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Nuoro: abusi sui detenuti, rinviati a giudizio undici agenti
Fonte: Il Manifesto, 14 marzo 2006
14 marzo 2006

"Mettiti in ginocchio, prega la Madonna e bacia la bandiera italiana". Tanto sarebbe stato costretto a fare un detenuto maghrebino di fede musulmana, Boulaame Moustapha, detenuto nella colonia penale di Mamone, in provincia di Nuoro, da una guardia carceraria, Piero Sulas. Sulas è stato rinviato a giudizio dalla procura della Repubblica di Nuoro per violenza privata, "con l'aggravante - si legge nell'ordinanza firmata dai magistrati - della minore difesa, essendo la persona offesa detenuta e non in grado di difendersi in alcun modo".

L'episodio è stato riferito ai giudici nuoresi durante gli interrogatori seguiti all'avvio di un'inchiesta su una serie di furti avvenuti nel carcere barbaricino e commessi, secondo i magistrati, dalle stesse guardie. Un'inchiesta durante la quale sono poi emersi anche soprusi sui reclusi, violenze psicologiche, minacce e persino spedizioni punitive. L'episodio più grave è quello denunciato da Boulaame Moustapha. Ma il campionario degli abusi, stando ai verbali della polizia e agli interrogatori resi dai detenuti ai magistrati, sarebbe molto più ampio. Ad esempio, i magistrati contestano un altro episodio molto grave avvenuto nel maggio del 2002: "Due agenti hanno detto a un gruppo di detenuti: Noi qui siamo come una mafia. A Mamone comandiamo noi e voi dovete solo ubbidire". E ancora: due reclusi nordafricani, Rajovaoui Khalid e Gharbi Mansour, hanno dichiarato ai giudici che nell'ottobre del 2002 sono stati picchiati da un gruppo di agenti. Uno dei due maghrebini sarebbe stato punito a forza di botte soltanto per aver bussato alla porta della cella per richiamare l'attenzione della guardia. Nell'ordinanza di rinvio a giudizio si legge anche che un'altra guardia è addirittura arrivata a "minacciare di morte alcuni detenuti, dicendo loro che sarebbe stato facile farli sparire, denunciando poi una falsa evasione". Accuse pesanti, quelle quali il processo dovrà fare chiarezza. L'udienza preliminare è stata fissata per il 15 di giugno. Sono dieci le guardie carcerarie rinviate a giudizio insieme con Piero Sulas. La colonia penale di Mamone, a nord di Nuoro, in una zona montuosa e isolata, è una struttura carceraria aperta, dove i detenuti durante la giornata si dedicano ad attività economiche varie - agricoltura e pastorizia soprattutto - e poi la sera tornano in cella. La percentuale di extracomunitari è molto alta. La maggior parte di loro finiscono in prigione per piccoli traffici di droga.

Il carcere di Mamone è entrato nel mirino della magistratura nuorese il 22 ottobre del 2002, quando due guardie furono denunciate per furto dopo essere state pescate con le mani nel sacco. Furono bloccate da alcuni loro colleghi all'uscita della colonia penale mentre tentavano di portare fuori, nascosti in auto, formaggio, legna da ardere, mele, agrumi, castagne e ortaggi prodotti dai detenuti e normalmente venduti sui mercati sardi. Le due guardie furono arrestate. In un secondo tempo l'indagine avviata dalla magistratura nuorese portò alla luce altri episodi simili. Il titolare dell'inchiesta, il sostituto procuratore Maria Grazie Genoese, ipotizzò l'esistenza a Mamone di una vera e propria banda specializzata nel furto di prodotti stoccati nei magazzini del carcere. Durante le indagini i giudici hanno sentito anche i detenuti. Ed è così che sono venuti fuori gli episodi di violenza e gli abusi, tra i quali quello più grave: il nordafricano di fede musulmana costretto ad inginocchiarsi, a recitare una preghiera alla Madonna e poi a baciare il tricolore. Episodio particolarmente odioso perché alla violenza e all'umiliazione su un detenuto inerme si aggiunge l'offesa ai sentimenti religiosi di Boulaame Moustapha.

Ieri, dopo che è stata resa nota l'ordinanza di rinvio a giudizio, gli avvocati difensori delle dieci guardie carcerarie hanno diffuso una dichiarazione in cui respingono tutte le accuse, che sarebbero pure e semplici invenzioni dei detenuti. I magistrati nuoresi sono di tutt'altro avviso.