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Vicenza: detenuto muore stordendosi col gas del fornellino
Fonte: Giornale di Vicenza, 14 aprile 2007
14 aprile 2007

Quando è stato dato l'allarme, l'altro pomeriggio intorno alle 16, il suo cuore ormai aveva smesso di battere. Carlo Maruzzo giaceva immobile nella sua cella al San Pio X con attorno gli agenti di polizia penitenziaria e i sanitari che cercavano di rianimarlo. Per l'uomo di Torri di Quartesolo che aveva 38 anni, e che si trovava in carcere dall'inizio di febbraio per detenzione di mezzo chilo di hashish, tutto si è purtroppo rivelato inutile. Il referto di morte parla di arresto cardiorespiratorio per probabile avvelenamento da gas. Attorno alla sua testa i soccorritori hanno trovato un sacchetto di plastica.

Il magistrato di turno Marco Peraro, anche su sollecitazione della famiglia e dell'avvocato Paolo Mele senior, che assisteva la vittima, ha ordinato l'autopsia. Si vuole comprendere se il decesso sia dipeso dallo stordimento che Maruzzo voleva provare come surrogato dello stupefacente oppure ha voluto togliersi la vita. L'indagine della polizia penitenziaria oscilla tra queste due ipotesi, senza per adesso privilegiare una delle due.

"Faccio fatica a pensare al suicidio - spiega addolorato l'avv. Mele -, per me è stato un incidente. Avevamo in programma una serie di attività difensive ed era molto partecipe. Non era depresso e stava lavorando su se stesso per guardare al futuro con determinazione".

La notizia della tragedia in breve ha fatto il giro del penitenziario e ieri è rimbalzata negli ambienti giudiziari. "Non voglio entrare nel merito dell'inchiesta - afferma Claudio Stella, presidente vicentino dell'associazione "Utopie Fattibili" che coopera nell'universo carcerario -, ma la droga del detenuto è rappresentata proprio dal gas dei fornelli usati per riscaldare le vivande e usato per provocare lo sballo. Conoscevo Maruzzo perché aveva lavorato per alcuni mesi nella nostra cooperativa. Non credo al fatto autolesionistico".

Carlo Maruzzo era stato preso dai carabinieri del reparto operativo di Vicenza assieme alla convivente ungherese Klotild Solymne. Nel corso del sopralluogo nel loro appartamento di Torri di Quartesolo erano stati sequestrati oltre a mezzo chilo di "fumo" anche 40 mila euro in contanti nascosti nella canna fumaria.

Non era la prima volta che Maruzzo rimaneva implicato in un'inchiesta per detenzione di droga al fine di spacciarla. Anche per questo, nonostante il quantitativo rinvenuto non fosse particolarmente elevato visto lo stupefacente in circolazione, si trovava in regime di detenzione perché l'indulto che aveva sanato una precedente condanna gli era stato revocato. La tragedia è avvenuta mentre una parte dei detenuti era all'aperto per l'ora d'aria. Maruzzo sarebbe rimasto da solo nella cella ed è avvenuto quello che per la famiglia è stato un incidente. Anche se spetterà all'inchiesta della procura stabilire che cos'è effettivamente successo.

"In questi casi conviene a molti ritenere che sia stato un suicidio - analizza Stella -, ma la realtà carceraria è molto più complessa. Partendo dal presupposto che non voglio entrare nell'ambito dell'inchiesta, notiamo in giro per il Paese che gli ambienti carcerari si stanno di nuovo deteriorando". L'avvocato Paolo Mele senior assieme al collega Alberto Pellizzari, su indicazione della camera penale vicentina, fa parte dell'osservatorio sul carcere voluto dagli avvocati del foro. "Una morte in carcere ci angoscia molto - aggiunge Stella, che da anni coopera come volontario nel mondo penitenziario - e non dovrebbe mai succedere.

Il carcere è una realtà dura, le autorità dovrebbero fare di tutto perché sia comunque a dimensione d'uomo. Lo sballo col gas delle bombolette dei fornelli per i tossicodipendenti è un fenomeno noto. Non dobbiamo dimenticare, se le parole hanno un significato, che la pena mira alla rieducazione in vista del reinserimento degli individui nella società. Noi crediamo che non sia un'utopia. Tragedie come quella di Maruzzo ci colpiscono e ci interrogano".