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intervento introduttivo all'Università di Firenze per ricordare il Magistrato Gabriele Chelazzi
Giovanna Maggiani Chelli (Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili)
16 aprile 2007

· · Ringrazio coloro i quali oggi, sono qui, insieme a noi, per ricordare il Magistrato Gabriele Chelazzi. Prima di lasciarvi ai loro interventi permettetemi qualche parola a nome dell'Associazione Tra i Familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.

· Abbiamo cercato di rendere il nostro intervento consono alla situazione, al contesto, al periodo che stiamo attraversando. Speriamo di far arrivare il nostro messaggio attraverso due tesi di Laurea da poco discusse.
Al Magistrato Gabriele Chelazzi, noi dedichiamo, giusto questa mattina, due tesi che hanno affrontato temi a lui cari: la legislazione antiterrorismo e le funzioni delle Associazioni a tutela delle vittime delle stragi e del terrorismo.
· Il nostro pensiero oltre che alla figura del Proc. Chelazzi si rivolge alla sua famiglia, alla Magistratura, alla Procura Nazionale Antimafia, all'Università, agli Studenti di Sinistra che da sempre ci supportano nel nostro fare, incondizionatamente: sono per noi Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili quella forza che ci consente di resistere anche quando i momenti sono più bui e la nostra gratitudine siamo certi sia ben riposta.
· Con questa presentazione vogliamo dimostrare che Gabriele Chelazzi seppe dare tanto attraverso il processo penale. Insieme al lavoro di tanti altri ha comminato quindici ergastoli al gotha di cosa nostra, dando ai nostri morti e ai nostri feriti tutta la giustizia possibile.
· Avrebbe fatto altro, ne siamo certi, ma la vita a volte travolge e gli altri devono imparare a fare a meno di noi, anche questo Gabriele Chelazzi ci ha insegnato, lo ha fatto apprezzando il nostro lavoro che incoraggiava, quando non eravamo ancora un Associazione e quando poi lo siamo diventati. Si era informato su come fossimo strutturati, più soggetti attivi in una stessa Associazione, con peculiarità veramente diverse, ma condivise che la scelta della carica di presidente fosse caduta su chi in famiglia aveva avuto il numero maggiore di morti. Voleva che il nostro lavoro fosse fattivo, che trovassimo la forza di combattere per una verità completa nella quale anche lui credeva e questo è ciò che è accaduto, come descrive molto bene Rossitto nella sua tesi: abbiamo provato a ridefinire le nostre emozioni e da queste abbiamo ricavato e ricaviamo ogni giorno linfa per il nostro impegno volto a ristabilire diritti di cittadinanza disattesi. Gabriele Chelazzi voleva anche un proseguo della memoria pieno; che le quattro città della stragi: Roma, Firenze, Palermo e Milano unissero gli sforzi in un impegno comune per far passare alla storia in modo giusto quei sette eventi di strage che hanno caratterizzato il 1992 - 1993 -1994. Nel modo giusto per l'importanza che quel segmento di storia inevitabilmente ha avuto per questo tragico Paese in fatto di stragi. "Sette fatti di strage - continuava a dire - in poco più di due anni". Per ora nessuno ha ancora raccolto il suo grido di allarme ma noi ci proveremo a completare quella che sembrava diventata una delle sue ragioni di vita, e di questo a noi un po' dispiace perché sovente ci sentiamo in colpa.
Quindi cercheremo di comprendere attraverso le istituzioni per ora latitanti cosa sono stati e che valore hanno assunto quei sette fatti di strage per questo Paese.
· Ebbene il nostro intervento oggi consiste nel leggervi una pagina e mezzo di questo libro "Il regime detentivo speciale di 41 bis" scritto da Sebastiano Ardita il direttore del DAP ed edito da Giuffrè Editore.
Mi scuseranno tutti coloro che lo hanno già letto, ma riteniamo sia il modo giusto per legare il ricordo di Gabriele Chelazzi alle tesi di laurea e al nostro problema attuale l'annullamento del 41 bis a Cosimo Lo Nigro e Salvatore Benigno e chissà a quanti altri dopo solo 14 anni dalla strage di via dei Georgofili.
Motivo per noi di grande rabbia.

· A pagina 267 del testo è riportata la relazione conclusiva della "Camera dei deputati Senato della Repubblica, commissione parlamentare antimafia. Inchiesta sull'applicazione della legge 279/2002 di riforma dell'art. 41 bis ordinamento penitenziario"
In questa relazione a pagina 280 è scritto:
· "La Commissione esprime forte preoccupazione per la possibilità che la gestione difettosa delle diverse opportunità concesse dalla nuova legge (socialità, numero di colloqui, di telefonate, ecc.) possa determinare, al di là della inadeguatezza di singole previsioni, un indebolimento dell'efficacia operativa del presidio del 41 bis.
Riguardo a questo aspetto, occorre innanzitutto fornire adeguato rilievo ai fenomeni che hanno accompagnato il periodo di discussione e di approvazione in Parlamento della legge 23 dicembre 2002, numero 279, con ciò facendo riferimento sia ai fenomeni di protesta, sia alla cessazione di tali proteste.
Di seguito, bisogna esplicitare le prescrizioni in cui si è sostanziata l'applicazione pratica della citata legge n. 279, al fine di comprendere se non risiedano proprio in esse i motivi della cessazione delle proteste dei detenuti.
Con tale finalità, non è inutile ricordare il proclama fatto il 12 Luglio 2002 da Leoluca Bagarella davanti ai giudici della Corte di Assise di Trapani ("parlo a nome di tutti i detenuti ristretti a L'Aquila sottoposti al regime del 41 bis, stanchi di essere strumentalizzati, umiliati, vessati e usati come merce di scambio...Siamo stati presi in giro...le promesse non sono state mantenute...intendiamo informare anche questa Corte che dal 1° Luglio abbiamo avviato una protesta civile e pacifica che comprende la riduzione dell'ora diaria e del vitto") o il messaggio - proclama - firmato nel 2002 da Cristoforo "Fifetto" Cannella, anch'egli ristretto con il regime dell'art. 41 bis, ma nel carcere di Novara ("dove sono gli avvocati delle regioni meridionali che hanno difeso molti degli imputati per mafia e che ora siedono negli scranni parlamentari e sono nei posti apicali di molte commissioni preposte a fare queste leggi?") o ancora gli altri tentativi di aprire una "trattativa" con lo Stato, tra i quali v'è stata la proposta di Aglieri per una soluzione morbida del regime di cui all'art. 41 bis .
Ne si possono dimenticare le proteste che nell'estate del 2002, quando si avvicinava il momento della decisione sul rinnovo del regime di detenzione e già si discuteva dell'opportunità di stabilizzare il sistema condussero circa 300 detenuti soggetti al regime del 41 bis in varie carceri (Spoleto, Novara, L'Aquila, Ascoli Piceno, Rebibbia, Viterbo ecc.), rifiutando il vitto dell'Amministrazione penitenziaria e riducendosi l'ora d'aria, o, ancora, lo striscione con la scritta "uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia", esposto da tifosi della squadra del Palermo allo stadio della favorita il 22 dicembre 2002, nel corso dell'incontro di calcio Palermo - Ascoli, tenuto conto che le successive indagini condotte dalla Questura di Palermo sul conto di Giuseppe Urso, cognato del boss Cosimo Vernengo, condannato all'ergastolo per la strage di via D'Amelio, hanno consentito di accertare che furono i boss di Brancaccio ad ordinare l'esposizione dello striscione.
Ed, inoltre, lo striscione esposto allo stadio il 12 Gennaio 2003 con cui i tifosi ultras del Bologna esprimevano solidarietà agli ultras del Palermo, con la scritta "per la libertà di espressione solidarietà agli ultras Palermitani".
Questo accadeva prima che venisse emanata la legge che, nel 2002, ha riordinato il regime dell'art. 41 bis.
Poi, è calato il silenzio, sono cessate le proteste violente ed eclatanti, non ci sono stati più proclami, ne tentativi di "trattativa".
Viene, anzi, da sottolineare la controversa questione, emersa anche nel corso della missione svolta a Trapani, relativa alle indagini condotte in ordine agli equivoci messaggi di congratulazioni che il boss mazzarese Mariano Agate, ristretto in regime di 41 bis, avrebbe inviato all'esterno del carcere all'indirizzo di coloro che avevano modificato la legge.
Ebbene, la Commissione non sa se tali messaggi fossero ironici come sostenuto dal Procuratore di Palermo, o di effettivo apprezzamento.
Resta il dato oggettivo rappresentato da un capo di Cosa Nostra come Mariano Agate che tiene sotto osservazione costante l'andamento della legge di modifica del 41 bis; tale dato non può non stimolare a porre in essere tutti gli approfondimenti necessari ad evitare di venire inopinatamente incontro alle aspirazioni dei mafiosi".

· Come avete potuto ascoltare queste due pagine rispecchiano chiaramente il fatto che noi abbiamo ragione.
Nel 2002 esisteva una norma per l'applicazione del 41 bis, rinnovabile di decreto in decreto che doveva essere stabilizzata. Mentre si apprestavano a farlo la mafia ha lanciato messaggi, l'hanno resa stabile e lo hanno fatto in modo da soddisfare le esigenze della mafia perché da quel momento la mafia ha taciuto e gli stragisti di Firenze e non solo loro, non sono più a 41 bis.
Noi non siamo come la commissione parlamentare istituita per l'applicazione della legge 297/2002, che come tutte le commissioni parlamentari non ha portato da nessuna parte anzi. La Commissione ha dubbi, noi dubbi non ne abbiamo. Attraverso i tribunali di sorveglianza sono stati fatti REGALI ALLA MAFIA, quindi chi deve fare faccia e faccia in fretta perché i mafiosi che hanno messo in atto la strage di Firenze affinché fosse abolito il 41 bis e per i quali il desiderio è stato esaudito, a 41 bis devono tornare quanto prima.

· Veniamo ora ai protagonisti di questa giornata.

Giovanna Maggiani Chelli
Vice Presidente Portavoce
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili