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Genova, la memoria si riprende il Carlinie gioca a pallone per Carlo
Nell'anniversario del luglio 2001 un torneo di calcetto nell'ex quartier generale dei disobbedienti
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)
20 luglio 2007


La prima canadese a spuntare allo stadio Carlini, ieri mattina, è quella di Evasio, 67 anni, 47 di politica, dalla sinistra cristiana a Rifondazione dopo una vita da sindacalista all'Aem. Sui drappi sotto le gradinate i nomi di Piero Bruno, Fausto e Iaio, Dax, Renato, Edo fino a Federico Aldrovandi. Tutti uccisi da uomini in divisa o da fascisti. E poi le date e i luoghi delle stragi più o meno di Stato. Tutti dolori «non archiviabili». Come per Carlo, ammazzato a 23 anni, il 20 luglio del 2001, per aver sollevato un estintore dopo aver visto spuntare una pistola, impugnata da killer, dal lunotto posteriore di un defender dei carabinieri che lì non ci doveva nemmeno stare. Voleva difendersi, Carlo. E voleva difendere chi stava con lui a Piazza Alimonda, dopo tre ore di cariche senza ragione e senza senso di carabinieri che usavano armi improprie e impropriamente armi proprie contro un corteo regolarmente autorizzato. Qualcuno lo spieghi al leader di quel sindacatino di polizia che ha aperto la campagna tesseramento sulla pelle di un ragazzo già morto, e che ha querelato Haidi Gaggio, la mamma di Carlo, per un'intervista al manifesto della senatrice del Prc. Il Coisp, questa la sigla, fa sapere «vincente e soddisfatto» di rinunciare, anzi di aver rinviato di un anno, la provocazione in piazza Alimonda. Dice il suo segretario che c'è un clima di guerra a impedirgli di portare a termine la sceneggiata (titolo emblematico: L'estintore come strumento di pace) ma la questura di Genova non gli avrebbe mai concesso la piazza. Tantomeno nei giorni del ricordo dell'orrore di sei anni fa. Solidale con Haidi, il suo capogruppo a Palazzo Madama, Russo Spena, che prova a spiegare (anche al Coisp) che furono le forze dell'ordine a turbare l'ordine pubblico, non certo i manifestanti.
Quest'anno, dopo un dibattito acceso tra e con gli occupanti del laboratorio Buridda, il comitato PiazzaCarloGiuliani ha scelto di risacralizzare il Carlini, proponendo un torneo di calcio «non violento e non corrotto dai soldi» e discutendo di diritti, pace, democrazia. Discutendo del presente, perché nulla è come sei anni fa quando al Carlini si materializzò l'"eccedenza" di un movimento senza precedenti e le tute bianche diventarono i disobbedienti. Nulla è come prima se non i titoli idioti dei giornali cittadini che parlano di ritorno della tensione. Sulle pareti dell'ingresso è stata allestita dai milanesi di Socialpress (quelli che fecero uscire un quotidiano nei giorni del Fse di Firenze e ora sono un sito di informazione) la mostra sui "Luoghi resistenti", 24 pannelli (che si possono richiedere a info@socialpress.it), «ma potrebbero essere molti di più», dice Marco uno dei redattori, per raccontare la presenza diffusa di resistenze nei territori a grandi opere, basi militari, rigassificatori, impianti del ciclo dei rifiuti o dell'energia. Il luogo più a nord è Bolzano, dove si sta radicando l'opposizione No Tav, quello più a sud, Noto, dove si combattono le trivellazioni petrolifere. No Triv, No Mose, No Ponte, No Dal Molin. E' lì che si materializza ora l'energia che portò 300mila persone a Genova. Le varie realtà stanno dando vita da un anno a un patto di mutuo soccorso che allude a un nuovo modo di praticare la solidarietà.
Tra chi si accampa (alla fine saranno almeno in 200), chi cucina, chi predica contro un inceneritore a Ponente e chi si allena già per il torneo di calcio a 7 (ci sono già 12 squadre iscritte tra cui spiccano l'Atletico Diaz, i Tigrotti di Bolzaneto e 3 squadre di giovani latinos ) Giuliano Giuliani, il papà di Carlo, avverte: «Quando c'è qualcuno che grida al lupo, vuol dire che qualcuno si sta vestendo da lupo». Ma poi stempera dichiarandosi fiducioso nell'operato della questura, «eccetto qualche telefonista (quella che disse "1 a 0 per noi", ndr), anche perché non ci saranno Fini e i suoi a Forte S.Giuliano». Invece, sei anni fa, l'allora vicepremier, capo di An, si trovava nel quartier generale dell'Arma mentre i carabinieri sembravano non rispondere più agli ordini della sala operativa della questura. Ma Giuliani richiama l'attenzione sulla novità più rilevante emersa dal processo Diaz: l'iscrizione del capo della polizia De Gennaro al registro degli indagati perché sospettato di aver indotto a testimoniare il falso l'allora questore di Genova. «Non può venire a Genova a dire io non c'ero, a scaricare il barile sul defunto La Barbera. Chi ha ordinato: arrestatene più che potete?».
Certo, il padre di Carlo vorrebbe non doverci andare in Piazza Alimonda ma finché non ci saranno verità e giustizia, nulla potrà impedire la presenza alle 17.27 di chi vuole ricordare e reclamare. Oggi ci si arriverà in corteo, anzi in passeggiata appresso a un camion musicale. La delegazione del Prc sarà guidata dal capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore, da Alfio Nicotra e Roberta Fantozzi. Tutto ciò avverrà dopo la conferenza stampa di Luca Casarini e don Gallo a Palazzo Ducale, centro della zona rossa di sei anni fa. Anche loro denunceranno che «chi diresse la repressione, oggi ricopre un ruolo mai assegnato a un capo della polizia: braccio destro del ministro dell'interno» mentre il governo pretende di ospitare un altro G8 alla Maddalena «quando le ferite di quei giorni sono tutte aperte e le ragioni del Gsf ancora attualissime», dice Paolo Beni, leader nazionale dell'Arci. Poi, per tre giorni, la parola passerà a chi interverrà ai dibattiti promossi dai comitati, PiazzaCarloGiuliani e Verità e Giustizia per Genova. Arci e Liberazione consegneranno la sottoscrizione raccolta distribuendo il video su Piazza Alimonda. E naturalmente si giocherà a pallone al Carlini dove sopravvivono sui vetri della sala stampa gli adesivi di radio gap che trasmise i giorni del luglio.
A Carlo sarebbe piaciuto partecipare. Quando dribblava con gli amici, da bambino, gli piaceva farsi chiamare Carlosh, «come un attaccante di un'improbabile squadra bulgara». Con lui c'erano Edo (Edosh, morto anche lui per un malore improvviso pochi mesi dopo Carlo) e Gogosh, Enrico, l'unico che può raccontare quelle partitelle estive. «Gli piaceva scartare, era estroso, adrenalinico», ricorda Peppino Coscione, il suo professore di storia, e mediano di spinta in eccellenza. Ora gli tocca fare il presidente del comitato Piazza CarloGiuliani.