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Al via il processo per il delitto di Focene
Fonte: Liberazione, 6 maggio 2007
6 maggio 2007

Quando domattina si aprirà a Civitavecchia l'udienza preliminare per l'omicidio volontario di Renato Biagetti saranno passati 253 giorni dall'alba del 27 agosto quando due ragazzotti di Focene - uno poco meno che diciottenne, l'altro poco più che diciottenne - accoltellarono un ventiseienne romano che usciva da una festa reggae sulla spiaggia di Focene, dalle parti di Fiumicino.
Chi uccise Renato è sceso da una macchina grigia con il coltello in mano. Poche parole per attaccare briga: «Perché non ve ne tornate a Roma?». E poi l'aggressione al giovane romano e al suo amico. Sotto gli occhi della ragazza di Renato che era andata a prendere la macchina parcheggiata.
Renato morirà al Grassi di Ostia, noto alle cronache per casi di malasanità. La perizia medica scoprirà otto coltellate sul corpo di Renato, solo due non avrebbero colpito un punto vitale. L'arma, un serramanico di 9 centimetri ritrovato pochi giorni dopo nel corso di un'indagine spacciata per inchiesta-lampo ma che a guardarla meglio rivela che sono state impiegate ben 48 ore per trovare i due responsabili dell'aggressione, nonostante le testimonianze precise sull'automobile e sul difetto fisico di uno dei due arrestati che abita proprio di fronte alla spiaggia del delitto. E che è il figlio di un carabiniere impiegato proprio nel nucleo che ha condotto l'indagine "lampo". Tutto ciò mentre la grande stampa si spolmonava ad accreditare la tesi di una rissa tra balordi ignorando i segnali precisi di un delitto maturato nel brodo di coltura delle sottoculture fascistoidi, intolleranti e violente. Segnali che, al contrario, sono stati immediatamente colti dalla famiglia e dagli amici di Renato, ingegnere per laurea e, per lavoro, precario nel mondo della musica, frequentatore abituale e attivo dell'Acrobax, laboratorio autogestito occupato nell'ex cinodromo di Ponte Marconi, a Roma. Il delitto di Focene si inserisce nell'escalation di aggressioni a migranti, gay e centri sociali su cui gli amici di Renato e il tessuto antifascista romano hanno realizzato un dossier circostanziato, primo atto di lavoro vasto di cui si fanno carico un'associazione, "I sogni di Renato", e un blog, "veritaperrenato.noblogs.org.
Da allora non è giunto alla madre e al fratello di Renato nemmeno un segnale di coroglio, né pubblico, né privato, dalle famiglie dei due imputati. Un silenzio che nelle udienze al tribunale dei minori s'è trasformato in gesti ostili e irrispettosi nei confronti della parte lesa ad opera di amici e familiari dei due, il più piccolo dei quali è già ai domiciliari nella sua casa di Focene. E' in questo clima che si apre il processo al più grande degli aggressori, il figlio del carabiniere, arrestato con un biglietto aereo in tasca. Destinazione: un paese straniero senza l'estradizione con l'Italia. E' accusato di omicidio volontario in concorso, di essere uscito di casa con un coltello e di lesioni gravi, non di tentato omiciio come ha chiesto la parte civile, all'amico di Renato. I suoi difensori puntano al rito abbreviato ossia allo sconto di un terzo della pena evitando un pubblico dibattimento, senza testimoni e l'impiccio di nuove prove. Evidente il riverbero sul capitolo della stessa vicenda aperto al tribunale dei minori. Modalità queste che hanno indignato la famiglia Biagetti e i compagni di Renato già turbati dal conflitto di interessi delle indagini condotte dai carabinieri colleghi del padre di un imputato. E, ancora più grave, dal fatto che ancora non risultano agli atti le ultime parole di Renato rilasciate al Grassi proprio a quei militari. «Nonostante tutto non crediamo che l'accanimento giudiziario possa compensare il vuoto per la morte di Renato - scrivono amici e familiari di Biagetti - ma non riteniamo che il recupero sociale possa realizzarsi negli stesi luoghi da dove è scaturita tanta violenza».