«Decesso non particolarmente qualificato», quando un cadavere non presenta segni tali da richiedere la presenza di un magistrato. Quel 25 settembre 2005, la pm di turno, Mariaemanuela Guerra, classificò così il caso di Federico Aldrovandi. E dunque non si recò al cancello dell'ippodromo. Ma chi le disse che quel corpo pieno di segni, sangue e ferite era "non particolarmente qualificato"? Nella scorsa udienza, il capo dell'ufficio Volanti l'ha tirata in ballo accusandola di non essersi voluta recare sul luogo dei fatti. Un pm non può testimoniare ma ieri è stata presentata al giudice, Francesco Maria Caruso, una memoria della pm, cui sarebbe succeduto Nicola Proto, che proietta nuove ombre sulla gestione dei primi passi delle indagini.
Guerra fu avvisata dal capo delle Volanti tra le 8 e le 8.30. Ricorda di aver chiesto «espressamente e più volte» se fosse «necessario e opportuno il mio intervento». Il funzionario le avrebbe detto che il giovane era già stato identificato e che la «verosimile causa della morte» era un'«overdose» e che pertanto il caso «non evidenziava particolare complessità». Un'ora dopo anche il medico legale le dirà di non aver trovato «elementi obiettivi che portassero a ricondurre il decesso a lesioni personali». A questo punto la pm ordina la rimozione del corpo e non avrà più notizie dal parchetto dell'Ippodromo dove la polizia, intanto, svolgeva indagini sulla polizia. Solo alle 19 decide di telefonare al capo della mobile, un funzionario che di solito la consulta spesso. Ma quella volta la squadra mobile, ossia i colleghi dei quattro imputati, era all'opera a sua insaputa. E quel funzionario s'era dedicato a stanare gli amici di Federico, su cui fu trovato un timbro di un centro sociale bolognese antiproibizionista. Guerra non avrebbe saputo nulla dei due manganelli (di cui al parchetto si parlava già dalle prime ore), né della colluttazione dalla quale tornarono a pezzi, almeno fino al giorno dopo quando tornò in ufficio.
Forse anche all'allora questore Graziano la verità potrebbe essere stata somministrata in pillole a partire da quella ipotesi del malore, refrain della prima versione ufficiale. Ieri Graziano ha rivelato come apprese i fatti visto che non era in città: fu informato non prima delle 8 (Aldro morì verso le 6.30). In particolare rivendicherà l'idea di aver spedito la mobile alle calcagna degli amici di Federico. «Si poteva ipotizzare che qualcuno l'avesse lasciato lì per qualche motivo, che la morte potesse essere ricondotta al suo comportamento precedente». Anche a «qualche sostanza». Però poi Graziano suggerirà alla funzionaria di turno di non far emergere con la stampa «l'ipotesi degli stupefacenti tutta da stabilire (la perizia scoverà solo lievi e vecchie tracce, ndr)». La pista "tossica" sarà l'unica seguita fino all'esplosione mediatica del caso che Graziano percepisce come una «congiura» ma solo allora svolgerà indagini interne, senza provvedimenti disciplinari, «man mano che sui giornali emergevano certe interpretazioni». Perché quando usciranno le prime «affermazioni calunniose» sulla stampa, la questura ribadirà la tesi di un intervento «per evitare che il giovane reiterasse comportamenti di autolesionismo»? La tesi cozza con le relazioni di servizio degli imputati - che raccontano di essere stati aggrediti da un "feroce" Federico - e con l'assenza di riscontri sull'autolesionismo. A smentire entrambi, secondo l'accusa, il racconto della superteste camerunense di cui Tiziano Tagliani, avvocato ed ex vicesindaco che l'accompagnò in procura, raccoglierà per primo il racconto di un «vero pestaggio». Per la difesa degli agenti la «prova» che fu il ragazzo a scatenare la colluttazione sarebbe la sforbiciata che Federico accennò prima di andare giù in un attimo. «Non si capisce cos'altro avrebbero dovuto fare!», sbotta uno degli avvocati. Per esempio adoperare il defibrillatore a bordo di una delle volanti quando il diciottenne rantolava. Domande a raffica da parte delle difese per Dean Buletti, l'inviato di Chi l'ha visto, che ha raccolto l'inedita versione fornita da un telespettatore che, in aula, però, avrebbe smentito tutto. L'uomo aveva detto che Federico avrebbe iniziato ad agitarsi solo all'arrivo della prima volante. Il giudice, dopo lunga discussione, ha ammesso l'acquisizione del video di quell'intervista.