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Giustizia: Paolo, 22 anni, è morto in carcere da "invisibile"
Fonte: Il Manifesto, 29 marzo 2007
29 marzo 2007

Paolo aveva 22 anni ed era un rom. È spirato nel carcere di Regina Coeli. Sul corpo strane tumefazioni. Era "clandestino", nonostante fosse nato in Francia.
Sui giornali di sabato, un comunicato del garante dei Diritti delle Persone Private della Libertà del Comune di Roma, Gianfranco Spadaccia, riferiva così la morte di Paolo: "Un rumeno, detenuto nel carcere di Regina Coeli, è morto questa notte per cause imprecisate nell'ospedale Santo Spirito, dove era stato ricoverato con urgenza nell'estremo tentativo di salvarlo.
Il cittadino rumeno, tossicodipendente, era detenuto per rapina, aveva numerosi precedenti penali ed era sotto osservazione psichiatrica per aver incendiato in passato la propria cella. Si trovava per questo in una cella dove era sorvegliato a vista". La nota prosegue: "Il detenuto non aveva ingerito le medicine che il medico gli aveva prescritto e aveva rigettato il cibo consumato la sera precedente".
In tutto questo, l'unica cosa certa è che Paolo, a Regina Coeli, lo conoscevano bene. Vi aveva trascorso alcuni anni, scontando un cumulo di condanne relative a una serie di piccoli furti commessi da minorenne. Lo conoscevano a tal punto da affidargli il ruolo di cuoco, nella cucina del carcere.
E conoscevano perfettamente i suoi problemi di salute, visto che, durante la detenzione, era stato più volte operato per la grave patologia che lo affliggeva dalla nascita e che lo ha costretto a oltre 20 interventi chirurgici, per regolare la valvola e il catetere che collegavano il suo cervello ai reni.
Allo stesso modo, non era un mistero l'origine di Paolo. Il magistrato che ha disposto l'autopsia - a cadavere ancora caldo, con tanta tempestività da non dare modo ai familiari, stravolti e increduli, di nominare un perito di parte - scrive a chiare lettere che Paolo era nato in Francia, 26 anni fa. Tutta all'interno del recinto di Schengen, dunque, la breve esistenza di questo giovane rom, trasferitosi in Italia in tenera età e vissuto a Roma per 22 anni.
Messo in libertà l'estate scorsa, Paolo era stato ripreso dalla polizia con l'imputazione di non essersi allontanato dal territorio nazionale, ai sensi della Bossi-Fini. Per andare dove? La Jugoslavia, dove sono nati i genitori, non esiste più, e Paolo nei Balcani non ha mai messo piede. Scarcerato dal giudice, è stato nuovamente arrestato dieci giorni fa, con l'accusa di ricettazione.
Prima che la bara venisse chiusa, lunedì mattina i familiari e gli amici hanno potuto notare, sulla tempia destra di Paolo, un vistoso ematoma. Il pensiero è corso subito a quella valvola, a quel delicatissimo catetere, all'emorragia interna che lo ha probabilmente ucciso - e che difficilmente le pastiglie prescritte dal medico del carcere avrebbero potuto arrestare. E alle cause di tutto questo, anche perché i familiari affermano di non spiegarsi il labbro tumefatto, le escoriazioni alla mano sinistra...
Non tira una buona aria, a Roma, per i rom. Sono mesi che si succedono gli sgomberi nei campi, perfino in quelli attrezzati del Comune, con modalità analoghe a quelle praticate da Rutelli nell'anno del Giubileo, per le quali l'Italia incassò una sonora condanna dalla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo. E adesso la morte in carcere di un ragazzo presentato come "rapinatore rumeno affetto da "disturbi psichiatrici"" e seppellito in fretta e furia.