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Passate col rosso

Di Roberto Tumminelli

Baldini Castoldi Dalai Editore

«Il sessantotto viene generalmente interpretato come un evento da trattare in blocco, senza nascita, senza sviluppo, un'entità che improvvisamente nasce, disturba e zac, ecco gli anni di piombo, il riflusso, la morte. Lasciando in eredità la sinistra antagonista. No, non è andata così.» È questo il cuore dell'interpretazione che l'autore - all'epoca stagista di Filosofia all'Università Statale di Milano ed esponente del Movimento studentesco - offre del mitico Sessantotto, un totem magari affascinante ma «incomprensibile» se non inteso quale culmine spettacolare di una mutazione sociale che occupa il ventennio 1957-1977.
Per restituirci l'autentica temperie di quell'epoca, per calarci nel magma emotivo degli eventi luttuosi, ricostruire la fisionomia di idee e persone, e i radicali cambiamenti di mentalità, Tumminelli sceglie la combinazione di tre livelli di scrittura che corrispondono alle tre parti in cui il libro si articola: un saggio storico-politico, la finzione letteraria dei racconti dell'autore, la testimonianza di tanti protagonisti.
Questa scrittura polimorfa consente a tipi diversi di lettori di accedere all'intimità di quegli anni, di percepirne l'ésprit, il quotidiano, la tragedia e il sorriso di chi li ha vissuti. «La mia interpretazione», scrive Tumminelli, «è più vicina alla forma irresponsabile della poetica che non a quella del racconto storico, e forse all'epica.»
L'aspirazione non è quella di fornire un'analisi storica puntuale e «oggettiva», o «condivisa». È lui stesso a confessarlo quando rifiuta la responsabilità di «essere uno storico» in questa circostanza. «Sono padre e figlio di quegli anni, allora ho iniziato la mia appassionata e dura militanza politica. Sono convinto di aver dato un contributo alla costruzione di quella "rivoluzione culturale" che ha tirato fuori il nostro Paese dal modello ottocentesco per proiettarlo in una moderna democrazia. La mia impostazione interpretativa è esplicitamente e totalmente di parte, quegli anni hanno cambiato la mentalità degli italiani, non meno della Resistenza e della nostra Costituzione.»