloveno che si trova qui in carcere a Napoli. Spero che questa mia lettera ti sia arrivata perché è la terza che ti scrivo. Sono certo che quando vedono scritto radio radicale la buttano via. Devi sapere la mia ingiustizia che è comune a tanti altri. Io sono stato condannato a 3 anni e 6 mesi. Ho già scontato metà della pena, ma nonostante ciò non riesco ad ottenere l'applicazione della legge Bossi fini.

E come me tanti altri stranieri. Il risultato è che non vedo la mia famiglia da 19 mesi. Ora io ho sbagliato e devo pagare il mio errore ma questa è una sofferenza in più che è difficile da immaginare. In carcere e solo. Solo e in carcere. Riccardo in questa mia solitudine la tua voce per Radio e quello che scrivi sul Foglio è per me occasione di forza. Appena uscirò ti chiamerò.

Con stima Goran"

Luca dal carcere di Lecce:

"Caro Arena, l'altra settimana ti ho inviato una lettera dal carcere di Bari, firmata da 166 detenuti. Ricordi? Bene ora mi hanno spostato nel carcere di Lecce, dove ci potrebbero stare 680 detenuti ed invece ce ne sono più di 1300! Ti rendi conto! Il doppio! Ti scrivo perché voglio che tu sappia che ho iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per ottenere un trasferimento in un carcere della Toscana, di cui sono originario e per poter riceve cure al mio fegato che si sta ammalando di cirrosi epatica. Non chiedo tanto chiedo il diritto di essere curato e di stare vicino alla mia famiglia. Non sono capricci di un detenuto ma è quello che sta scritto nella legge Italiana.

Un forte abbraccio Luca"

Mimmo dal carcere di Trapani:

"Riccardo, un semplice bigliettino di auguri per Radio carcere, in occasione della Pasqua. È un piccolo modo per dirti grazie da parte mia e dei miei compagni del carcere di Trapani per il tuo e vostro impegno. Sappiamo che non è facile portare avanti una pagina di civiltà come questa di Radio Carcere ma tu non mollare!"

Felice dal carcere di Secondigliano:

"Caro Riccardo avrai letto che qualche settimana fa qui a Secondigliano hanno organizzato degli spettacolini per i detenuti. Ecco è tutta apparenza e basta. Io per esempio tossicodipendente non ricevo nessuna cura qui in carcere e nessuna attenzione. Ti confesso che quando mi hanno arrestato dentro di me speravo che il carcere fosse un'occasione per smettere con la droga. Beh mi sbagliavo. Qui trovi solo motivi per continuare a drogarti. Oppure muori. Ti ammazzi, come ha fatto un nostro compagno detenuto rumeno. È successo a Marzo. Quel ragazzo pare abbia usato delle lenzuola per impiccarsi. Strano era in isolamento e guardato a vista!".