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Invecchiato ma criminale
Enrico Campofreda
13 giugno 2007

Girando per le strade di Roma può accadere che i vostri occhi incrocino quelli glaciali d'un vecchio. Non un vecchio qualsiasi, un criminale invecchiato. Erich Priebke, il capitano della Gestapo responsabile con Kappler dell'eccidio delle Ardeatine, ha ricevuto nei giorni scorsi dal Tribunale Militare Italiano l'ennesimo regalo: la possibilità di muoversi dall'abitazione nella quale stava scontando la condanna postuma all'ergastolo. Questo dopo essere già stato graziato dalla galera e posto agli arresti domiciliari. In molti hanno espresso preoccupazione perché Priebke potrebbe riproporre il giochino del suo camerata di sangue. Chi ha memoria di come beffò la Repubblica Italiana e il suo popolo il boia di Roma Herbert Kappler fuggendo - si disse nascosto in una valigia trasportata dalla moglie - dall'Ospedale Militare del Celio in un torrido Ferragosto di trent'anni or sono, s'aspetta che anche il suo ufficiale dei mesi del terrore nazista a Roma possa prendere il volo.

Un volo che nel dopoguerra Priebke aveva già intrapreso, destinazione l'Argentina peronista, aiutato da quella rete di contatti creati e gestiti da Krunoslav Draganovic, ecclesiastico e membro degli Ustascia di Ante Pavelic. Che, in diretto collegamento col Vaticano e la Cia, diede vita alle Ratlines con cui un'infinità di criminali nazisti e fascisti riuscirono a sfuggire ai Tribunali Internazionali per le atrocità perpetrate. Priebke fu fra questi e trascorse i suoi giorni a San Carlos de Bariloche aggirando anche le retate del Centro Wiesenthal e dei servizi israeliani. Allentata la guardia, dopo cinquant'anni gli fu fatale un'intervista concessa nel maggio 1994 a un giornalista della rete statunitense Abc, a seguito della quale il governo italiano chiese e ottenne nel 1995 la sua estradizione. Del processo che ripercorse le nefandezze di Priebke sappiamo, come conosciamo l'iniziale tentativo di far cadere in prescrizione le accuse.

L'intervento della Cassazione e le due condanne in Appello, l'ultima e definitiva all'ergastolo, riconsegnavano alla giustizia un assassino latitante da mezzo secolo. Poi l'aria revisionista che tanta politica ha trasversalmente introiettato ha riproposto pietisticamente il caso, parlando d'un vecchio alla fine dei suoi giorni. In questi ulteriori dodici anni vissuti in Italia, questo vecchio ha sempre con asprezza continuato a rivendicare il proprio passato sciagurato, giustificando le dirette responsabilità con l'alibi degli ordini superiori. Fra questi, che riguardavano le sanguinarie rappresaglie per cui "dieci cittadini italiani venivano uccisi per ogni soldato tedesco caduto", non c'era di certo l'allargamento della lista dei condannati a morte che alle Ardeatine passarono da 330 a 335. L'altro boia, Hernest Kappler, al processo parlò di errore contabile, mostrando più che l'errore l'orrore con cui si poteva constatare come i nazisti considerassero gli uomini semplici numeri. E a milioni li sterminarono nei campi.

Questa vita sciagurata ha decretatato per Priebke l'impossibilità di ricevere alcuna pietà. E ciò che i parenti dei martiri delle Ardeatine chiedevano al suo processo è che non venisse infangata la memoria del sacrificio dei propri cari riabilitando con una normale esistenza un assassino che aveva già goduto d'un lunghissimo periodo d'impunità. La giustizia nei suoi confronti non ha assunto alcuna forma di vendetta ma ora il nazista non può ripercorrere le strade della città che ha sottoposto a un lutto inestinguibile. Quando si prospettava l'ipotesi di suoi arresti domiciliari - peraltro concessi - scrivevamo che avrebbe dovuto finire i suoi giorni osservando quotidianamente il luogo della memoria dei martiri e della sua scelleratezza. Con gli occhi di ghiaccio puntati sulle fiammelle che ardono in quel sepolcro collettivo che è il Mausoleo delle Ardeatine. Per ricordare eternamente la mai rinnegata indole assassina di quell'ideologia che tuttora gli obnubila qualsiasi umanità.

Enrico Campofreda, 13 giugno 2007