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La giustizia dopo i fatti del G8. Una riflessione lunga dieci anni
Gilberto Pagani (presidente Aed Avvocati europei democratici)
Fonte: Liberazione, 21 luglio 2011
21 luglio 2011

Torniamo a Genova dieci anni dopo il G8 del 2001 e tre settimane dopo la grande manifestazione della Valsusa. Non è la celebrazione di un decennale; ritrovarci qui è l'esito della riflessione che tutti stiamo compiendo da quando abbiamo lasciato Genova avendo negli occhi e nel cuore Carlo riverso sull'asfalto di piazza Alimonda e i ragazzi della Diaz uscire sanguinanti dalla macelleria messicana. Siamo tornati ai nostri affetti, alle nostre lotte, alla nostra vita, gravati da un peso dal quale ancora stentiamo a liberarci.
Per noi praticare l'avvocatura non è esercizio neutrale di tecnica giuridica, ma un impegno che si basa sui motivi profondi che spingono gli avvocati democratici a sostituire la toga con la pettorina del legal team e difendere i diritti ovunque. Genova è uno spartiacque. Decine di libri e video hanno approfondito tutti gli aspetti, soprattutto quello militare e quello giudiziario, di Genova 2001 ed uso volutamente il termine "militare" perchè parlare di ordine pubblico, allora come oggi, è riduttivo.
La piazza è stata gestita con modalità militari, con lo scopo di disarticolare i cortei, con attacchi mirati e violenti di reparti appositamente formati ed addestrati. Una serie di azioni scellerate e criminali hanno portato all'uccisione di Carlo.
In generale un'azione di annientamento, una strategia terroristica in senso tecnico, che mirava, con l'uso brutale della violenza, a infondere terrore in persone inermi e sgomento in chi lo vedeva in tv o lo sentiva alla radio, e pensava: "Meno male che non ci sono andato". Eliminazione perpetrata nel modo più infame nell'assalto e nel massacro della Diaz. Infine, le torture di Bolzaneto, con gli arrestati trattati da non-persone, che non sapevano se e quando sarebbero usciti da quel girone dantesco.
Molte cose si sono apprese nei processi; l'omertà, le falsità e le calunnie dei vertici della Polizia e le innumerevoli violenze sono emerse in totale evidenza. Molto meno si è saputo dei fatti per cui non sono stati tenuti processi, gli attacchi dei carabinieri in via Tolemaide, la morte di Carlo, il black bloc.
La mancata istituzione della Commissione Parlamentare è conseguente alla gestione bipartisan e alla comune volontà di nascondere la verità e di non punire i responsabili, ma, al contrario, di promuoverli, come in effetti è avvenuto da parte dei vari governi, mentre non sono stati ancora pagati i risarcimenti liquidati alle vittime nei processi di Bolzaneto.
Questi dieci anni sono iniziati a Genova (con il prologo di Napoli nel marzo) e vedono il loro sbocco nella militarizzazione della Valsusa, ma molte cose sono avvenute nel frattempo. La strage dell'11 settembre ha portato alla "Guerra Infinita" e a una legislazione d'emergenza globale incentrata sul "Patriot Act" degli Usa, che ha permesso Guantanamo (e i relativi orrori), legalizzato la tortura, diminuito o eliminato molte garanzie, fino all'omicidio di Bin Laden, avvenuto in spregio a tutti i principi basilari della legge, osannato da tutti i media del mondo come vittoria della civiltà.
Con la "Direttiva antiterrorismo" del 2002 e una serie di norme direttamente ispirate al concetto di "tolleranza zero" è iniziata una deriva securitaria che ha minato il sistema di garanzie che era o doveva essere alla base dei sistemi giuridici propri delle società occidentali nel dopoguerra. La perdita di diritti nei paesi europei ha avuto il principale impatto sui diritti sociali, in stretta connessione con l'azione dello stato che tende a rendere inoffensivi le persone ed i gruppi che ne contestano le basi sempre più ingiuste. Di questo parleremo nel convegno del 22 luglio (http://aed-eldhgenova2001.sytes.net), con particolare attenzione ai diritti politici.
Nelle aule di giustizia deve entrare la critica a un sistema che trasfonde nell'esercizio quotidiano del potere giudiziario quello viene definito "diritto penale del nemico", basato su di una giustizia a due facce. Da una parte la sostanziale impunità per chi commette reati all'interno e nel nome del potere; dall'altra la massima severità e la mancanza di garanzie nei confronti di persone e gruppi sociali che vengono perseguiti non per azioni che hanno commesso, ma per ciò che sono (migranti, rom, emarginati, disoccupati, abitanti della Valsusa, cittadini dell'Aquila... e via elencando). E' importante che questa riflessione non sia limitata agli avvocati, ma diventi confronto collettivo, dal quale possano scaturire proposte utili per tutto il movimento.