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Una Commissione per sapere
Giuliano Giuliani
Fonte: L'Unità (http://www.unita.it)
21 luglio 2006

Cinque anni dopo, ieri. In piazza Alimonda. Alle 17 e 27. Nelle edicole un dvd con le immagini, fotografie e filmati che mostrano quello che è davvero accaduto.

Chi lo ha guardato rivede nella piazza le scene, le sequenze, valuta le distanze, ricostruisce i fatti: come sono avvenuti e non come hanno inventato.

Una emozione in più. Una sorpresa, una conferma.

Guardiamoli allora, ancora una volta, i fatti.

Un contingente di circa cento carabinieri, che poco prima aveva trattato un manifestante «catturato» in pieno stile Abu Grahib, si produce in un attacco insensato al corteo che in via Tolemaide, dove è regolarmente autorizzato, è sottoposto da oltre due ore a cariche ingiustificate. È un attacco di fianco, con chiusura delle vie di fuga. Fuori da ogni regola, quindi. L'attacco viene giustificato dai responsabili di piazza sulla base di una plateale menzogna. Sostengono che c'erano nella piazza centinaia di manifestanti aggressivi e minacciosi. Le immagini mostrano soltanto un anziano in pantaloni corti e ciabatte, non particolarmente aggressivo. Tutto fa pensare alla costruzione di una trappola. Infatti, dopo meno di un minuto, il contingente si ritira precipitosamente, scappa, invitando così alcune decine di manifestanti (e non le centinaia o migliaia che dicono) a rincorrerli. Due defender proseguono a marcia indietro, i carabinieri a piedi sono più veloci, li sorpassano. Poi, in una manovra incomprensibile, i due defender si ostacolano e uno di essi si appoggia a un cassonetto per l'immondizia rovesciato e lì da alcune ore. Un manifestante corre verso il defender, raccoglie da terra un estintore (uno dei due che gli stessi carabinieri portano in piazza) e lo lancia da circa tre metri verso il defender. La pistola è già impugnata. L'estintore picchia sul bordo superiore del finestrino (d'altra parte la suola dello scarpone è sufficiente a renderlo inoffensivo) e rotola distante, a oltre quattro metri. Carlo è giunto nei pressi del defender, sul lato destro, totalmente fuori della visuale dello sparatore, che arma la pistola e ripete più volte «vi ammazzo tutti». Vede per terra l'estintore, si china a raccoglierlo guardando in alto davanti a sé perché vuole disarmare lo sparatore. È a quasi quattro metri dal defender. Partono due colpi in rapida successione, il primo colpisce Carlo poco sotto l'occhio sinistro. Colpo diretto, mirato, ad altezza d'uomo. I consulenti inventano il colpo per aria deviato da un calcinaccio. Ma è un imbroglio. Il dvd mostra l'ingrandimento del filmato durante gli spari. La pistola è orizzontale. Chi spara? Un giovane ausiliario non dovrebbe usare proiettili speciali o truccati (la deviazione del calcinaccio con conseguente scamiciatura del proiettile viene adottata per cercare di giustificare l'incompatibilità di foro d'entrata e d'uscita con un calibro 9 parabellum). E poi, in quanti sono su quel defender? E dopo, quale carabiniere spacca la fronte di Carlo morente con una pietrata? Atto infame che una inqualificabile scena cinematografica ideata sul momento cerca di attribuire a un manifestante («lo hai ucciso tu, col tuo sasso...»).

Ecco a che cosa serve un processo. A tradurre in sentenza l'evidenza delle testimonianze inequivocabili. Non ci arrendiamo alla mediocrità di un'archiviazione, continueremo a chiedere un dibattimento nel quale affrontare tutti i falsi e tutte le contraddizioni.

E le responsabilità politiche? Le responsabilità della catena di comando? Una recente trasmissione televisiva (sembra incredibile che sia apparsa in RAI, forse un segno di tempi nuovi) ha mostrato le incongruenze operative dei reparti dei carabinieri nella giornata di venerdì 20 luglio, la autonomia delle decisioni, spesso in aperto contrasto con le indicazioni delle centrali operative. Perché? Perché il protagonismo violento di reparti mobili della polizia e della guardia di finanza nella giornata di sabato, e poi la mattanza alla Diaz, e poi le torture a Bolzaneto? Che cosa è stato deciso nella notte di venerdì, dopo l'assassinio di Carlo?

Ecco a che cosa serve una commissione parlamentare d'inchiesta. Ho letto che Luciano Violante non è d'accordo. Meglio, non è più d'accordo. Infatti due anni fa, durante un dibattito alla Festa nazionale dell'Unità (si era riusciti a convincere gli organizzatori a rinunciare ad offendere Genova con l'invito di Scajola), si disse favorevole. Mi auguro davvero che ricambi nuovamente opinione. Mi permetto di ricordare che il 20 luglio 2002, quando venne in piazza Alimonda, non riuscimmo ad arginare i fischi, ma Violante riconobbe che quando si sbaglia (si riferiva al ritiro della partecipazione alla manifestazione del sabato) c'è sempre qualcuno che ce lo ricorda. Non vorrei proprio che la storia si ripetesse, questa volta in forma di farsa come ci insegnano i classici. La richiesta della commissione è nel programma dell'Unione, scritta in termini chiari ed inequivocabili. Sarebbe davvero maldestro pretendere coerenze su aspetti che possono prestarsi e interpretazioni meno univoche.

Le persone che ricordano, le persone che affollano piazza Alimonda non hanno dubbi. La verità non serve a Carlo, serve al Paese, come abbiamo detto tante volte. Non stanchiamoci di pretenderla.