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«Fu ucciso», a giudizio
Il pm: Chiesto il processo per 4 poliziotti
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)
11 gennaio 2007

Hanno omesso di chiamare immediatamente il personale sanitario di fonte a un ragazzo «in evidente stato di agitazione psicomotoria». Hanno ingaggiato «in maniera imprudente» una colluttazione con Federico Aldrovandi «al fine di vincerne la resistenza eccedendo i limiti del legittimo intervento». Hanno continuato a mantenerlo «in posizione prona ammanettato» nonostante «la richiesta espressa da parte di Aldrovandi che in più occasioni aveva invocato "aiuto" chiedendo altresì di interrompere l'azione violenta con la significativa parola "basta"». E' un film dell'orrore l'avviso di conclusione delle indagini sulla morte di Federico Aldrovandi, notificato dalla procura di Ferrara ai quattro agenti di polizia che la mattina del 25 settembre 2005 intervennero in via Ippodromo. Hanno «cagionato o comunque concorso a cagionare il decesso» del giovane, che aveva appena compiuto diciotto anni e che dopo mezz'ora di colluttazione con la polizia è rimasto sull'asfalto senza vita.
Per i quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Fontani e Luca Pollastri l'accusa è di omicidio colposo, secondo il pubblico ministero Nicola Proto e il procuratore capo Sebastiano Messina. Che presto firmeranno anche la richiesta di rinvio a giudizio per i quattro poliziotti.
La firma del procuratore capo - che era cointestatario dell'inchiesta insieme a Proto - fa un certo effetto: era stata anche la sua voce, forte e autorevole, a difendere l'operato della polizia, quando la famiglia di Federico aveva cominciato a gridare a gran voce che la morte del ragazzo non poteva cadere in silenzio, che erano necessarie delle indagini e un processo. Ora la Procura - dopo mesi e mesi di battaglia da parte della famiglia, dei legali, dei comitati per la verità sul caso Aldrovandi - riconosce che è doveroso istituirlo.
Il gip, quando sarà nominato, dovrà decidere se accettare la richiesta dei pm o procedere con l'archiviazione. Ma l'impianto del dispositivo dei pm è solido: si descrive con precisione la condotta degli agenti, basandosi scrupolosamente sulle testimonianze - raccolte anche in incidente probatorio - e sulle perizie medico legali. Quando furono iscritti nel registro degli indagati il capo di imputazione era «omicidio preterintenzionale». Ora l'accusa è di omicidio colposo. Dunque meno grave. «Ma è l'ipotesi più credibile e sostenibile, visto che le perizie hanno sottolineato che le botte non hanno cagionato la morte - spiega uno dei legali della famiglia, Alessandro Gamberini - ma è una svolta fondamentale nella strada verso il processo. Qui nessuno cerca vendetta, solo verità».