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Amato: «Un processo per capire perché morì Aldrovandi»
Ferrara. Incontro a sorpresa tra il ministro degli Interni e il padre del ragazzo ucciso in un misterioso controllo di polizia
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)
5 settembre 2006

E anche il ministro degli Interni si iscrive al "partito" di chi spera ci sia un processo pubblico per l'omicidio Aldrovandi. «Mi auguro - ha dichiarato Amato all'emittente TeleEstense nel tg di ieri sera - che ne esca un processo nel quale la città possa in modo trasparente vedere e capire che cosa successe quella mattina». Proseguendo nella metafora "partitica", quella di Amato è certamente un'iscrizione pesante che lo vede in buona compagnia del sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, del presidente della Camera Bertinotti, del vicepresidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Daniele Farina e dei numerosi parlamentari autori di interrogazioni sul caso. Il ministro Amato, sabato sera, ha voluto incontrare, a sorpresa, Lino Aldrovandi, papà del diciottenne ucciso il 25 settembre scorso in un misterioso e violento controllo di polizia, convocandolo alla prefettura di Ferrara prima di raggiungere la festa de l'Unità di Pontelagoscuro, dov'era atteso per un dibattito.
Particolarmente significativa l'attenzione del Viminale per il caso sollevato con clamore, a gennaio, dal blog dei familiari e degli amici (oltre che da questo giornale) dopo cento giorni di attesa vana del decollo delle indagini. Per un'ora, Giuliano Amato ha ascoltato il racconto di Lino Aldrovandi, ispettore della polizia municipale in provincia di Ferrara, che fu avvisato con cinque ore di ritardo della morte di suo figlio. «Ho parlato quasi sempre io, e mi sono anche scordato di dirgli tante cose - spiega Aldrovandi - mi sentivo a mio agio, avevo con me tutta la documentazione: i video, la rassegna stampa, i carteggi. Ho avuto l'impressione di un interlocutore onesto e attento, che ci tiene a capire le cose e ad andare fino in fondo».

Conferma lo stesso ministro, poco dopo, all'arrivo alla festa di Pontelagoscuro, con una valigetta, lascito dell'incontro, zeppa di documenti - «Insomma è stato lui (il padre, ndr) che ha raccontato molte cose a me» - aggiungendo che li leggerà con molta attenzione, la stessa attenzione che dovrebbe usare il giudice. Così si augura, e augura alla famiglia Aldrovandi, Amato.

Ha certamente visto, il ministro, le foto del ragazzo che, probabilmente, gli sarà stato descritto come un omone di cento chili. Ma nello scatto che gli ha mostrato il papà, una foto di due mesi prima della morte, Federico è in piedi, e la sagoma smentisce la versione ufficiale dell'energumeno che avrebbe aggredito due volanti. In particolare, il ministro è apparso impressionato dalla testimonianza della donna camerunense che ha deposto in sede di incidente probatorio il 16 giugno.

Probabile che il ministro abbia incontrato anche il questore della città estense, Elio Graziano, e che, probabilmente, avrà anche cercato di informarsi sui dettagli del passaggio di mano tra la pm Mariaemanuela Guerra, che gestì le prime indagini, e Nicola Proto, che le è subentrato in primavera, imprimendo un'accelerazione all'inchiesta. Il ministro degli Interni potrebbe essersi informato sulla mancata sospensione dei quattro agenti iscritti al registro degli indagati per omicidio preterintenzionale e esternazioni come quelle di Tonelli, un leader nazionale del Sap, che ha sostenuto pubblicamente che se non fosse stato per il buon cuore di chi chiamò il 113, Aldrovandi sarebbe ancora lì a dare testate. Che abbia dato testate non è sicuro, mai stato dimostrato, che fosse vivo, invece sì. La manifestazione nazionale del 23 settembre, a un anno dall'omicidio, vorrà rilanciare la battaglia per verità e giustizia poche settimane prima della superperizia.