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giorno della memoria: si puo' parlare anche di stragi italiane?
Francesco "baro" Barilli
24 gennaio 2007

Fin dal suo discorso di insediamento, il Presidente Napolitano ha parlato della necessità di recuperare una "memoria condivisa" per gli italiani. Anche la sua recente visita alla stazione Centrale di Milano, da cui partì il convoglio dei deportati destinati allo sterminio di Auschwitz e Birkenau, segna un percorso di coerenza, in questo senso. Dunque, parlare di "un'altra" memoria mentre ci apprestiamo a ricordare l'Olocauso nazista non deve sembrare paradossale.
Recuperare una memoria condivisa per un popolo come il nostro non è però cosa semplice. Siamo gente che ha con la propria storia un atteggiamento ambiguo: ci accostiamo ad essa "furbescamente", autoassolvendoci e giocando con dimenticanze e revisioni di comodo. La visita di Napolitano alla stazione di Milano è un passo corretto contro questo malvezzo italiano, perché troppo spesso le nostre responsabilità nell'Olocausto vengono omesse o sminuite, ma anche la nostra storia recente è vittima di distrazioni e omissioni che la rendono più nebulosa di quanto non sia già, e soprattutto troppo incerta rispetto alla doverosa esigenza di trasmetterla in modo onesto alle future generazioni.
Nel luglio 2005 furono resi noti i risultati di un'indagine che Censis, Associazione 2 agosto 1980, Cedost e Landis condussero congiuntamente sugli studenti dell'ultimo triennio delle scuole superiori di Bologna e provincia. Secondo il 21,7% degli interpellati, la strage di Bologna fu opera delle BR; il 6,3% la addebita agli anarchici. Solo il 22,2% riconosce al terrorismo nero la responsabilità della strage, mentre il 34% non sa o non risponde. Per certi aspetti è ancora più inquietante il risultato circa la conoscenza dell'esistenza a Bologna di un'Associazione dei familiari delle vittime di quella strage: il 47,8% degli studenti non ne ha mai sentito parlare. Tutto questo nonostante la strage alla stazione del 2 agosto 1980 sia il più sanguinoso fatto terroristico mai avvenuto in Italia dal dopoguerra ad oggi, e nonostante l'associazione dei familiari a Bologna sia molto attiva e non si sia mai stancata di denunciare la matrice fascista di quella strage e l'oscuro comportamento di apparati dello Stato che ostacolarono l'accertamento della verità.

Spesso le responsabilità per questa mancanza di memoria sono attribuite alla magistratura. Ferme restando le sicure responsabilità dell'apparato giudiziario, questa valutazione mi sembra una semplificazione inaccettabile, che si iscrive perfettamente nell'atteggiamento "furbetto" e di comodo di noi italiani verso la nostra storia. Certo, è importante sottolineare che, relativamente alle stragi italiane, sul lavoro dei magistrati esistono molte zone d'ombra, ma non è possibile allineare una ricerca storica ai soli effetti giudiziari. Si dice che le sentenze vanno rispettate. Verissimo, ma non per questo si deve assegnare ad esse valenze che non hanno, perché il giudizio della Storia "va oltre" le sentenze e spesso evita di convalidarle. Processualmente, Mussolini non ebbe responsabilità nella morte di Matteotti, e Sacco e Vanzetti erano colpevoli: le risultanze processuali a volte indicano alla Storia che è bene orientarsi in direzione contraria. Oltretutto, dobbiamo ricordare che se vogliamo attribuire un giudizio storico a un dato fatto partendo da una sentenza è bene spingerci a osservarla nella sua interezza e nel quadro complessivo in cui si inserisce, senza fermarci al solo pronunciamento di colpevolezza o innocenza.
Già su Liberazione del 12 gennaio ho rilevato che l'assoluzione dei generali Bartolucci e Ferri nel processo su Ustica non smantellava quanto già accertato anche in sede giudiziaria, grazie al lavoro del dottor Rosario Priore, sull'abbattimento del DC9, né giustificava gli strali revisionisti frettolosamente accreditati da molti giornali. Ma esistono altri casi analoghi in cui si è cercato di forzare l'interpretazione di una sentenza attribuendole significati estranei.
Nel febbraio 2005 abbiamo registrato la terza assoluzione per la strage alla Questura di Milano del 17 maggio 1973 (dopo Carlo Maria Maggi e Francesco Neami è stato assolto Giorgio Boffelli). In quell'occasione il parlamentare di AN Enzo Fragalà ha dichiarato (fonte: ANSA): "Cade l'ultimo frammento inventato da una certa sinistra giudiziaria per depistare, mistificare, attribuire alla destra la stagione delle stragi, da piazza Fontana a piazza della Loggia alla strage della Questura di Milano, tutti delitti che avevano, fin dal primo momento, moventi, autori e strategie marcatamente di sinistra". Tutto questo nonostante le sentenze (sia per Piazza Fontana, sia per la Questura di Milano) lascino in realtà confermato il quadro complessivo in cui maturarono le stragi e le responsabilità della destra eversiva. In particolare, su Piazza Fontana anche il pronunciamento della Corte di Cassazione del maggio 2005, da più parti venduto come un'assoluzione tout court dei neofascisti, si guarda bene dal mettere in discussione un impianto storico consolidato, che attribuisce proprio a questi ultimi la strage, pur non riuscendo ad individuare responsabilità personali.
Come ha potuto dunque l'on. Fragalà asserire che si tratta "di delitti che avevano moventi, autori, strategie marcatamente di sinistra"? Lo ha potuto fare perché da troppo tempo sulla stagione delle stragi si è cercato di delegare ogni risposta alle sole responsabilità penali accertate. Risultando carente questa ricerca, è facile il gioco di chi vuole intorbidire le acque della storia, usando come unità di misura della verità il solo metro delle risultanze processuali.
Ma se è comprensibile, per quanto esecrabile, l'atteggiamento di chi è interessato a ridiscutere la verità storica su Piazza Fontana, magari per ripulire un passato storico ambiguo e passare poi dalla cassa elettorale a ritirare il tornaconto, meno comprensibile è l'atteggiamento di chi nei media non combatte con sufficiente forza queste distorsioni, avallando inconsapevolmente le enormi zone d'ombra ancora gravanti sulle stragi italiane alla sola magistratura. Quest'ultima, è bene sottolinearlo ancora, ha pesanti responsabilità, ma se gli studenti italiani hanno idee confuse su quella stagione, come precedentemente riportato sul caso Bologna, non lo si deve certo ad indiscutibili errori e omissioni dei giudici.

Da qualche tempo è stata avanzata l'interessantissima proposta di istituire il "Giorno della Memoria del terrorismo" nel 12 dicembre di ogni anno, anniversario della strage di Piazza Fontana di Milano, per ricordare le vittime delle stragi di tale matrice. Augurandomi che a tale proposta venga dato tutto l'appoggio che merita, non mi sembra stravagante approfittare della circostanza offerta da questi giorni, in cui ci prepariamo a celebrare la giornata del 27 gennaio, per ricordare l'esigenza sottolineata dal Presidente Napolitano di difendere la memoria collettiva, affermando che essa, più che difesa, va ancora costruita. E questo anche su fatti più recenti dell'Olocausto, ancora più a rischio di tentativi di distorsioni e revisioni.

Francesco "baro" Barilli