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Aldrovandi, il Coisp intimidisce un giornalista
Checchino Antonini
7 marzo 2013

«Grave e inaccettabile tentativo di intimidazione»: al sindacato dei giornalisti non sfugge il senso della mossa del Coisp, il sindacato di polizia che ha chiesto sanzioni per una delle poche testate ferraresi che non ha mai avuto dubbi durante il caso Aldrovandi. Mentre testate blasonate si barcamenavano o, addirittura, fungevano da megafono per la procura e la questura, Estense.com praticò il diritto di cronaca fino in fondo.

La stragrande maggioranza delle sigle sindacali s'è schierata, invece, senza se e senza ma al fianco dei quattro agenti che il 25 settembre 2005 effettuarono un "controllo" di polizia così violento da ammazzare un ragazzino incensurato e disarmato, diciottenne, che tornava a casa.

Se il Sap e il Siulp hanno presidiato le udienze dei vari processi, il Coisp ha conquistato il suo quarto d'ora di celebrità all'indomani della decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna che ha rifiutato i domiciliari per i quattro colpevoli secondo tre gradi di giudizio non riuscendo a «il tribunale a individuare qualsivoglia elemento di meritevolezza atto a sostenere la concessione e poi la corretta fruizione, ai fini rieducativi, dei benefici penitenziari».

Il Coisp, nei giorni scorsi, aveva annunciato che, a bordo di un camper avrebbe girato Ferrara per parlare con la gente «a cuore aperto». «Siamo stanchi della falcidia sociale, del discredito e del fango quotidiano che ci viene gettato addosso da "alcuni", in maniera artatamente preordinata ed al fine unico di indurvi a ritenere che la Polizia di Stato ed i suoi figli siano un centro di mal potere, arrogante e presuntuoso, "mostro lesivo della democrazia ed espressione di tendenze estremiste" e come tale sia un male da debellare e sconfiggere». Non si dà pace, questo sindacato che quattro colpevoli di omicidio colposo scontino un sesto della pena - sei mesi - nel carcere di un Paese dove, per essere passati troppo vicini a una vetrina rotta, si scontano anche dieci anni di galera.

Quello che fa orrore al Coisp è il diritto di cronaca? «Come non mai la triste vicenda in cui un ragazzo ha perso la vita è stata strumentalizzata da blog, giornali, televisione, cinema, libri ed ancora blog, giornali, televisione, cinema, libri e poi ancora blog, giornali, televisione, cinema, libri. Il dolore e la morte in prima pagina hanno consentito, per anni, a giornali di vendere, a televisioni di fare ascolti, ad altri di lucrare con libri e cinema. Lo scandalo fa notizia, il rumore accaparra interessati consensi». E quando nel comunicato si scrive che «Si è insinuato che l'intera Polizia di Stato abbia cercato di "insabbiare" la vicenda e che solo la forza di volontà di una famiglia, il cui figlio era morto, ha permesso di riportare alla luce la verità», il Coisp dimentica di ricordare che esiste un altro filone processuale a carico di altri funzionari ferraresi per aver depistato le indagini. E se qualcuno osa ricordarglielo scrivono all'Ordine per chiedere sanzioni per il giornalista che ha osato pubblicare la foto del ragazzo appena ucciso, quella che scosse il Paese e demolì la versione ufficiale della questura. «Meglio ancora sarebbe - ha scritto nel pezzo "incriminato Marco Zavagli, direttore di Estense.com - se i cittadini leggessero le tre sentenze di condanna e le rispettive motivazioni. Sarebbe, quello sì, il metodo più efficace per evitare condizionamenti e manipolazioni. Per i più pigri basterebbero le prime righe del verdetto di primo grado, a firma del giudice Francesco Caruso: Federico sul corpo aveva 54 lesioni, ognuna potrebbe singolarmente dare corso ad un procedimento penale. E non servirebbe neppure un camper».

«Non è cercando di intimidire i giornalisti - dice la Fnsi - che si recupera prestigio alle Forze dell'Ordine. Una forza sindacale come il Coisp dovrebbe essere consapevole che non è in questo modo che si tutela il buon nome dei tanti lavoratori di polizia che svolgono con abnegazione ed in mezzo ad enormi difficoltà la loro funzione. La Magistratura ha già deciso. I fatti riportati e commentati da Estense.com sono noti e comprovati. Alla luce di questo fatto iniziative estemporanee come quella del Coisp si configurano come un grave e inaccettabile tentativo di intimidazione».

Alla reazione del sindacato si aggiunge anche il commento di Enzo Iacopino, presidente dell'ordine dei giornalisti al quale il Coisp si era rivolto: «C'è sempre qualcuno che cerca di dire ai giornalisti che cosa debbano fare, che cosa debbano scrivere e, a volte, che cosa debbano pensare. La cosa strana è che tutto è sempre funzionale agli interessi dei "consigliori". Noi abbiamo il dovere della verità. Sempre».

Che un giovane sia stato ucciso da chi doveva proteggerlo non sembra essere una pena per il Coisp. I lettori senza divisa lo hanno sentito nominare ogni 20 di luglio quando, nell'anniversario dell'omicidio di Carlo Giuliani (per il quale è stato negato un pubblico processo), chiede di manifestare in solidarietà con le forze di polizia nella stessa piazza in cui la pistola di un carabiniere ammazzò un ragazzo di 23 anni che aveva raccolto un estintore dopo aver visto quella pistola, impugnata da professionista, spuntare dal retro di un defender.

Se pubblichiamo le parole del Coisp non è per venire incontro alla "preghiera di pubblicazione" di rito in calce a ogni comunicato stampa. Il motivo di interesse, e di rammarico, sta nel fatto che per l'ennesima volta, la galassia sindacale di polizia perde l'occasione di ragionare coi cittadini su quella che questo giornale chiama "malapolizia", la metamorfosi che coinvolge settori importanti di operatori dell'ordine sempre più allergici a norme, leggi, giuramenti, incapaci di stabilire una relazione con la società civile, di sottrarsi alla rimilitarizzazione e ai luoghi comuni securitari. Il leader del Coisp, prima di inforcare il camper, se l'era presa anche col segretario emiliano del Prc, Nando Mainardi, colpevole di aver chiesto che quei quattro poliziotti fossero messi in condizione di non nuocere più. «Ci auguriamo che i 4 poliziotti, già condannati, vengano allontanati definitivamente dalle forze dell'ordine - ha detto - sarebbe vergognoso il contrario. Dopo una condanna scandalosamente mite».

Anche l'intera redazione di Popoff si associa alle parole del sindacato dei giornalisti in totale solidarietà col collega Marco Zavagli e con la famiglia Aldrovandi.