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Ilaria Cucchi: «Un anno senza mio fratello Stefano»

Un bambino di otto anni e una bambina di due giocano sul divano. La tv è accesa. Su una mensola, c'è una foto di famiglia: un ragazzo e una ragazza (sono fratello e sorella) in cucina di fronte ad un tavolo. Sorridono. Mostrano all'obiettivo una torta di cioccolato. Il volto del ragazzo lo conosciamo bene, perché le immagini della sua faccia massacrata e tumefatta erano state pubblicate solo un anno fa da tutti i giornali, per volontà della famiglia. Stefano Cucchi moriva il 22 ottobre del 2009 al Sandro Pertini dopo sei giorni di calvario. Aveva trentun anni. Brutalmente picchiato dagli agenti della polizia penitenziaria nei sotterranei del Tribunale di Roma, la sua storia ci racconta una storia di violenza mortale tutta interna alla legge, ma ben altre sono le narrazioni ufficiali. In questa foto di vita, è con la sorella Ilaria, la madre dei due bambini che ora giocano nel salone della casa della nonna, a Tor Pignattara. "Quella torta era il nostro regalo per i nostri genitori alla festa di San Valentino del 2003". Siamo andati a trovare Ilaria (che oggi ha trentasei anni) il 7 ottobre. Qualche ora prima, accadevano due fatti importanti: era appena uscito un libro pubblicato da Rizzoli, Vorrei dirti che non eri solo (Storia di Stefano mio fratello), scritto assieme a Giovanni Bianconi. In copertina, c'è la foto della torta. Nello stesso giorno, la famiglia Cucchi, costituitasi parte civile assieme al Comune di Roma, chiedeva che fosse disposta una nuova perizia. L'attuale parla, clamorosamente, di lesioni leggere. Secondo il rapporto inviato alla Procura dai consulenti, Stefano sarebbe morto per malnutrizione e carenze assistenziali in ambito terapeutico. E non a causa del pestaggio di chi lo aveva in custodia. Sarebbe quasi come dire che il ragazzo è morto suicida. Se questa fosse la sentenza finale, dovremmo essere spietati con noi stessi e ammettere che Stefano Cucchi non "si è suicidato", ma come (scrisse Artaud di Van Gogh ) "è stato suicidato", e non da se stesso, ma dalla società. Ma come è successo? E perché si è compiuto questo doppio sacrificio umano (la morte di un uomo e la morte della verità)? E siamo sicuri che questa faccenda non ci riguarda tutti?

Ilaria, che storia è quella di Stefano suo fratello?

Non ho voluto farne un eroe. Ho voluto dire quello che era Stefano, quello che eravamo insieme. Ci siamo visti tante volte con Giovanni Bianconi, fin dalla primavera, e dalle nostre conversazioni è nato il libro. Il desiderio più forte era quello di contrappormi a tutte le cose false che sono state dette.

Due ragazzi di ventinove e venticinque anni che preparano una torta per il San Valentino dei propri genitori non è una cosa che si vede spesso, nelle famiglie italiane.

Noi siamo sempre stati uniti, e questa è la nostra forza. Siamo cresciuti con un forte senso delle istituzioni e con il rispetto dei valori legati alla famiglia. Per questo siamo ancora qui a capire e lottare.

I risultati della prima perizia sono sconvolgenti....

Dopo aver riesumato la salma e aver proceduto all'autopsia, il professor Albarello ha consegnato alla Procura una perizia secondo la quale si sarebbe trattato di lesioni lievi. Dal momento che i nostri periti attribuiscono invece a quelle fratture la causa delle morte di Stefano, abbiamo chiesto una nuova perizia. Secondo loro, mio fratello sarebbe morto per la negligenza dei medici. Ma mi devono ancora spiegare perché è arrivato al Pertini. Se non fosse stato picchiato non sarebbe stato necessario quel ricovero.

Quando ha visto Stefano l'ultima volta?

Due giorni prima del suo arresto. Con mio fratello mi vedevo tutti i giorni, anche se nell'ultimo anno si era affittato un appartamentino a Morena. In realtà ci andava solo a dormire. La maggior parte del tempo la passava qui, a casa di mia madre. E lavorava nello studio di geometra di mio padre, che è al primo piano di questo palazzo.

Anche lei è geometra, come suo padre e suo fratello?

No, io lavoro con mio padre ma mi occupo di amministrazione di condomini. Mio fratello aveva un carattere molto socievole, quindi si occupava di relazioni fuori dall'ufficio. Non amava stare dietro una scrivania.

Che rapporto aveva Stefano con i suoi figli?

Molto bello. Si rimproverava di non aver vissuto i primi anni di mio figlio Valerio, perché dal 2004 al 2007 era stato nella comunità di Don Picchi.

Non litigavate mai?

No. Più che altro mi prendeva in giro. Diceva che sono una bacchettona. Ed è vero.

Ci sono diverse icone religiose in questa casa. Lei è credente?

Siamo tutti credenti e praticanti. La vicinanza del nostro parroco ci ha aiutato molto, così come anche la presa di posizione del vescovo.

Anche Stefano era religioso?

Si, anche lui. Aveva fatto parte degli scout della nostra parrocchia. Ultimamente, dopo l'esperienza della comunità, si era riavvicinato alla chiesa. Aveva ricominciato ad andare a messa tutte le mattine. Poche ore prima di morire mio fratello aveva chiesto una Bibbia. Questa immagine mi dà sollievo perché so che se ne è andato con il conforto di Dio.

Stefano veniva arrestato la sera del 15 ottobre dell'anno scorso (perché era stato trovato in possesso di 20 grammi di hashish e 2 grammi di cocaina: un quantitativo di droga ad uso personale). Come è possibile che si muoia oggi per una cosa così: è questa la domanda scabrosa, insormontabile.

Già, me lo chiedo tutti i giorni. Il problema è che Stefano è stato arrestato assieme ad un suo amico che dichiarò che si riforniva abitualmente da lui. Poi quel suo amico ci confessò che l'aveva dichiarato per paura, che non era vero niente.

Nel corso di un incontro pubblico, Pannella ha dichiarato, parlando proprio a lei: "Stefano era molto meglio di quanto temevamo che fosse". Si riferiva al fatto che chiese un avvocato, che lottò per i suoi diritti, che si comportò fino all'ultimo momento con senso di giustizia e dignità. Cito testualmente: "Ogni volta che, invece di rischiare la vita, rischiamo la morte, diamo un contributo alla violenza. Viviamo nell'illusione che il sacrificio possa essere salvifico, invece non lo è. Il fatto che Stefano avesse lottato per la vita, che avesse reagito di fronte al Palazzo di Giustizia, me l'ha reso più conosciuto".

Sì, ha colpito anche me il modo in cui Pannella ha riletto i comportamenti di mio fratello. Vede, quando con i miei genitori sono entrati nella casa di Morena, molti giorni dopo la morte di Stefano, è stato tremendo. Scoprire che in casa sua c'era della droga....Noi non sapevamo che ci fosse ricaduto. Mi rimprovero ancora per questo: per non avere capito. Eppure dei segnali c'erano. Mio fratello mi stava chiedendo aiuto ed io non avevo capito. Certo che era migliore di quello che noi tutti potessimo immaginare. Tutti i testimoni raccontano, fra l'altro, che lui si comportò con grande rispetto e gentilezza nei confronti dei carabinieri. Non si agitò mai. Lottò per la sua vita, ma con la giusta misura. Chiede un avvocato, cercò di parlare con mio marito.

Questa non è la storia di un ragazzo che vuole morire.

No, è servito ad altri diffondere quest'immagine. Il sacrificio altrimenti sarebbe stato incompleto.

Di sicuro lei se lo è chiesto per tutti questi dodici mesi: cosa può scattare nella mente di un uomo o di più uomini per rendere possibile tutta questa violenza, l'accanimento mortale su un individuo più debole?

Il problema è proprio nel rapporto tra un forte e un debole. In quel momento mio fratello era debole Era più debole, come lo sono i tossicodipendenti, o gli extracomunitari... Se ci fosse stata lei (o io) al suo posto, non credo che si sarebbero comportati allo stesso modo.

Quale è il pensiero per lei più insopportabile?

Immaginare tutte le persone che in quei sei giorni hanno avuto a che fare con lui, in Tribunale e in ospedale. L'hanno visto in quelle condizioni e si sono voltati dall'altra parte. Se solo uno di loro avesse avuto un comportamento umano, Stefano sarebbe ancora vivo.

Non c'è proprio nessuno che si è comportato con umanità?

Per la verità ce n'è uno, si chiama Rolando Degli Angioli. E' il primo dottore che l'ha visitato a Regina Coeli. Sostenne che in quelle condizioni non poteva stare in carcere e chiamò un'ambulanza, che però, inspiegabilmente, arrivò dopo 5 ore. In quella persona probabilmente riconobbe incontrò un uomo che era stato capace di guardarlo e di non girare il volto dall'altra parte.

Immagino che lei abbia dovuto patteggiare con la sua naturale timidezza per trovare la forza di esporsi pubblicamente.

Credo di aver scoperto in me una forza che ignoravo di avere. E' la forza che probabilmente ritrovano in se stesse tutte le persone che si trovano ad affrontare cose di questo tipo. Ti viene dalla rabbia, e dal bisogno di sapere. Ti porta a rendere pubbliche cose che nel tuo intimo vorresti tenere private.

Ha provato rabbia anche nei confronti di suo fratello?

Certo. Io ce l'avevo con lui perché era caduto nella droga. Solo col tempo, ho cominciato a capire che è una specie di malattia, che va affrontata con amore e non con l'emarginazione. La rabbia col tempo si è affievolita ed è uscita fuori la tenerezza nei confronti di chi, come mio fratello, ha avuto il torto di essere stato più debole.

Si è mai sentita in colpa per essere stata, tra i due, la sorella più forte, quella che ce l'ha fatta?

Si, qualche volta. Stefano anche fisicamente era più debole, più gracile....Tra i due, era quello più in difficoltà, ma la colpa non è di nessuno. I miei genitori ci hanno amati dello stesso amore.

Cosa ha pensato al momento del suo arresto?

Ero furiosa. Non pensavo che ci fosse ricaduto. Ma poi la preoccupazione per quello che poteva accadergli ha avuto il sopravvento. Ho tirato un respiro di sollievo quando ho saputo che era stata trasferito in ospedale, ma dopo ho scoperto che non era così. Era molto peggio. Se fosse rimasto al Fatebenefratelli, forse si sarebbe salvato. Invece nella struttura detentiva del Sandro Pertini, Stefano è stato posto in isolamento.

Ci ricorda perché è stato spostato dal Fatebenefratelli al Sandro Pertini?

Perché uno dei medici aveva scritto un certificato falso in cui si parlava di nutrizione discreta e buona salute.

Avete mai avuto dubbi in merito al pubblicare le foto del suo corpo torturato a morte?

Non ne abbiamo avuti. Se non avessimo deciso di pubblicare quelle foto in cui si vede chiaramente cosa era successo a Stefano, la sua morte sarebbe stata definita naturale.

Lei aveva idea di cosa fosse il carcere in Italia?

Assolutamente no. Ti deve capitare una tragedia così per capirlo....Recentemente, sono stata nel carcere di Padova con l'associazione Ristretti Orizzonti. Dopo avere vissuto quello che ho vissuto e aver visto quello che ho visto, mi sono convinta che bisogna lavorare al recupero di queste persone e non all'annientamento degli esseri umani. Perché questo è il carcere oggi. Un posto che ti uccide una seconda volta. Un altro impegno che mi sono presa è rispetto all'associazione che stiamo formando con Haidi Giuliani, Lucia Uva e Patrizia Aldrovanti, formata dai familiari delle vittime delle forze dell'ordine.

Come ricorderete Stefano in questi giorni?

La notte tra il 15 e il 16 ottobre faremo una fiaccolata che partirà da piazza Don Bosco per arrivare alle 23.30 nel punto esatto in cui Stefano è stato arrestato, lì dove è iniziato il suo calvario. Mentre per il 22 ottobre stiamo organizzando una festa con i comitati di quartiere. Vorrei che dominasse un senso di vita, e non di morte. Si ascolterà la musica di Renato Zero, che Stefano amava follemente.

Quale immagine vorrebbe che si trattenesse nella mente dei lettori dopo la lettura della "Storia di Stefano, mio fratello"?

Ho sentito parlare di anoressia. Ho sentito parlare di sieropositività. Ho sentito parlare di un ragazzo che cercava la morte. Ecco, Stefano era l'esatto contrario. Era una persona allegra, che ispirava fiducia in tutti. Era altruista. Mi telefonava tutti i giorni anche per solo per sapere se stavo bene, se avevo bisogno di qualcosa, se doveva accompagnare i bambini da qualche parte o fare delle commissioni per me. Ecco, questo era mio fratello.