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Cronache dalla manifestazione indetta a Ferrara dalla Associazione "Verità per Aldro"
Checchino Antonini - Cinzia Gubbini
Fonte: Liberazione - Il Manifesto ( 24 settembre 2006)
24 settembre 2006

Ferrara esce dalla nebbia, ottomila in strada per Aldro

Checchino Antonini - da "Liberazione"

Fiori gialli e una foto grande di Federico appoggiati all'angolo tra Via Bologna e Via Ippodromo. Verità e giustizia sono due parole scritte col gessetto sull'asfalto. Un lungo applauso. Anche dal palazzo di fronte dove c'è gente affacciata, anche da chi aspetta agli incroci che il corteo scivoli via verso Piazza Castello. Siamo nel punto più vicino al luogo dove si verificò, il 25 settembre 2005, il controllo di polizia, evento misterioso e violentissimo, che uccise, così recita l'ipotesi di reato, Federico Aldrovandi che, la sera prima non finiva di salutare sua madre prima di uscire, tutto allegro. Impossibile incanalare gli ottomila, che hanno risposto all'appello del comitato Verità e giustizia, lungo il budello che porta al galoppatoio. Solo una sosta al crocevia per un ricordo commosso. Il battimani sfuma e da lontano una voce ritma: "Federico vive". E l'applauso ritorna in testa dal fondo del corteo che tra poche centinaia di metri sboccherà nel centro città tra vetrine quasi tutte aperte e ferraresi finalmente curiosi. Pochi esercenti hanno abboccato all'amo lanciato a mezzo stampa da navigati esponenti forzisti e, forse, da qualche agente che avrebbe digerito male il nuovo corso di Via Ercole Primo d'Este, sede della locale questura. Luigi Savina, che ha appena preso il posto di chi aveva gestito disastrosamente il caso Aldrovandi e le raffazzonate versioni ufficiali, si mostra alla partenza, nel Piazzale Polledrelli, per salutare il sindaco Sateriale, la prima figura istituzionale a rompere il silenzio, e i genitori dell'"Aldro". Le forze dell'ordine saranno quasi invisibili e gli operatori che si vedono marceranno attenti ma distesi. E' un segnale positivo ma a cui fa subito da contrappeso dalla vicina Bologna, città di teoremi, un verbale dell'inchiesta contro il Livello 57. Per gettare discredito sul centro sociale antiproibizionista, i carabinieri scrivono che era frequentato «dal noto Federico Aldrovandi, di cui al verbale...».

Patrizia Moretti dal palco, di fronte a un numero di persone almeno dieci volte superiore a quelle che squarciarono con la prima fiaccolata il buio di Ferrara, potrà spiegare che la «battaglia civile per la dignità negata alla morte e alla vita di Federico sta diventando una battaglia civile per una dignità che valga per tutti, così come la legalità. Anche quella deve valere per tutti, al di là del ceto sociale, della nazionalità, della divisa».

Ottomila, almeno. Li hanno contati e ricontati risalendo più volte il corteo con le pettorine del servizio d'ordine, Elisa, Pietro, Andrea, "Burro", quelli più esperti della Cgil e del Prc. E al concerto nuova gente prenderà il posto di chi è tornato nelle città di provenienza. La Genova di Haidi e Giuliano Giuliani. La Como del writer cingalese che s'è beccato un pallottola alla tempia in un normale controllo dei vigili (e successo sei mesi fa e sabato prossimo si manifesterà anche lì). La Brescia di Paolo, l'ultras spedito in coma da una carica assurda della celere alla stazione di Verona il 24 settembre 2005 (e ieri s'è giocata Verona Brescia). La Milano di Rosa Piro, la mamma di Dax. Reggio Emilia degli antifascisti dell'11 marzo e Roma e Bologna dove comitati per Aldro sono attivissimi e le città, altrimenti "nemiche" delle tifoserie del basket - Cento, Siena, Pesaro, Pistoia, Fabriano e la Fossa dei Leoni di Bologna - che invece arrivano a Ferrara con un documento comune. L'Abruzzo, il cui social forum viene a srotolare lo striscione donato dalle Madres de la Plaza de Mayo: «L'unica lotta che si perde è quella che non si combatte». Ci sono le curve della Spal e della Carrarese. E due donne dalla Sardegna, una ragazza siciliana avvolta nella bandiera del Camerun, paese d'origine della supertestimone. E altri manifestanti da Modena o da Piacenza come le "reti meno invisibili", coalizione contro depistaggi, insabbiamenti, impunità. Ci sono il social forum bolognese, i giovani comunisti venuti pure da Verona, centri sociali, studenti di Parma, i verdi ferraresi, visitati dal loro sottosegretario all'Economia, Paolo Cento. C'è l'Arci guidata dal suo presidente nazionale, Paolo Beni, che si domanda quanti altri casi del genere, «di criminalizzazione di comportamenti non conformi», non vengano neppure denunciati. C'è il locale circolo "Il ribelle" con il drappo più corrosivo: "E Cristo morì di freddo. Dal vangelo di Ercole D'Este". Sfilano i parlamentari di Rifondazione - Titti De Simone, la prima a interrogare il parlamento sulla vicenda, Donatella Mungo e Gigi Malabarba - di Pdci, ds e del sole che ride. Ma soprattutto ci sono tante biciclette, trascinate a mano nella folla. «Sono i ferraresi, le bici sono i ferraresi!», esclama Haidi Giuliani. E' vero, se ne accorgono in tanti, in città, che la nebbia si potrebbe diradare. Fra un mese usciranno i responsi della superperizia e si saprà se ci sarà un pubblico processo sulla morte di un diciottenne trovato, dall'ambulanza accorsa in Via Ippodromo, ammanettato e senza vita. In testa lo striscione ammonisce: "Verità, grido il tuo nome per quello che non doveva succedere, per quello che non è ancora successo, perché non succeda mai più". E perché davvero non accada più bisognerà ragionare su come «ricostruire un clima di fiducia tra la città e la polizia», come spiega Titti De Simone. Ma anche «sui meccanismi generali di selezione e formazione delle forze dell'ordine a tutti i livelli - come ricorda Malabarba - e su questo è evidente l'utilità di una commissione d'inchiesta sui misfatti del G8».


Diecimila «verità per Aldro»

Cinzia Gubbini - da "Il Manifesto"

È stata quasi una cerimonia laica, con migliaia di persone a camminare per più di due ore lungo le vie di Ferrara, perlopiù in silenzio, con pochi striscioni, di bandiere solo quella arcobaleno. Almeno ottomila, tantissimi quelli arrivati senza alcuna organizzazione, a chiedere pacificamente, come aveva domandato la famiglia, verità e giustizia sul caso di Federico Aldrovandi.
Accade tutto all'alba del 25 settembre di un anno fa. Federico, diciotto anni appena compiuti, cammina lungo via dell'Ippodromo per tornare a casa dopo una sera di festa passata con gli amici di sempre. A casa non ci è mai tornato, per la sua famiglia sono stati giorni e giorni di silenzi e depistaggi. Ma non si sono arresi, hanno denunciato che Federico - fermato da quattro poliziotti - era stato picchiato brutalmente e senza motivo dagli agenti. Ora sotto l'insegna di via dell'Ippodromo c'è scritto «verità e giustizia», due parole vergate con un gessetto bianco da una ragazza, quando il corteo si è fermato di fronte alla strada. Un applauso lungo, gli occhi bassi di tanti di fronte all'emozione di Patrizia e Lino, i genitori di Federico, dietro allo striscione di apertura insieme al figlio Stefano e a tanti amici. Ci sono i compagni di scuola di Federico, gli amici di famiglia, quelli che aiutarono Patrizia ormai otto mesi fa a mettere su un blog. E' partito tutto da lì, una lettera di una madre che raccontava con parole semplici come ci si sente a vedere tuo figlio che si cambia le scarpe di corsa e ti dà un bacio prima di uscire, e non sai che è l'ultimo. Lo ha ripetuto ieri dal palco allestito in piazza Castello Patrizia, con una gigantografia di Federico accanto: «Ringrazio la mia città». Una Ferrara che all'inizio è stata in silenzio (ancora oggi si fa fatica a trovare i testimoni oculari) ma che ieri è scesa in strada, come testimoniavano le centinaia di persone in bicicletta. «E' che questo è un posto dove la gente prima sta a vedere, ascolta, poi partecipa. Siamo fatti così», spiega un pensionato che raggiunge alle tre il concentramento di piazzale Poledrelli.
Certo Ferrara non è abituata a essere teatro di una manifestazione nazionale. Fino a ieri c'è chi ha soffiato sul fuoco dicendo che sarebbero arrivati i no global, le tifoserie, che avrebbero spaccato le vetrine. Invece è stata una manifestazione pacifica, partecipata. Una vittoria anche per il sindaco, Gaetano Sateriale, che nonostante le polemiche ha dato il suo appoggio al corteo. Una vittoria per i ragazzi del «Comitato verità per Aldro», mobilitati in un organizzatissimo servizio d'ordine. C'è gente che è arrivata dalla Sardegna, come Maria, anche lei informata di tutta la storia da Internet. E ci sono le tifoserie, quelle del calcio e quelle del basket. Gli ultras della pallacanestro hanno addirittura stilato un documento comune, nonostante gli «odii» tra opposte fazioni. E ci sono ovviamente le curve degli stadi, divise perché proprio non corre buon sangue: dalla Spal di Ferrara all'Atalanta, al Brescia che ha mandato una rappresentanza nonostante ieri la squadra giocasse in trasferta a Verona. Circostanza significativa perché oggi ricorre un anno da quando un tifoso bresciano finì in coma alla fine della stessa partita proprio per un pestaggio della polizia. Ora il caso va verso l'archiviazione perché gli agenti non sono riconoscibili. «Sono proprio storie come queste che impongono di fare una legge che renda riconoscibili gli agenti in servizio», dice il sottosegretario all'Economia Paolo Cento, uno di quelli che con le sue interpellanze ha seguito il caso fin dall'inizio, come Titti De Simone (Prc), anche lei al corteo con la diessina Katia Zanotti e Gigi Malabarba. Altra presenza significativa, quest'ultima, visto che il senatore rifondarolo cerca inutilmente da due mesi di dimettersi per far entrare Heidi Giuliani, la mamma di Carlo, che ha intenzione di chiedere una commissione di inchiesta sul G8 di Genova, dove morì su figlio.
Con la famiglia Giuliani al completo anche Rosa Piro, la madre di Dax, il ragazzo milanese ucciso in un agguato fascista. Quante storie di violenza si incontrano lungo il corteo per Aldro: ci sono i ragazzi di Como, dove sei mesi fa un ragazzo è stato colpito alla testa da un colpo di pistola sparato da un agente della polizia municipale di uno strano «nucleo antiwriters»(subito ricostituito). C'è il camioncino del Livello 57 di Bologna, al centro di una bizzarra vicenda giudiziaria in cui l'antiprobizionismo diventa «aggravante» per una ragazza agli arresti domiciliari. E si scopre che nella relazione dei carabinieri sul Livello - di novembre - si parla anche del «già noto Federico Aldrovandi», citato come uno dei frequentatori del centro sociale. Una piccola, ennesima, testimonianza di come si sia cercato di mettere all'angolo la figura di Federico, inchiodandolo come «tossicodipendente».
«..E Cristo morì di freddo», come sintetizza efficacemente lo striscione de «Il Ribelle», foglio di Ferrara che aggiunge: «Secondo Vangelo Ercole d'Este I, 26» (l'indirizzo della questura della città). Le forze di polizia sono saggiamente invisibili, solo agenti municipali a presidiare i lati del corteo. Un segnale del nuovo clima, dopo il trasferimento del questore Elio Graziano, sostituito da Luigi Savina. Un altro risultato - ovviamente non ufficiale - della mobilitazione. Che fa dire a Newton Polani, uno dei tanti «normali cittadini» arrivati da Modena: «Certo, la storia è tragica. Ma è anche una storia di speranza: se ti ribelli, puoi sperare di ottenere giustizia».