Rete Invibili - Logo
«Veltroni, basta con l'equidistanza». La mamma di Renato sfilerà a Villa Ada
Dopo il raid contro la Banda Bassotti all'Estate romana, un appello al sindaco di Roma perché prenda posizione. Domani il corteo antifascista nel quartiere nero e oggi un sit-in di solidarietà con gli spettatori denunciati
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)
6 luglio 2007

Quello che succede in città la preoccupa molto perché i fatti di Villa Ada, in fondo a una scia irrefrenabile di aggressioni razziste, antisemite, omofobe e fasciste, somiglia troppo a quello che è capitato a suo figlio nemmeno un anno fa, mentre usciva da una festa reggae sulla spiaggia di Focene e fu raggiunto dalle coltellate di due ragazzi più giovani di lui. Stessa età degli squadristi di Villa Ada. «Figli della stessa cultura, soprattutto», dice Stefania Zuccari, costretta a prendere la parola da allora. Perché non succeda più. Perché quello che le è accaduto è indescrivibile ma lei prova ugualmente a descriverlo. E parla con altre madri come lei, le mamme di Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Dax, ad esempio. E insieme hanno scoperto di essere stanche di tornare a piangere di fronte alle lapidi che ricordano i figli ammazzati dalla "violenza". A loro, però, va stretta la generica condanna della violenza. Sulla pelle sua, Stefania ha imparato che la violenza ha una matrice precisa e, dalla poca ombra di Piazza dell'Esquilino a mezzogiorno, ripete una denuncia - «la violenza è fascista» - e un appello a Veltroni, il sindaco di Roma: «Smettila con l'equidistanza, prendi una posizione precisa». Solo così sarà possibile far convivere verità e giustizia.
Stefania ieri era al sit-in confinato dalla polizia sul retro di S.Maria Maggiore per paura che fosse troppo vicino alle finestre del Viminale. Un'iniziativa che è servita a comunicare alla città il calendario di iniziative nato dall'appello delle quattro madri e che in poche ore ha raccolto centinaia di firme di partiti (dal Prc allo Sdi), sindacati di base e confederali, associazioni - dall'Arci, titolare dell'iniziativa dell'Estate romana oggetto del raid, fino ad Action) e singoli, soggetti nazionali e locali, parlamentari e amministratori locali. Domani ci sarà dunque un corteo - da Villa Ada a piazza S.Emerenziana e ritorno - nello stesso quartiere in cui è stato concepito ed eseguito il raid. Quartiere Salario, a nordest del centro. Luogo di insediamenti storici della destra estrema. E stamattina, sotto il tribunale di Roma, si terrà un primo sit-in mentre in un'aula di giustizia quattro spettatori di quella notte a Villa Ada saranno processati per direttissima per gli stessi reati che dovrebbero inseguire gli aggressori. Due di loro hanno l'obbligo di firma dal giorno dopo l'aggressione a dispetto di testimonianze ripetute nelle radio di movimento sul contegno del personale delle forze dell'ordine quella notte. Le sentinelle della caserma dei carabinieri del battaglione Lazio, sotto la quale è transitata una parte del manipolo di arditi, non avrebbero visto nulla. Le gazzelle sarebbero arrivate 40 minuti dopo l'allarme e, una volta giunti a Villa Ada, alcuni dei militari si sarebbero distinti per gli epiteti offensivi agli spettatori aggrediti. Tipo: «Così ti impari ad andare ai concerti dei comunisti (la Banda Bassotti è una celebre band di combat-rock, ndr)». Per chi ha preso male la beffa ci sarebbe stato il danno del fermo e del processo. La scena descritta sopra è stata confermata da una giovanissima addetta a uno degli stand dell'Estate romana. Non solo ha sentito le ingiurie ma ha assistito alla reazione di un carabiniere nei confronti del collega che offendeva gli spettatori. Il ministro Amato rispondendo a un'interrogazione alla Camera del segretario Prc Smeriglio, che ha fatto suoi i dubbi dei testimoni, assicura che le indagini «proseguono con efficacia» e non esclude «che arrivino risultati adeguati». Ma rilancia, il ministro degli Interni, la tesi dell'«inattesa ostilità» di alcuni spettatori contro le gazzelle dei carabinieri. Intanto i fascisti non avrebbero smesso di fare la ronda in quello che reputano loro territorio dopo anni di tolleranza e di equidistanza da parte delle autorità cittadine. Per questo, prima del sit-in, un gruppo di antifascisti ha occupato simbolicamente la sede dell'assessorato capitolino a Sicurezza e politiche giovanili. La recente assegnazione di uno spazio comunale nella periferia ovest a un gruppo estremista, il Foro 753, viene ritenuta un tassello di quella costruzione di zone franche da cui partono le aggressioni di cui Roma, medaglia d'oro della Resistenza, è ormai capitale. Anche l'equiparazione tra centri sociali di destra e di sinistra viene accolta con sdegno: «i centri sociali sono presìdi di democrazia e antifascismo». «Fascisti e antifascisti non possono essere messi sullo stesso piano», dice anche Nando Simeone, vicepresidente del consiglio provinciale, presente al sit-in con il deputato Prc Caruso e Raffaella Bolini dell'Arci. Replica l'assessore Touadì che «manifestare pacificamente contro un'aggressione dichiaratamente fascista è un diritto ed è utile alla città». La Ram, rete antifascista metropolitana, incassa però, spiega che è «solo l'inizio di un percorso».