Il colpo di scena, l'ennesimo del caso Aldrovandi, arriva con le arringhe dei legali della parte civile dopo che il pm aveva chiesto 3 anni e 8 mesi per i quattro agenti protagonisti del violentissimo e "controllo" di polizia in cui ha perso la vita l'allora diciottenne Federico Aldrovandi. Nella ricostruzione effetuata da Alessandro Gamberini le volanti accorse in via Ippodromo all'alba del 25 settembre 2005 sarebbero «arrivate certamente prima» di quanto affermato dai quattro agenti. «Ci sono una serie di riscontri testimoniali e logici che impediscono di racchiudere i loro interventi in quel lasso di tempo, addirittura potrebbero essere giunte prima ancora della prima telefonata al 112 che diceva di sentire delle grida». Quello spicchio di periferia ferrarese era la zona di competenza delle volanti e uno dei testimoni - ambulanziere in una cooperativa sociale nei pressi dell'Ippodromo - ha detto di aver visto dei lampeggianti poco dopo le 5.30 e udito il rumore di vetri infranti. Secondo le parti civili doveva essere Alpha 3 visto che l'altra vettura, Alpha 2, ha riferito di essere giunta a lampeggianti spenti. Dunque, il contatto tra Federico e i quattro imputati dell'omicidio colposo sarebbe durato non meno di una ventina di minuti, forse mezz'ora, non i cinque minuti della relazione di servizio. Tutto ciò, unito agli elementi «di grande significato del quadro medico legale» portano Gamberini a ipotizzare una colluttazione molto più violenta e spropositata, «un vero combattimento» in cui Federico «doveva rimanere vinto» finché non fosse totalmente immobile. Al dramma si aggiunge il dramma della «coltre imbarazzante» di silenzio, di un depistaggio avviato immediatamente da parte del centralinista della questura, secondo le parti civili, e del responsabile dell'ufficio volanti, il diretto superiore dei quattro agenti coinvolti. Un altro dei quattro legali dei familiari del diciottenne ucciso, Beniamino Del Pennino, ha puntato sulle incongruenze palesi nella ricostruzione delle relazioni di servizio, redatte la sera del 25 settembre 2005, «completamente smentite dai testimoni». Gli imputati avrebbero tentato di comprimere i tempi del contatto. E avrebbero redatto le relazioni solo dopo che la polizia aveva controllato chi e cosa aveva visto. La versione del malore per droga, su cui proverà ad arroccarsi la questura nelle ore successive alla tragedia, sarebbe il prologo dei depistaggi della cosiddetta inchiesta bis, quella che indaga sulle manomissioni dei brogliacci del centralinista in servizio in questura. Oggi toccherà agli altri due legali della famiglia, Anselmo e Venturi. Il 29 e 30 agli avvocati della difesa. Il 6 luglio la sentenza.