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Bompressi scrive a Prodi: disinteresse sui suicidi in carcere
Fonte: Il Tirreno, 11 marzo 2006
11 marzo 2006

Una lunga, accorata lettera aperta a Romano Prodi sulle condizioni delle carceri e dei detenuti. La scrive Ovidio Bompressi, ed è pubblicata sul numero di questa settimana di Micromega, la rivista diretta da Paolo Flores D'Arcais. "Sul carcere", semplicemente, si intitola, e in questa testimonianza Bompressi racconta anche la straziante vicenda del venditore di cocco morto suicida pochi giorni fa. Lo fa dopo aver citato gli innumerevoli casi di tentati suicidi (713) e di suicidi (57) che si sono verificati nei penitenziari italiani nel 2005.

Vediamo il passo specifico: "So di far torto alla realtà e, soprattutto, alla sofferenza di moltissime persone - scrive Bompressi rivolgendosi al candidato premier dell'Unione - ma voglio portare un esempio per tutti, un caso fra tanti, l'ultimo della cronaca. Il suicidio per impiccagione, avvenuto nella notte di mercoledì 22 febbraio nel carcere di Massa, di M. R., 45 anni, napoletano, venditore di cocco sulla spiaggia di Marina di Massa, in carcere dall'estate scorsa per un residuo di pena (3 anni). M. R. si è impiccato alle sbarre del bagno usando un lenzuolo; in cella con lui c'erano il fratello, di due anni più giovane e come lui finito in carcere per piccoli reati, e un altro detenuto che dormivano. Pare che M. R. fosse molto depresso. Ho sintetizzato così la notizia ripresa da un breve articolo apparso sulla seconda della cronaca di Massa del quotidiano Il Tirreno il 24 febbraio scorso. Un altro quotidiano locale, La Nazione, lo stesso giorno, riportava in cronaca poche righe sull'accaduto. Nessun quotidiano nazionale ha dato notizia della morte per suicidio di M. R. nel carcere di Massa. Nessuna televisione ha dato notizia della morte per suicidio di M. R. nel carcere di Massa... Anche questo, scusate se è poco, e altro di peggio - aggiunge amaramente - sono le nostre carceri. Ed è veramente penoso sapere che in questo paese non vi è sufficiente forza politica, intellettuale, morale per porre riparo a questa vergogna. Che Dio abbia pietà di noi: ci mandi in soccorso san Leonardo, protettore dei carcerati e, per la par condicio, santa Rita da Cascia, avvocata dei casi più disperati, la santa degli impossibili".

Nella premessa della sua lettera aperta, Bompressi fa anche riferimento al suo caso personale: "Il carcere, fra le varie questioni pendenti, richiede urgentissime misure. E siccome - aggiunge - comincio anche ad avvertire che le mie prospettive si vanno restringendo ben oltre la mia condizione di detenuto domiciliare, vorrei sapere - mi chiedo e vi chiedo - se vi è una strada a questo punto, magari breve, per porre rimedio alla drammatica situazione carceraria in Italia. Che cosa si può fare per superare le porte sprangate che separano il carcere dal cosiddetto mondo civile?". E commenta, amaramente, anche il fatto che neppure l'impegno di papa Woytila sia servito a trovare un rimedio. E ora - sostiene - "Dopo cinque anni di governo berlusconiano siamo tutti un po' meno liberi di prima. E anche molto più confusi. Grazie a un'opposizione di sinistra molto occupata a fare le pulci a Berlusconi e a denunciarne le manovre legislative pro domo sua; ma blanda e titubante, invece, nell'opporsi all'introduzione di inasprimenti penali a carico dei soggetti più deboli e di leggi restrittive delle libertà individuali. Dove si andrà a finire assecondando questo senso d'insicurezza, di paura espresso da molta parte dell'opinione pubblica nei confronti dei migranti che occupano le aree della marginalità, che è certamente comprensibile ma non può essere alimentato vigliaccamente da quelle compagini politiche che soffiano sul fuoco del razzismo e della xenofobia per puro calcolo elettorale e a poco a poco, ma velocemente, trasformato in incitamento all'odio e alla violenza?", si chiede Bompressi. Un elemento di riflessione ulteriore: "Oltre il 63 per cento della popolazione carceraria italiana è tuttora costretta, all'inizio del XXI secolo, a lavarsi con l'acqua gelida".