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Cari giornalisti, troppo occupati a dare i numeri, ecco cosa vi siete persi a Genova
Quest'anno volevamo qualcosa di più e di meglio per parlare con i giovani
Haidi Gaggio Giuliani (Senatrice Prc-Se)
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)
24 luglio 2007

Alla fine perfino il manifesto ha dato i numeri. No, che cosa avete capito? I numeri: quante persone erano al Carlini, quante in corteo e in piazza?Nei giorni precedenti, mentre i giornali locali titolavano "Tornano i no global; i black bloc devasteranno di nuovo la città; i negozianti in allarme", noi ridevamo. Da sei anni il Comitato Piazza Carlo Giuliani organizza iniziative durante la tre giorni di luglio: mostre, musica, spettacoli, convegni, incontri di lavoro. Al Ducale, nel CS Buridda e al Teatro Modena, al Teatro della Corte, nella piazza delle feste del Porto antico. Quest'anno volevamo qualcosa di più e di meglio per parlare con i giovani: un campeggio; qualcuno di noi ha proposto allora uno stadio, come il posto più adatto a un soggiorno attrezzato e protetto, a dibattiti informali, senza tavolo della presidenza e invitati di riguardo. E il Carlini è lo stadio più vicino a piazza Alimonda. Tutto qui. Ai ragazzi e alle ragazze del centro sociale Buridda, che avevano già criticato la nostra scelta, avevamo risposto: «Ci sembra simbolicamente importante riappropriarci di quelle strade da liberi cittadini, con una passeggiata o un corteo, non ha molta importanza: non abbiamo bisogno di mostrare i muscoli. Importante è riaffermare che le strade di una città devono essere libere, ed è importante proprio guardando al presente e al futuro». Eppure la maggior parte dei giornalisti, più o meno presenti, si è occupato principalmente di dare i numeri. 242, aveva precisato la Digos alla partenza, quando ci siamo incamminati dietro al camion musicale sotto un sole impietoso, mentre tante persone ci aspettavano lungo la strada, nelle poche zone d'ombra, o sotto gli alberi della piazza. 300 amici, titola il Secolo XIX . Il corteo del G8 fa flop, decide quel foglio che si autodefinisce il Giornale . La Stampa è più generosa, parla di 500 nostalgici in corteo. Ma c'è chi arriva a scrivere perfino 800 o mille. Che peccato! Tutti presi a contare, la maggior parte di loro si è persa il meglio. Ad esempio, il sorriso fresco dei tanti giovanissimi che camminavano con noi, e che nel 2001 non si occupavano certo di G8. Ad esempio, i "politici" che non si sono posti il problema della figura da fare e che sono al nostro fianco da sei anni, con o senza bandiera: le uniche bandiere di partito, per quanto ricordo, erano portate da un gruppo della Fgci che ha condiviso con noi, e con molte e molti altri, pastasciutte, partite, dibattiti e filmati. Ad esempio, le mie belle e brave "compagne di banco". Ad esempio, gli stracci (siamo un comitato straccione) su cui avevamo riportato i nomi delle stragi di Stato, delle vittime della violenza delle forze dell'ordine e della violenza fascista, dei troppi morti senza verità e giustizia, prima e dopo Carlo. Ad esempio, le allegre canzoni al vetriolo di Guido Foddis, che già alla grandissima manifestazione per la pace di Firenze cantava con la sua inseparabile chitarra da un camion del nostro comitato, recuperato da Albi all'ultimo momento.
Da quanto riferisce la stampa, pare che Casarini abbia definito quello «il momento più basso del movimento»: io voglio bene a Luca ma non sono d'accordo con lui. Molto altro non hanno visto né sentito, quei giornalisti. Quanti si sono accorti che, a parte quelle di due vigili urbani, non c'erano divise di sorta lungo la strada? Quando da piazza Alimonda è partito un corteo, annunciato ma senza autorizzazioni preventive, è stata la Digos a fermare il traffico: lo so perché li ho accompagnati per un breve tratto, scusandomi di dover tornare indietro, per voler restare vicino a quel camion su cui continuavano ad avvicendarsi i musicisti che da sei anni ritornano, spontaneamente e generosamente, a portare la loro testimonianza. E quanti hanno sentito, come noi, i brividi lungo la schiena mentre Cisco, accompagnandosi solo con un tamburello, ha cantato I cento passi di Peppino Impastato? Certo, non possiamo pretendere che tutti abbiano una sensibilità musicale, che tutti sappiano apprezzare le voci di Marco Rovelli e Alessio Lega, la passione della Casa del Vento, dell'Orchestrina, di Les Anarchistes? Ci dispiace per loro.
Avrebbero potuto, comunque, mettere il naso dentro allo stadio: la sera di venerdì la nostra cucina è andata in tilt, dovendo triplicare i centoventi coperti previsti; abbiamo dovuto ritardare anche la proiezione di Op e a mezzanotte passata sono arrivati da Roma il fratello di Renato Biagetti con la squadra di rugby al completo. Il giorno dopo eravamo di nuovo tutte e tutti seduti sulle gradinate, all'ombra, a respirare il vento di mare: oltre alla mamma di Renato erano con noi, tra gli altri, la famiglia Aldrovandi; la sorella di Iaio; quelli dell'Orso (la mamma di Dax era dovuta rientrare a Milano); le famiglie e i compagni dei ragazzi incriminati per la manifestazione antifascista dell'11 marzo; quelli del Barocchio, di Torino; quelli di Como, a parlare di Rumesh; quelli di Pisa, a parlare di Marcello Lonzi. C'era un gruppo dei Carc, che avrebbero volentieri monopolizzato il microfono. C'era anche Raffaella, dell'Arci, a dire che sì, è vero, prima non l'avevano capito ma dal 2001 sono cambiate tante cose ed ora la sua grande organizzazione è interessata al discorso che facciamo. Tante e tanti, insomma, insieme a Reti-invisibili e all'Osservatorio repressione, per conoscerci, fare il punto della situazione, darci obiettivi e appuntamenti. E mentre qualcuno raccontava di Giuseppe Casu, ambulante sardo, i nostri occhi seguivano le evoluzioni delle squadre in campo: l'Atletico Diaz aveva già vinto il No Dal Molin, o viceversa, sentivamo venire dal basso risate e grida di incitamento. Dodici squadre dai nomi improbabili (dagli Assassinos fiorentini ai Buoni Pasto di Gubbio, dagli All Reds romani agli Studenti Aut e Col, forse sta per colorati, chi lo sa, ma c'erano anche due squadre fortissime di ragazzi ecuadoriani che sfoggiavano orgogliosi i colori della loro bandiera). Mentre noi discutevamo di diritti negati, di morte, e di come prevenirla, in campo giocava la vita. Senza padroni e senza sponsor, senza mercato e senza soldi; a volte perfino senza magliette. La vita, semplicemente.
P.s. Ci chiedono chi ha vinto le finalissime: una squadra chiamata Buridda, perché formata da tanti giocatori di genere e provenienza diverse, come si chiama buridda a Genova la zuppa di pesce dei poveri, fatta con i rimasugli della pesca. Un applauso va alla fortissima squadra dei Latinos, costretta a ritirarsi perché alcuni ragazzi non hanno potuto presentarsi la domenica mattina. E all'attaccante dell'Atletico Diaz, una splendida ragazza che ha segnato due gol formidabili. Il comitato, comunque, ha dato il suo premio a tutti i partecipanti.