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G8, i pm: mattanza legittima. E lo Stato diventa Leviatano
Anubi D'Avossa Lussurgiu
10 ottobre 2007

Dopo l'archiviazione dell'indagine sull'omicidio di Carlo Giulian adesso provvedono i pubblici ministeri del processo a 25 manifestanti contro il G8 di Genova del luglio 2001 a contrapporre la storia dei potenti alla viva verità di quell'esperienza: fissata come un tornante nella globalizzazione e nella crisi della politica, in Italia anzitutto.
La verità viva racconta e chiede conto di una condotta di guerra applicata alla "tutela dell'ordine pubblico". Ammetterlo, per pubblici ministeri impegnati nel sostenere le accuse di "devastazione e saccheggio" contro un pugno di quella moltitudine di manifestanti, avrebbe probabilmente significato riconoscere loro l'esercizio di una "legittima difesa", esercitata come si poteva. Negarlo, come ha fatto ieri il pm Andrea Canciani, si rivela il solo modo di sostenere l'accusa, quella sì devastante.
Ma negare quel nucleo di verità finisce per negare verità al diritto. Si è ascoltato il magistrato dire che non si può parlare di «caccia all'uomo» perché «se la carica ci doveva essere, quali modalità diverse avrebbero potuto essere adottate?». Svanendo, così, ogni vincolo di proporzione dell'uso della forza "legittima".
Di più. Non importa che il corteo dei disobbedienti del pomeriggio di quel 20 luglio, peraltro autorizzato, sia stato gasato e caricato ben prima della sua meta comunicata: conta che «mentre il corteo delle tute bianche si spostava in via Tolemaide fino al momento della carica dei carabineri, in tutta la città c'era una situazione di guerriglia urbana». Dunque, chiosa il pm, «credo che il diritto a manifestare sia fondamentale, ma mi chiedo se sarebbe stato uno scandalo dire che quel corteo, in quella situazione, non doveva proseguire». A costo di operare il fermo di tutti i manifestanti agguantabili. Verrebbe da chiedere al dottor Canciani se ha mai sentito parlare di "habeas corpus", se non di abuso d'ufficio (e di potere). O di democrazia.
Noi che abbiamo visto Genova, che c'eravamo, che eravamo in via Tolemaide, avevamo avuto in verità la sensazione di trovarci di fronte al Leviatano, nella sua nuda ferocia. E, perciò, abbiamo resistito. Ieri un rappresentate dello Stato, che ci accusa, ci ha confermato che sì, questo è stato. Ed è, e sarà. Vorrà dire che, tutte e tutti, non abbiamo altra certezza: dobbiamo imparare a resistere, più a lungo, per tutte e tutti.