Rete Invibili - Logo
Cucchi; arrivano i primi indagati, l'accusa è omicidio
Fonte: Ansa, 10 novembre 2009
10 novembre 2009

Avvocato famiglia: c'è testimone, è un detenuto


"Dalle informazioni che abbiamo, confermo la presenza di un testimone del pestaggio di Stefano Cucchi nella cella di sicurezza del Palazzo di Giustizia a Roma. Si tratta di un detenuto". Così l'avvocato della famiglia Cucchi Fabio Anselmo. L'avvocato ha precisato di attendersi come imminente l'istanza di riesumazione del cadavere per svolgere una nuova autopsia. Su cosa abbia visto il testimone l'avvocato non si sbilancia. "Sappiamo cosa ha visto il testimone, chi sono le persone coinvolte. Ma in questo momento non possiamo dire di più".


Verso riesumazione cadavere, on-line documentazione sanitaria


Arrivano i primi indagati per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta nell'ospedale Sandro Pertini, a Roma, sei giorni dopo l'arresto per possesso di droga. Gli indagati, accusati di omicidio preterintenzionale, dovrebbero essere carabinieri, agenti di polizia penitenziaria e detenuti. In tutto sei persone, che si sarebbero trovate in contatto con Stefano Cucchi nelle camere di sicurezza del Tribunale di Roma. In quel lasso di tempo e spazio dove sarebbe stato isolato l'attimo dell'aggressione: dopo l'udienza che aveva deciso di lasciare in carcere Stefano e prima del suo trasferimento in cella. Tra gli indagati per ora non comparirebbero medici. E oggi approda on-line tutta la documentazione clinica relativa alla vicenda del geometra di 31 anni. Una documentazione dalla quale si evince che Stefano non collaborava col personale sanitario e rifiutava i trattamenti.

Non solo: per fare luce la salma di Cucchi sarà probabilmente riesumata per consentire il completamento degli esami disposti. Sul cadavere del geometra è già stata fatta l'autopsia. E dai primi esami degli esami clinici e della documentazione autoptica compiuti dai medici legali incaricati dalla procura la tipologia delle lesioni riscontrate sul detenuto sono compatibili sia con un evento accidentale, come potrebbe essere una caduta, sia con le percosse.

Al momento dunque non sarebbero coinvolti nelle indagini dei pm Vincenzo Barba e Francesca Loy il personale medico dell'ospedale, nei confronti dei quali, se emergessero responsabilità a livello di negligenze, si procederebbe per omicidio colposo. Per i legali della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo e Dario Piccioni "si tratta di uno sviluppo particolarmente significativo e rilevante della delicata indagine in corso".

Intanto è stata pubblicata on-line tutta la documentazione clinica a partire dal referto del medico del 118 delle 5.30 del 16 ottobre, fino ai diari sanitari del reparto detentivo del Pertini e al certificato di morte del 22 ottobre. Dalla relazione fatta il 21 ottobre scorso dall'ospedale Sandro Pertini emerge che Cucchi presentava "condizioni generali molto scadute" e aveva "un atteggiamento oppositivo, per nulla collaborante e di fatto rifiuta ogni indagine anche non invasiva". Nella relazione si legge, inoltre, che Cucchi "ha affermato di rifiutare anche di alimentarsi, accettando di bere liquidi e assumere la terapia orale, finché non parlerà con il suo avvocato".

Dalla documentazione "emerge come una moltitudine di operatori della polizia giudiziaria, del personale amministrativo e delle strutture sanitarie, abbiano assistito, inerti quando non complici, al declino fisico di Stefano Cucchi e fino alla morte", spiega il presidente di A Buon Diritto, Luigi Manconi.


Bufera su Giovanardi dopo dichiarazioni


Intanto, sulle frasi di Giovanardi ("Cucchi era in carcere perché spacciatore abituale; la verità verrà fuori: è morto soprattutto perché pesava 42 chili") sono piovute critiche da sinistra, destra e centro e una valanga di contestazioni su Facebook. "Quando in politica, come nella vita", attacca Lorenzo Cesa, segretario Udc, "manca ogni senso di umanità, si diventa barbari: oggi è Giovanardi il nuovo barbaro". E pensare, dice Antonio Di Pietro, segretario Idv, che Giovanardi ha le deleghe alle Politiche giovanili: si dimetta per manifesta incapacità. "È vergognoso", commenta Paolo Ferrero, segretario del Prc, "che chi si scandalizza per la sentenza sul crocifisso non abbia alcun rispetto per la vita umana".


Carabinieri e Polizia penitenziaria si rimpallano responsabilità


I magistrati vogliono far luce inoltre su possibili percosse antecedenti l'arrivo in tribunale e nei giorni scorsi hanno sentito i carabinieri. Rischiano di essere indagati pure loro. Un'inchiesta interna dell'Arma ha ricostruito il ruolo dei suoi uomini escludendo responsabilità. Ma gli avvocati della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo e Dario Piccioni, insistono: "Chiediamo accertamenti a tutto campo: Stefano si presentò in tribunale già con il volto segnato".

"Escludo che ci siano responsabilità di qualche collega", dice Daniele Nicastrini, segretario regionale della Uil penitenziari, "e non sono arrivati avvisi di garanzia. Qualcuno è stato convocato dai pm ma Cucchi era già in condizioni critiche prima che lo prendessimo in consegna".


Sospetti di manomissioni sulla cartella clinica


"E adesso - scrive il Corriere della Sera - spuntano alcune correzioni sospette nei diari clinici del Sandro Pertini e di Regina Coeli. Sono rettifiche che suscitano più di un dubbio in Procura, anche se non si può affermare che risalgano ai giorni successivi alla morte di Stefano Cucchi. Due aggiunte, in particolare, sono balzate agli occhi degli avvocati Fabio Anselmo e Dario Piccioni, che assistono i familiari del geometra di 31 anni arrestato il 16 ottobre e morto il 22. Regina Coeli, 17 ottobre. Nel diario clinico si legge: "Il detenuto è giunto nel pomeriggio di ieri, quando sarebbe accidentalmente caduto dalle scale".

Poi, tra parentesi, la precisazione (in libertà), che secondo i legali potrebbe essere stata aggiunta in seguito. C'è poi il diario clinico compilato al Pertini il 18 ottobre. Alle note e alla firma di un medico seguono due righe molto strette, con una grafia diversa, che recitano: "Paziente non accessibile, rifiuta visita medica, si sollecita consulenza ortopedica". Questa visita risulta ripetuta due volte, il 19 e il 21 ottobre, nel diario clinico: in quello infermieristico, invece, la seconda manca.

Correzioni che rientrano nella normalità o manomissioni? È uno dei capitoli su cui la Procura, che si prepara a inviare i primi avvisi di garanzia, dovrà disporre verifiche. Nell'inchiesta infatti i dubbi sembrano ancora superare le certezze. Perché nessun medico ha mai ordinato per il detenuto una lastra alla testa? Perché al Fatebenefratelli è "saltata" l'ecografia addominale ordinata da Regina Coeli?

Tra i misteri, c'è pure il diniego di Cucchi ai medici di informare i familiari sulle sue condizioni di salute. Agli atti dell'inchiesta dei pm Vincenzo Barba e Francesca Loy ci sono due moduli. Nel primo, in­testato al Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) e datato 17 ottobre, il detenuto ha scritto due volte "no" e ha firmato per impedire ai sanitari del Pertini di riferire ai congiunti notizie sul suo stato. Nell'altro, dell'Asl Rm B, appaiono soltanto la data e il nome di Cucchi scritto a penna.

Nient'altro. A palazzo di giustizia la discrepanza non appare allarmante: probabilmente - si spiega - il secondo modulo è rimasto vuoto solo perché il giovane aveva già compilato quello del Dap. Però i pm vogliono disporre una perizia calligrafica, per stabilire se quell'unica firma è davvero di Cucchi. Tuttavia - si ragiona a piazzale Clodio - bisogna considerare che se qualcuno avesse voluto falsificare la sottoscrizione del geometra lo avrebbe fatto su entrambi i moduli. Mentre oggi il pm Barba interrogherà altri due detenuti che hanno avuto contatti con Cucchi (tra Regina Coeli e le camere di sicurezza dei carabinieri e del tribunale), la Digos indaga sugli scontri avvenuti durante la manifestazione a Tor Pignattara. Sabato pomeriggio, vicino alla casa del ragazzo, ci sono state due ore e mezza di guerriglia: cassonetti incendiati, bottiglie e sassi contro polizia e carabinieri, lancio di lacrimogeni, inseguimenti.

Ad attaccare, però, non sarebbero stati i giovani dei centri sociali o anarchici, come si era ipotizzato in un primo momento: nel mirino c'è invece un gruppo composto da una ventina di ragazzi del quartiere. Che la Digos conta di individuare attraverso i filmati registrati dalle telecamere delle banche e dei negozi".