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L'Oas, l'Aginter press e l'evoluzione del neofascismo europeo
Saverio Ferrari
Fonte: Liberazione, 11 dicembre 2010
11 dicembre 2010

Quando il 22 maggio 1974 nel corso della cosiddetta "Rivoluzione dei garofani" in Portogallo, un reparto di fucilieri della Marina appartenenti al nuovo Governo fece irruzione in Rua des Pracas 13 a Lisbona, presso gli uffici dell'Aginter Press, si scoprì un enorme archivio con documenti e microfilm riguardanti ogni paese del mondo, un'officina per la fornitura di falsi documenti con visti e timbri dei principali paesi europei, un centro di reclutamento e addestramento di mercenari, nonché i nomi dei referenti di un'organizzazione fascista internazionale denominata Ordre et Tradition e del suo braccio militare Oaci (Organization d'action contre le communisme international). Nella rete dei corrispondenti internazionali, per l'Italia, figuravano anche i nomi di Pino Rauti, Guido Giannettini e Stefano Delle Chiaie.
Si erano messe le mani sulla più importante centrale internazionale eversiva allora esistente, nascosta dietro una finta agenzia di stampa, finanziata da ambienti d'estrema destra francesi, belgi, sudafricani e sudamericani, ma anche dal governo portoghese, oltre che da alcuni servizi segreti occidentali quali la Cia, la Dgs spagnola e il Kyp Greco.

Le internazionali nere
Un'unica organizzazione centralizzata a livello internazionale in grado di raggruppare le varie formazioni neofasciste e neonaziste, di fatto non è mai esistita. In questo senso non ha mai nemmeno visto la luce una Internazionale nera degna di questo nome, ma più coordinamenti succedutesi nel tempo dopo la fine del secondo conflitto mondiale. D'altro canto, fatta eccezione per l'Italia che già vedeva dalla fine del 1946 operare un partito neofascista, l'Msi, in grado di raccogliere fin da subito consensi elettorali, negli altri paesi europei proliferarono solo piccole organizzazioni di nostalgici, assai litigiose fra loro, incapaci di una reale incidenza politica.
Tentativi ve ne furono. Il primo, compiuto a Roma nel 1950, coinvolse anche lo stesso Msi e proseguì poi in Svezia. La cosiddetta Internazionale di Malmoe. Ebbe però vita assai effimera, scindendosi dopo solo pochi mesi in più tronconi.
Un secondo esperimento fu condotto nel contesto dei processi di decolonizzazione, in particolare in Africa, a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, che rimisero in moto l'estrema destra in paesi come la Francia e il Belgio, sostenuti e finanziati dall'Unione minière e dagli altri gruppi economici che vedevano minacciati i loro interessi nel continente africano.
E' questo il tempo di organizzazioni transnazionali come Jeune Europe, guidata dall'ex collaborazionista Jean Thiriart, impegnatosi in particolare ad appoggiare l'Oas (Organisation de l'armée secrète), la formazione terroristica nata per iniziativa di settori dell'esercito, dei coloni e dell'estrema destra francese al fine di contrastare l'indipendenza algerina. Sta di fatto che nei primi anni Sessanta si potevano contare ben cinque diverse internazionali: il Nuovo ordine europeo, la Jeune legion europeénne, l'Europeiska socialrorelsen, Jeune Europe e il Northen european ring. Una storia di fusioni e scissioni continue.

La difesa dell'Occidente
A partire dalla metà degli anni Sessanta le principali formazioni neofasciste europee subirono però rilevanti trasformazioni. Lo scontro fra Est ed Ovest, unito ai processi di decolonizzazione, favorì infatti al loro interno un evoluzione nella direzione dell'assunzione della "difesa dell'Occidente", minacciato dal comunismo e dai popoli afroasiatici, con relativo abbandono della tematica dell'Europa unita, antisovietica e antiamericana, proiezione postuma del progetto hitleriano. Una traiettoria che interessò l'Npd tedesco, il neofascismo greco, come Ordine nuovo in Italia.
Da queste premesse si determinarono tutti i successivi passi di avvicinamento fra estrema destra e strutture di sicurezza dei paesi occidentali, con la stessa Nato e più in generale con gli apparati militari e di polizia, emersi in particolare nel nostro Paese attraverso numerosissime testimonianze e riscontri. L'Italia, non va dimenticato, rappresentava il principale teatro dello scontro fra i blocchi, non solo per la sua posizione geostrategica, ma per la presenza del più forte partito comunista occidentale e del più organizzato movimento sindacale.
L'Oas, prima, e l'Aginter Press poi, giocarono un ruolo decisivo in questa evoluzione dell'estrema destra. L'Oas nei fatti rappresentò la prima vera internazionale dell'eversione di destra. E sarà proprio grazie alla collaborazione con essa, svolgendo tra l'altro traffici di armi in suo favore, che Ordine nuovo in Italia si doterà di un livello clandestino e si strutturerà per azioni terroristiche, anche fruendo del contributo di esperti provenienti d'oltralpe.
Solo a seguito della sconfitta dell'Oas prese corpo, grazie a un gruppo di reduci, soprattutto ex combattenti di Indocina e d'Algeria, messosi a disposizione della polizia segreta portoghese, la Pide, che l'Aginter Press attraverso Ordre e Tradition dette vita al più importante raggruppamento dell'estrema destra europea. Una continuazione del progetto iniziale, attraverso la costituzione di un'organizzazione fascista non in senso classico, ma di taglio cattolico-tradizionalista (il suo simbolo era una spada, con l'elsa a rievocare la Croce, quella dei Templari) che favorì l'incontro e la collaborazione fra l'anticomunismo bianco e le diverse Internazionali nere allora esistenti, in particolare con il Nuovo ordine europeo dello svizzero Gaston Amaudruz e Jeune Europe. Un ulteriore passaggio nell'evoluzione del neofascismo che entrò in quegli anni in relazione, conquistandosi un ruolo, con l'anticomunismo militante di ispirazione liberaldemocratica e cristiana, fautore dello scontro frontale con il blocco orientale. Si pensi nel 1967 all'intreccio fra le diverse organizzazioni anticomuniste internazionali, tipo Lega della Libertà, collegata alla Lega anticomunista mondiale, e i principali esponenti del neofascismo europeo.
La strategia della tensione non riguardò solo l'Italia e non si esaurì unicamente nelle vicende dello stragismo. Dietro le bombe si articolò un retroterra politico e teorico in cui i fascisti, fra anticomunismo bianco e i rapporti con i servizi segreti occidentali e le strutture parallele della Nato, furono sussunti nell'ambito di un processo di più ampio respiro, più complesso e pericoloso.
Una pagina ancora poco indagata.