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IL MALDESTRO TENTATIVO DI GIULIO ANDREOTTI DI RIACCREDITARE LA "PISTA VALPREDA"
DALLE CARTE PROCESSUALI LA VERITA' SU PIAZZA FONTANA
Saverio Ferrari (Redazione Osservatorio Democratico - 29/04/2005)

Se per certi aspetti il Senatore a vita Giulio Andreotti, tirato in ballo dall'ex-Procuratore della Repubblica di Milano Gerardo D'Ambrosio, nella sua intervista di ieri al Corriere della Sera riguardo la verità sulla strage di Piazza Fontana ("Non fu strage di Stato. E resta il giallo Valpreda"), potrebbe avere molte ragioni a sostenere che "dovrebbero essere i magistrati a scoprire la verità", è altrettanto indiscutibile che cercare di passare come una figura assolutamente priva di qualsiasi responsabilità, quasi un osservatore ininfluente in quegli anni tragici, suscita ilarità.

Giulio Andreotti fu ininterrottamente, per ben sette anni, sotto i diversi governi dell'epoca, Ministro della Difesa. Per la precisione dal febbraio del 1959 al febbraio del 1966. Nell'Esercito, sotto la sua gestione, furono, nei primissimi anni '60, promossi i cosiddetti "corsi di ardimento", un pericoloso tentativo di ideologizzare i soldati di leva all'insegna del più rozzo anticomunismo, denunciati all'epoca dalle sinistre, anche con battaglie parlamentari. Non solo, da lui dipesero i servizi segreti militari, il SIFAR prima ed il SID poi, proprio negli anni in cui il generale Giovanni De Lorenzo minacciava, nell'estate del 1964, un colpo di Stato, e in questi stessi organismi si reclutavano schiere di neofascisti ed intere filiere di vecchi arnesi della Repubblica Sociale Italiana. Ne fanno fede ormai moltissime testimonianze ed atti documentali, per altro recuperati proprio negli archivi degli stessi servizi, a testimonianza di uno slittamento fuori dalla legalità costituzionale di interi scomparti dello Stato. Altro che "singoli casi" di infedeltà!

Lo stesso famoso convegno all'Hotel Parco dei Principi a Roma, dal 3 al 5 maggio 1965, in cui neofascisti ed esponenti militari misero a punto tempi e modalità per l'imminente "strategia della tensione", fu promosso da un'associazione, l'istituto Alberto Pollio, legata proprio allo Stato Maggiore della Difesa.

Tutto si potrà dire delle indagini e dei processi ancora in corso, riguardo le stragi che insanguinarono l'Italia dal 1969 al 1974, ma un fatto è stato incontrovertibilmente acclarato da tutti i magistrati, sia inquirenti che giudicanti. Quelle stragi furono materialmente commesse dai gruppi terroristici della destra neofascista, Ordine Nuovo in primis, il gruppo neonazista fondato nel lontano 1956 da Pino Rauti, armato e finanziato dagli apparati di sicurezza italiani ed americani. Dalle carte processuali, proprio dell'ultimo processo per la strage di Piazza Fontana, è emerso un lunghissimo elenco di agenti del SID, dell'Ufficio Affari Riservati e delle basi NATO, al contempo dirigenti di Ordine Nuovo, soprattutto nel Veneto, contrassegnati ciascuno dal proprio nome in codice: "fonte Mambo", fonte "Turco", fonte "Tritone", e via dicendo. Ovviamente anche Pino Rauti, sempre ieri, ha avuto modo di dichiarare di non aver mai saputo mai nulla di tutto ciò. Nulla di più scontato. Un'ultima considerazione su Pietro Valpreda, che Giulio Andreotti riaccredita, a tanti anni di distanza, come possibile colpevole, rivalutando nientemeno che la testimonianza del tassista Cornelio Rolandi, rilasciata pochi giorni dopo la strage. Ci provò anche Bettino Craxi, alla fine degli anni '80, a sostenere la stessa tesi, accusando anche Giuseppe Pinelli. Si prese una denuncia e fu costretto a risarcire. Valpreda e gli anarchici erano infatti stati, proprio in sede giudiziaria, già completamente scagionati.

In questi giorni l'ipotesi di una nuova "pista anarchica" viene rilanciata dall'On. Fragalà di Alleanza Nazionale, avvocato difensore di Giancarlo Rognoni, uno degli attuali imputati per le bombe del 12 dicembre del 1969, che di stragi comunque se ne intende, data la sua condanna definitiva per aver tentato, sempre come esponente di Ordine Nuovo, il 7 aprile del 1973 di far esplodere il treno Torino-Roma. Ora è la volta di Giulio Andreotti. Varrebbe solo la pena di ricordare a tanti smemorati che a Rolandi "fu fatto riconoscere" Pietro Valpreda in fotografia, come lui stesso ebbe a sostenere, e che successivamente ritenne addirittura di individuare nelle fattezze di un notissimo fascista, Nino Sottosanti, un Valpreda, forse solo un po' "ritoccato".

In tempi di revisionismo storico, ormai non solo riguardante il fascismo e la Lotta di Liberazione, ma gli ultimi decenni della storia repubblicana, nulla forse può più meravigliare. Dice però anche dell'affanno nell'allontanare da sé il peso della propria storia. Questo certamente è il caso di Andreotti.