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Aldro, le indagini già "distratte" dalle prime ore
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione, 29 gennaio 2008
29 gennaio 2008

«Stacca», o forse «taglia». Non è chiarissimo quello che si sente gracchiare nell'impianto di amplificazione che rimbomba nell'aula B del tribunale di Ferrara. Il nastro della telefonata delle 6.30 del 25 settembre 2005, tra la sala operativa e un sovrintendente della questura, si interrompe bruscamente dopo 20 secondi ma il tabulato Telecom, a quell'ora e tra quelle utenze, segna una conversazione più lunga. Una chiamata da un minuto e 19 secondi che si interrompe quando la centrale chiede al sovrintedente: «Mi puoi dire cos'è successo?».
Dall'altra parte del filo si chiedeva cosa stesse accadendo in Via Ippodromo all'alba di una domenica mattina, dove, nei 60 minuti precedenti, erano arrivate due volanti di polizia, una gazzella dei carabinieri, un'ambulanza e una macchina del 118 con un medico a bordo. Avrebbe trovato a terra, faccia in giù e con le manette dietro la schiena, Federico Aldrovandi, 18 anni, incensurato, reduce da una festa in un centro sociale di Bologna. Morto dopo un violentissimo controllo di polizia così misterioso che è in corso un processo per omicidio colposo a carico dei 4 agenti che erano a bordo delle volanti. E' stato il sovrintendente, che quella notte era responsabile dell'ufficio denunce, a chiedere al centralino del 113 di spegnere la registrazione? «Potrei averlo fatto, non volevo che in tribunale si sentissero parolacce», ha risposto ieri l'uomo in tribunale - «Dopo 20 anni di esperienza sulle volanti ho capito subito che saremmo finiti in tribunale» - ma, tra un non ricordo e la guerra di contestazioni e opposizioni, non c'è stato verso di ricordare cosa siano detti quella mattina. Quando si rende conto che in Via Ippodromo c'è tutta quella folla parte anche lui, a bordo di una terza volante. Sarà lui a eseguire il primo sopralluogo: cerchia col gesso le macchie di sangue e fa transennare la zona dai carabinieri che poi andranno via. Ritorna la solita domanda: chi e quando decise che le indagini sulle volanti le avrebbero condotte i colleghi della questura? «Sciagurata abitudine - dice Alessandro Gamberini, legale di parte civile - in un contesto piccolo come Ferrara». Il centralino del 112 (colui che inconsapevolmente crea l'errore di un ragazzo che sbatteva la testa a un palo, nessuno glielo aveva detto), prima del sovrintendente, si limita a ricordare la conversazione con i militari giunti per ultimi che si limitano a "notiziarlo" della morte del ragazzo prima di alzare i tacchi dal parchetto. Sarà lo stesso sovrintendente che farà avvertire «tutti» (funzionari e magistrati di turno), raccoglierà sommarie informazioni tra i presenti e ascolterà le prime parole di colleghi «sotto choc» che riferiscono di un ragazzo che «saltava da tutte le parti». E' la storia di Federico Aldrovandi, «sbucato dal buio, a pugni serrati» che avrebbe aggredito la prima volante, Alpha 3, e i suoi occupanti e avrebbe ripetuto la sfida ai rinforzi di Alpha 2. Né lui, né altri si renderanno conto dei manganelli spezzati, uno per ciascuna volante, fino all'arrivo in centrale della macchina "superstite", l'altra, quella "assaltata" sarà portata via da un carro attrezzi dopo essere stata svuotata. Anche l'ufficiale della polizia giudiziaria che raccolse le prime prove verso le 8 - ultimo teste di un udienza lunga dieci ore - confermerà un quadro inquietante: che dinanzi a una morte violenta, non intervenne il magistrato di turno, non furono sequestrati né pantera né sfollagente, nessuno pensò di verbalizzare le parole dei 4 agenti «Nessuno pensò di trattare questa vicenda come se i protagonisti potessero venire indagati?», chiederà alla fine il giudice Caruso. Eppure era chiaro dalle prime luci dell'alba che era una faccenda «da tribunale». In un secondo momento, furono prodotti brogliacci in bella copia del traffico telefonico del 113. Ora, i difensori degli agenti credono sufficienti le spiegazioni fornite dal centralinista del 113, interrogato a lungo. Ma le parti civili insistono a dire che restano nebulose le successioni delle chiamate e che gran parte del traffico non fu manco registrato. La guerra dei minuti serve a stabilire se l'ambulanza fu chiamata quando Federico era in piedi, contestualmente ai rinforzi, o se fu allertata solo quando era «mezzo morto» come dice uno dei quattro imputati alle 6.12 al telefono con la sala operativa. Uno dei quattro imputati dovrebbe essere in possesso del brevetto per usare il defibrillatore che era a bordo della volante. Scelse il manganello per intervenire su un soggetto che stava male. Da allora, a Ferrara, la squadra mobile ha deciso di non girare più con quell'attrezzo a bordo che nessuno saprebbe far funzionare. Prossima udienza il 13 febbraio con altri poliziotti testimoni a partire dai dirigenti della squadra mobile.