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G8, ultimo atto: cinque no global in carcere. La Cassazione attenua solo in parte il verdetto. Restano le accuse di devastazione
Massimo Calandri
Fonte: Repubblica Genova
14 luglio 2012

ERANO almeno cinquecento, i Black Bloc. Preceduti da un'inquietante banda di tamburini, e venivano quasi tutti dall'estero. Ma a pagare - almeno per ora - sono solo in cinque. Italiani. La pagano cara, perché sono condanne che quasi pare che abbiano ammazzato qualcuno, anzi: forse per un omicidio la condanna sarebbe stata inferiore. Invece quelli se l'erano presa solo con le cose, e in questo processo non si è mai visto un solo certificato medico. Nei prossimi giorni dal tribunale del capoluogo ligure dovrebbe partire l'ordine di carcerazione, entro la fine della settimana i cinque (Francesco Puglisi, Vincenzo Vecchi, Marina Cugnaschi, Alberto Funaro, Ines Morasca) saranno in prigione.
Raffaella Multedo, che difendeva i due imputati forse più coinvolti nei movimenti antagonisti dell'epoca - Vecchi e Cugnaschi: 12 anni e 6 mesi per lui, 11 e 6 per lei - parla di una «sentenza che tutto sommato ha cercato di ridimensionare le cose, distinguendo ancora una volta tra più o meno cattivi». In principio gli imputati erano 25 e le condanne 24, poi scese a 10. Cinque finiranno in galera, e allora ne restano altri cinque, la cui posizione dovrà essere riesaminata dalla Corte d'Appello di Genova. «A questo punto, lasciatemi dire che le indagini per identificare i Black Bloc di Genova sono state un fallimento. C'erano ventimila appartenenti alle forze dell'ordine, gli scontri sono stati filmati e fotografati in tutti i modi, da mesi le polizie di tutto il mondo indagavano e si scambiavano informazioni. E il risultato sono cinque condanne in tutto?». Il ragionamento non fa una grinza. Raffaella Multedo non lo dice, ma è rimasta sorpresa dal lieve sconto di pena per i suoi imputati, scagionati dall'accusa di lancio di bottiglie incendiarie. E per gli altri cinque rinvii in appello. «Pensavamo che la sentenza, sentito anche l'intervento del procuratore generale, sarebbe stata ancora più dura».
Roberto Lamma, avvocato spezzino che per undici anni ha assistito tre imputati - Antonino Valguarnera, Carlo Arculeo, Luca Finotti -, aveva preferito farsi da parte nell'ultimo giudizio, cedendo il posto al collega Alessandro Gamberini. E però ieri ha voluto comunque venire a Roma, perché - confessa - si è affezionato a quei ragazzi e alla loro storia. «Sono sempre stati innocenti, la loro unica colpa era stata quella di aver rubato una Vespa e di aver seguito gli scontri. Le precedenti condanne (8 anni di reclusione per ciascuno) mi avevano veramente frustrato, era una vera ingiustizia». Adesso invece è probabile che Valguarnera e Arculeo non facciano un solo giorno dietro le sbarre, grazie ad attenuanti, indulto e affidamento ai servizi sociali. «Sono felice per loro, perché alla fine è stata accolta la mia eccezione, quella che prendeva in considerazione "di aver agito sotto la suggestione di una folla in tumulto" ».
Laura Tartarini, un altro legale genovese protagonista del processo, scuote invece la testa. «Una sentenza assurda, fuori dal tempo. Devastazione e saccheggio: per questioni di ordine pubblico è stato applicato il concetto del codice Rocco, e le condanne sono di conseguenza abnormi. Ci ritroviamo con un ragazzo che dovrà trascorrere 14 anni in galera senza aver fatto del male a nessuno. Ha danneggiato degli istituti di credito e degli autosaloni, risarciti a tempo di record dalle assicurazioni: e invece sconta la pena di un omicida. Undici anni fa a Genova i problemi di ordine pubblico hanno riguardato anche quelli che dovevano tutelarlo, non solo i manifestanti. Ma per fatti ancora più gravi nessuno di loro andrà in prigione».

Giuliani: "Applicato il Codice Rocco"

«HO sempre sostenuto che le condanne comminate in appello per quei 10 ragazzi erano aberranti. Adesso voglio capire se è caduta l'accusa di associazione finalizzata alla devastazione e saccheggio». Così Giuliano Giuliani, padre di Carlo ucciso a Genova durante il G8 del 2001, ha commentato la decisione della Cassazione. «Hanno caricato su un manipolo di ragazzi la responsabilità totale di quello che successe allora - dice - e il computo delle pene fu addirittura più alto di quelle comminate per i massacri della Diaz. La cosa che mi preoccupa è l'accusa di associazione: una norma del codice Rocco recuperato in un'aula di tribunale dell'Italia democratica per giustificare una cosa assurda». Nel frattempo il comitato per la campagna '10x100' ha consegnato l'appello con trentamila firme di personalità della cultura e dello spettacolo - tra i quali Dario Fo e Franca Rame, Margherita Hack e Erri De Luca - con cui chiede l'annullamento delle condanne dei no global.