Sette mesi dopo la strage Borsellino, alcuni vertici delle istituzioni avevano fretta di revocare il carcere duro ai mafiosi. La questione fu affrontata addirittura durante un comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza. Fino ad oggi, mai nessuno l'ha ammesso.
Anzi, tutti i politici interrogati dai magistrati e della commissione antimafia continuano a ribadire che in quei mesi ci fu solo la linea della fermezza contro i boss.
Adesso, un documento li smentisce. È un "appunto" del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria: "numero 115077 del 6 marzo 1993", indirizzato al capo di gabinetto del ministro della Giustizia Giovanni Conso. La firma è dell'allora direttore Nicolò Amato. A leggere l'oggetto, in quei 75 fogli c'è solo routine: "Organizzazione e rapporti di lavoro".
E invece, a pagina 59, Amato apre un capitolo cruciale: "Revisione dei decreti ministeriali emanati a partire dal luglio '92, sulla base dell'articolo 41 bis". È il cuore del documento, rimasto per 17 anni negli archivi del ministero della Giustizia. Sabato, ho scritto sul mio giornale, Repubblica, un articolo che mostra per la prima volta quel documento.
È un documento destinato a riscrivere la storia di quei mesi ancora oscuri. In quella nota c'è un'indicazione precisa al Guardasigilli: "Appare giusto ed opportuno rinunciare ora all'uso di questi decreti". Due sono le strade suggerite: "Lasciarli in vigore fino alla scadenza senza rinnovarli, ovvero revocarli subito in blocco. Mi permetterei di esprimere una preferenza per la seconda soluzione". Amato spiega perché: "L'emanazione dei 41 bis era giustificata dalla necessità di dare alla criminalità mafiosa una risposta. Ma non vi è dubbio che la legge configura il ricorso a questi decreti come uno strumento eccezionale e temporaneo".
Dietro queste parole non c'è solo un'iniziativa del Dap. È Amato a scriverlo. "In sede di Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza, nella seduta del 12 febbraio, sono state espresse, particolarmente da parte del capo della polizia, riserve sulla eccessiva durezza di siffatto regime penitenziario. Ed anche recentemente - prosegue il direttore - da parte del ministero dell'Interno sono venute pressanti insistenze per la revoca dei decreti applicati agli istituti di Poggioreale e di Secondigliano".
Perché il capo della polizia Vincenzo Parisi e il Viminale allora retto da Nicola Mancino esprimevano quelle "riserve"? Pochi giorni fa, alla commissione parlamentare antimafia, Conso ha svelato che nel novembre '93 fu tolto il carcere duro a 140 mafiosi. Amato non era più al Dap da giugno. "Fu una mia scelta, non ci fu alcuna trattativa", ha ribadito Conso. Ma non ha convinto.