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Gli esperti dicano ciò che vogliono, ma non si può non prevenire
Falco Accame
Fonte: Liberazione, 29 luglio 2009
29 luglio 2009

Ciò che stupisce, dopo una lettura dei dati che si sono appresi sulla sentenza del Tribunale di Bari circa l'esistenza di un legame tra uranio impoverito e tumori, è l'enorme differenza tra i dati assunti come base di partenza. Premesso che finché non si conoscerà la eziopatologia dei tumori non vi potrà essere un legame di certezza tra causa ed effetto, ma solo un legame di probabilità, una cosa è certa: che non si può escludere il rischio provocato dall'uranio impoverito (U238) e quindi deve essere applicato il "principio di precauzione" e le misure protettive conseguenti. Le valutazioni espresse dalla Commissione di Inchiesta del Senato del 2007 hanno indotto allo stanziamento di una somma di 30 milioni di euro per i risarcimenti che risultano nella legge finanziaria del 2008 ai commi 78 e 79. Senza il riconoscimento di una ragionevole probabilità questo stanziamento di fondi non potrebbe essere stato fatto. Quanto alla necessità di applicare il "principio di precauzione" si legge nella sentenza del Tribunale Civile di Firenze, in data 17 dicembre 2008, relativa al caso del paracadutista G.B. Marica che aveva partecipato alla operazione in Somalia Restore Hope (92-94) e si stabilisce un risarcimento di 545mila euro: «Il ministero della Difesa sapeva dunque, doveva ed era tenuto a sapere avendone l'obbligo giuridico, dell'uso di ordigni all'uranio impoverito, della sua pericolosità e dei rischi ad esso correlati e doveva conseguentemente ispirare la propria azione ai principi di cautela e protezione, nella salvaguardia del personale inviato col contingente italiano, da pericoli incombenti e diffusi, ulteriori e diversi dall'ineliminabile rischio insito nel "mestiere di soldato", in quel precipuo teatro di guerra, come si è detto, connotato da forte presenza di sostanze nocive ed idonee ad innescare, su un numero indeterminato di persone, per le notizie al tempo già disponibili su processi eziopatogenetici. L'amministrazione convenuta deve ritenersi responsabile del danno alla salute subito (dal militare) danno che consiste in lesioni personali gravissime cagionate da comportamento colpevole dell'amministrazione, integra necessariamente gli estremi del correlativo reato».
Secondo quanto si legge nella sentenza di Bari il primo avvertimento sulla pericolosità dell'uranio da parte del Pentagono sarebbe stato del luglio '99. Ma in Somalia (92-94) nella operazione Restore Hope il pericolo era già evidente Ictu Oculi, infatti il personale Usa impiegato in operazioni di combattimento (non di rado a fianco a quello italiano) indossava anche a 40 gradi all'ombra rigidissime misure di protezione (tute, maschere, occhiali, guanti) mentre il nostro personale operava, come hanno riferito tanti partecipanti all'operazione, in calzoncini corti e camicia senza maniche. In Somalia erano in vigore le norme compilate dagli Usa dopo la dolorosa esperienza della prima guerra del Golfo del 1991. Una versione di queste norme del 1993 è nota anche a noi. Prevedeva severissimi controlli tra cui l'invio a Washington per analisi di tamponi nasali dei partecipanti alle operazioni. Del resto già dal 1984 erano stati indicati dalla Nato all'Italia (e ne abbiamo copia) i tipi di protezione da adottare anche nel maneggio a freddo del materiale e cioè, come sopra accennato, tute, maschere, occhiali. Nel 1996 la Nat aveva emanato le norme di protezione per le basse radiazioni (quelle dell'uranio sono appunto basse radiazioni). Stupisce dunque la tesi secondo cui fino al '99 si ignorava tutto sui rischi dell'uranio impoverito. Perfino in un film documentario del regista D'Onofrio presentato alla mostra di Venezia si illustravano i pericoli (soprattutto la nascita di bambini malformati) che erano stati constatati negli Usa dopo la prima guerra del Golfo del 1991. Non poche sono le perplessità che riguardano anche il numero dei casi su cui basare le analisi. Negli atti della magistratura sembra si parli di 99 casi, ma dai dati forniti dal Goi (gruppo operativo interforze della sanità militare) che si possono rintracciare negli atti della Commissione di inchiesta del Senato del 2007, si sarebbero verificati 1991 casi. Una differenza ovviamente molto significativa. Perplessità vi sono anche circa il numero dei "soggetti esposti". Si parla di 60mila soggetti ma in vari documenti il numero di 60mila si riferisce al numero delle missioni (indipendentemente dalla durata della missione e dalla ubicazione delle persone inviate in missione). Molte centinaia sono le missioni durate ad esempio un solo giorno. Il numero delle missioni è comunque non coincidere col numero dei soggetti esposti. Vi è ad esempio chi come il tenente colonnello della Croce Rossa, Emerico Laccetti, sopravvissuto ad un gravissimo tumore, di missioni da solo ne ha fatte 48. Dunque quanto meno sembra necessario un accuratissimo esame dei dati di partenza. Circa poi quanto si legge negli atti giudiziari in tema di teoria della probabilità vi è da tener presente che non esiste una unica teoria della probabilità relativa alla problematica causa/effetto, ma ve ne è più di una ed i risultati dipendono anche dalla scelta della teoria. Vi è infatti la teoria "condizionalista", la teoria della "casualità adeguata", la teoria della "imputazione oggettiva" dell'evento (con la tesi della causalità umana) la teoria della "probabilità logica". E dunque occorre chiarire della scelta di una o dell'altra teoria.